«Le Regioni italiane sono figlie della Storia e dell’identità del Paese, salvo qualche eccezione: fra queste vi è certamente la nostra che fu completamente inventata nel 1800. Procedere verso Regioni di “area vasta”, una proposta non nuova, sarebbe un grave errore. Quello che mi pare invece certo è che l’intesa di Venezia è una scelta giusta. Poi ognuno può chiamarla come gli pare»
di Angelo Rambaldi, Bologna al Centro – L’Officina delle Idee
Caro direttore, caro Giampiero Moscato. Propongo alcune osservazioni all’intervento di Aldo Bacchiocchi (“È ora di ripensare l’Italia delle Regioni”) in riferimento all’accordo, firmato a Venezia da Bonaccini e Zaia, presidenti di Emilia-Romagna e Veneto. Se ho ben capito una delle chiavi dell’articolo è “razionalizzare” e ampliare gli attuali assetti e confini delle Regioni italiane.
Non è che voglio prenderla da lontano. Ma, essendo una gloria bolognese, è opportuno ricordare che subito dopo l’Unità d’Italia il nostro Marco Minghetti, legato a Cavour, era uno dei non molti nuovi statisti italiani che riteneva un errore gravido di conseguenze calare una “armatura” centralistico-prefettizia sulla nuova Italia, un Paese che dalla caduta dell’Impero Romano era rimasto diviso per oltre 1.500 anni in Stati diversi. Minghetti propose a Cavour un progetto di nuova amministrazione decentrata su base regionale, con tanto di elenco delle future Regioni.
Naturalmente, per quei tempi, al di là delle nuove Regioni, che erano simili come dimensioni geografiche alle attuali, si trattava di un decentramento prevalentemente amministrativo burocratico, il cui presidente era un funzionario ministeriale nominato dal Governo. Ma comunque era una strada in premessa diversa da quella che fu poi presa. Morto prematuramente Cavour, prevalse la linea di “difesa” di una borghesia post-risorgimentale.
Le Regioni italiane sono figlie della Storia e dell’identità del nostro Paese, salvo qualche eccezione: fra queste vi è certamente la nostra che è una Regione completamente inventata nel 1800 e che a causa di un gap culturale, figlio di un relativismo derivato da “complessi di subordinazione” della sinistra verso la Storia, quella vera, si è pure dotata di un pessimo stemma e logo, roba da “modernariato”. Procedere quindi verso Regioni di “area vasta”, una proposta non nuova, sarebbe un grave errore. L’Italia è il Paese più bello del mondo perché è una somma di belle identità e i cittadini sono affezionati alle loro identità e memorie, a volte più dei loro governanti.
Infine una osservazione birichina. All’indomani dell’intesa Bonaccini-Zaia l’influente parlamentare bolognese del Pd Andrea De Maria, in un’intervista giornalistica, ha tenuto a ben sottolineare che quella di Venezia, fra le Regioni Veneto ed Emilia-Romagna, è un’intesa istituzionale e non politica (excusatio non petita…), perché Lega e Pd rimangono partiti su versanti opposti. Faccio fatica, nel caso dell’accordo Zaia-Bonaccini, a distinguere fra accordo politico e accordo fra Istituzioni. Certo la Lega si muove su altri lidi. Sospetto però che De Maria, molto affezionato al “campo largo strabico” bolognese, non avverta che tutta la politica italiana è in movimento, anche nella Lega. E che c’è movimento pure nei Cinque stelle.
Quello che mi pare invece certo è che l’intesa di Venezia è una buona cosa e una buona scelta. Poi ognuno può chiamarla come gli pare.
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Caro Direttore,
dopo aver letto e riletto con attenzione i due articoli, pubblicati ieri e oggi, favorevoli all’accordo fra Bonaccini e Zaia sull’autonomia differenziata delle due regioni, sento la necessità di esprimere il mio totale dissenso che cerco di motivare brevemente.
Voglio solamente accennare al rischio di accentuare la diseguaglianza fra regioni con diversa potenzialità economica; diseguaglianza che già oggi rappresenta uno dei principali ostacoli al progresso della Nazione intera. Da medico con più che quarantennale sperienza in campo ospedaliero, voglio portare alla sua attenzione il rischio esiziale che comporterebbe per il Sistema Sanitario Nazionale una differenziazione in tanti sistemi sanitari regionali, uno diverso dall’altro.
Questa pandemia ha messo in evidenza la necessità di una più solida cornice unitaria dei servizi sanitari regionali e di un potenziamento della capacità – politica e tecnica – di indirizzo programmatorio nazionale. E’ pertanto indispensabile espellere il tema Sanità dalla eventuale attuazione dell’autonomia regionale differenziata.
Mi rendo perfettamente conto di essere una voce, probabilmente, isolata; ma siccome sono da sempre un accanito sostenitore del nostro SSN, pur con tutte le limitazioni dovute ad anni di sconsiderata politica restrittiva, sento il dovere di lanciare questo allarme.
Grazie dell’ospitalità
Maurizio Marangolo