I bimbi rispondono, dal treno

Mentre viaggiano verso una destinazione ignota, i monelli in fuga dalla città più progressista d’Europa leggono l’ultimo editoriale del caporedattore più “radicalscic” della via Emilia e decidono di replicare

di Giancarlo Dalle Donne, portavoce dei bimbi del Bar Cantiere


“Oh… bimbi! Ma avete letto su Cantiere? Siamo stati citati, e lo fa addirittura il caporedattore! E dice pure che per il nostro portavoce ha una simpatia sincera!”

“Si, io l’ho letto, ma c’ho capito il giusto, ma perché non parlano come mangiano? Ma quello l’è un altro come Faema? Minas Tirith, Yourcenar, Giobbe… ma non poteva essere più chiaro? Ma che sono, tutti radicalscic (sic)? Ma l’hanno capito che siamo bimbi? Che si parlava dal bar?”

Diciamo che ognuno dei bimbi ha il suo tono, la sua cifra stilistica. Poi erano (anzi, eravamo) sul treno (destinazione ignota) e c’era ben poco da fare. Mancava molto il Campari soda con vino frizzante, quindi (forse) erano più lucidi del solito.

La conversazione l’ha un po’ monopolizzata il più saggio (diciamo così) dei bimbi, che si è messo a leggere ad alta voce il contenuto dell’articolo, e a commentarlo: “Fosse come dice lui, che il problema l’è solo avere pazienza (biblica), considerare gli amministratori come essere umani e non dio e sapere che hanno dei limiti, io sarei pure rimasto nella Turrita…”.

“Puoi anche chiamarla ‘la città più progressista d’Europa’, dai, che ci si fa du’ risate!” C’è sempre il momento in cui qualcuno dei bimbi la butta in vacca, è normale.

Dopo le due (in realtà un po’ di più) risate il saggio ha continuato: “Noi si parlava di scelte che non ci piacevano, che c’entra la pazienza, i limiti, l’essere umani, non l’ho mica capito…”.

“Già, parlavamo di Hera, di partecipate, di Fico, di Brucomela, di Passante, di mass… (omissis), di scelte politico-amministrative che non ci sono mai piaciute, che ci sono sembrate assurde, quasi incomprensibili, come ci è sembrato incomprensibile che tutte quelle ipsilon fossero alla fine d’accordo…”

“Pensa che io una volta sono stato per caso a un dibattito (il bar era chiuso e avevo freddo), proprio nel circolo che frequenta il caporedattore, e sono rimasto colpito da quello che diceva uno (un po’ un rompicoglioni, che poi ha litigato anche con la Zampa che lo accusava non ho capito di cosa) che nel merito delle cose continuava a ripetere una frase tipo: “A me non interessa tanto questa o quella scelta, mi interessa retrocedere nell’analisi e chiedermi: perché? Per quali motivazioni è stata fatta?” E continuava a ripetere: “Perché?”. Stava per essere cacciato, poi per fortuna Boccia ha fatto da paciere”.

Che un bimbo dicesse la frase “retrocedere nell’analisi” (anche se era una citazione) mi ha stupito, e stavo per scendere dal treno, non li riconoscevo più. “Bimbi, io la dico così: qui c’è un grumo, un (forse più di uno) nodo gordiano che non si vuole (o forse non si può) sciogliere, e che condiziona le scelte, e finché non si affronta quello…”.

“Oh, ma che tu fai, ti metti a parlare come Faema?”

Io a quel punto sono rimasto basito. I bimbi erano quasi seri, parlavano in modo quasi comprensibile. “Ce ne andiamo in qualche parte del mondo perché pensavamo di essere in una città davvero progressista, così ci avevano detto, e ci sentiamo traditi. Ma dove sta tutto questo progressismo? Io nun ce lo vedo proprio…”

“Neanch’io”

“Neanch’io”

“Neanch’io”

E qui sul treno non c’è nemmeno il bar… 

Abbiate pazienza.

Photo credits: Marco Chilese


Un pensiero riguardo “I bimbi rispondono, dal treno

  1. Cari bimbi, per le stesse ragioni per cui voi ve ne andate io resto. Capitemi: ammesso che io avessi potuto partecipare con voi al rito dello spriz, ne avrei dette come più o meno ne avete dette voi. Solo che qui è come la storia del Covid. Mi sento circondato ma se riuscissi a rompere l’accerchiamento dove mai potrei andare senza trovarmi ancora una volta circondato? La pandemia è dappertutto e non c’è al mondo luogo più desiderabile di un altro. La sapete una cosa? Ho fatto il liceo al Galvani. Che periodo! E dieci anni fa realizzai un sogno che prima non avevo mai potuto permettermi di fare: una casa in questa parte del centro. Da dieci anni vado a votare al seggio presso il liceo Galvani e racconto a mia moglie cosa c’era qui, chi c’era là, cosa succedeva su e cosa capitava giù. Non ho potuto votare nelle aule che mi videro sfaticato ma non del tutto disimpegnato negli anni dell’adolescenza quando mi facevano imparare poesie a memoria e tradurre versioni di greco e latino. All’università andavo a piedi in anni in cui di sera ci si trovava sugli scalini di San Petronio muniti di chitarre. Poi sono uscito dalle mura. Sette anni di esilio a Modena! Mi compatite? Poi sono tornato in città e pian piano mi sono riavvicinato ai luoghi dell’adolescenza. Non ho preso il covid ma ho perso tanto entusiasmo. Volete che me ne vada di nuovo? E no! Io resto qui “cullato fra i portici cosce di mamma Bologna…” (Cit. Guccini)

Rispondi