Il tour del sindaco nei quartieri “traditi”

Siamo di fronte a una scelta che va all’opposto di cosa dovrebbero essere: secondo Giuseppe Dossetti e Achille Ardigò, che li inventarono, dovevano rappresentare lo strumento istituzionale attraverso il quale i cittadini entravano nel “Palazzo” e contribuivano concretamente alle scelte e alla gestione del Comune. A Bologna è accaduto invece che negli ultimi lustri, da Dozza in poi attraverso tutti i sindaci, sono stati spogliati di qualsiasi competenza concreta e resi totalmente ininfluenti

di Angelo Rambaldi, Bologna al Centro – L’Officina delle Idee


Caro direttore, invio alcune mie constatazioni e riflessioni un po’ amare sul “tradimento” – è una parola grossa ma le cose a mio giudizio stanno così – su cosa debba essere la partecipazione dei cittadini attraverso il decentramento con l’istituzione dei Quartieri.

Il tour del sindaco Matteo Lepore nei Quartieri, caso mai con un seguito meno affollato dello staff e meno scortato dai vigili urbani, di per sé non sarebbe un fatto negativo. Siamo però di fronte a una scelta che va all’opposto di cosa dovrebbero essere: secondo Giuseppe Dossetti e Achille Ardigò, che li inventarono (“Recuperare l’idea dei quartieri tradita nella patria del decentramento”), dovevano rappresentare lo strumento istituzionale attraverso il quale i cittadini entravano nel “Palazzo” e contribuivano concretamente alle scelte e alla gestione del Comune.

A Bologna è accaduto invece che negli ultimi lustri, da Dozza in poi attraverso tutti i sindaci, i Quartieri sono stati spogliati di qualsiasi competenza concreta e resi totalmente ininfluenti nelle decisioni del Comune. Ma non solo. In una città come Bologna, che non raggiunge i 400.000 abitanti, si è andati verso un progressivo gigantismo territoriale dei Quartieri, disegnando confini con il gesso e ignorando l’identità storica, che vi era e c’è, delle periferie. Non solo, si è insistito caparbiamente nel voler tenere diviso, fra Quartieri diversi, il centro storico, che è il “Quartiere” per antonomasia.

È vero che alla base vi è una legge sulle “Città Metropolitane” sbagliata e da cambiare (ma non certo come, si apprende, vorrebbe un autorevole parlamentare del Pd). Tuttavia, nonostante questo quadro legislativo inadeguato, in molte città metropolitane, a differenza di Bologna, si è andati, per responsabilità e competenze, almeno verso il “Quartiere Municipio”.

Non voglio dubitare della buona fede del sindaco (che fra l’altro fu pure lui consigliere di quartiere), ma al di là delle sue intenzioni il suo tour scavalca, ignora, mette in angolo le già scarse funzioni e il senso della responsabilità dei Quartieri.

Il viaggio è certo per il sindaco un successo di immagine e di popolo, anche se un po’ in odore di protagonismo paternalistico. Quello che rimane certo è che i Quartieri a Bologna confermano il loro ruolo sussidiario, non certo quello che avrebbero voluto Ardigò e Dossetti

Caro Giampiero Moscato, approfitto per una aggiunta e un “consiglio di lettura” per te e il “Cantiere” su altro argomento. Perché ti confesso,  pur nella più ferma condanna della barbara aggressione della Russia di Putin all’Ucraina, il generale clima isterico mi infastidisce un po’.

Se non l’hai già fatto ti do, sull’argomento, un consiglio di lettura: l’ultimo numero di Limes, in edicola e in libreria. Si apre con una prefazione, significativa, del suo direttore, Lucio Caracciolo, e all’interno porta contributi vari tutti di altissimo livello.

Certo non manca la giusta condanna alla Russia di Putin. Tuttavia il quadro che esce da Limes sulle radici dell’attuale catastrofe e, soprattutto, la storia dell’Ucraina, o meglio la storia delle Ucraine, è utile per la formazione di un giudizio sulle radici del male, senza isterismi.

Photo credits: Ufficio Stampa Comune di Bologna


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