«Lo ricordo in Consiglio comunale, eletto con la lista di Occhetto, alleato con Di Pietro. Quell’esperimento durò lo spazio di un mattino ma a Palazzo d’Accursio mantenne viva la sua consiliatura. La portava in un rapporto con altri gruppi di sinistra più accesi, dei quali condivideva un certo anti-cofferatismo e l’attenzione al sociale. Rifiutò di fare l’assessore. Il suo ricordo sarà quello di un’ombra veloce, disegnata da una sagoma inconfondibile, con la sua tipica “curvetta” delle spalle»
di Davide Ferrari, poeta, direttore artistico Casadeipensieri 2021
Serafino D’Onofrio ci lascia mentre la Primavera ha inizio. Una Primavera incerta, inquieta, in un mondo dove, come ormai sappiamo, poco viviamo della serenità delle piene stagioni e dove il rumore che ci raggiunge è quello della guerra.
Forse inquieta, a suo modo, è stata anche la sua vita, attivissima, talvolta fuori dai binari di una continuità ormai impossibile e comunque non consona alla sua personalità. È stato “dentro” i nostri anni, mai solo spettatore. Sempre, dalla giovinezza a questi giorni. E della burrasca delle cadute e dei cambiamenti, della politica e dei partiti, ha risentito.
Napoletano, perfettamente inserito nella società bolognese, socialista, fu segretario cittadino del Psi, nel lungo momento di Craxi, ma con un’anima più radicale. La Sinistra non è mai stata una sola, mai è uno solo il racconto degli stessi ideali. È stata una fortuna incontrarlo anche per chi ha altre esperienze da raccontare e altri modi di pensare.
Dopo il crollo del suo partito visse altre stagioni. Lo ricordo in Consiglio comunale, eletto con la lista “Il cantiere” di Occhetto, alleato con Di Pietro. Quell’esperimento durò lo spazio di un mattino ma a Palazzo d’Accursio Serafino mantenne viva, presente, la sua consiliatura. Uomo di esperienza, la portava in un rapporto con altri gruppi di sinistra più accesi, dei quali condivideva un certo anti-cofferatismo e l’attenzione al sociale.
Rifiutò di entrare in Giunta, di diventare assessore, per non perdere quei rapporti e un’interlocuzione con i tanti cittadini che lo interpellavano proprio per la sua combattiva autonomia. Una rinuncia a un posto certissimo, non a una possibilità, che sorprese chi non lo conosceva. Troppe volte i “critici”, raggiunto un prezzo, si piegano, si fanno dimenticare. Serafino invece rivelò di avere un’identità e una volontà proprie. Per questi suoi caratteri si sarebbe discusso più volte, ma con stima. Non demordeva facilmente.
Pacato nei modi, estraneo all’impeto dei dilettanti, ma insistente, cercò per tutti gli anni di Cofferati di conquistare altri a un dissenso più esplicito. Quando non gli riuscì, come nel mio caso, riconobbe a sua volta il valore delle lealtà e divenne amico di chi continuava, anche se spesso nel margine della risacca, a essere fedele, a pagare un biglietto che mai più nessun controllore avrebbe richiesto. Forse per questo la sua considerazione si rivolse, abbondante, a una persona come Maurizio Cevenini e forse per questo alcuni uomini e alcune donne del “partito”, quello più grosso, furono fra i suoi amici più cari.
A loro, a noi, dedicava, mi è parso, una certa attenzione più benevola, con denominazioni quasi tenere, a cui non mancavamo di intenerirci un poco. Io diventavo così “il maestro”, nei suoi interventi, e non mi dispiaceva affatto. Sapevamo quando l’amicizia si permetteva l’ironia e quando prevaleva la voglia di dare un sostegno, di dare una mano amica. L’ironia: la leggo citata nei molti e commossi ricordi di queste ore. È vero, amava trovarvi un limite all’autocelebrazione, innanzitutto, e al trombonismo di qualche arrivato. Ma non va confusa con una eccessiva leggerezza, Serafino era un lavoratore difficilmente stancabile.
Terminata la sua vita politica nelle istituzioni non diminuì il suo impegno, con risultati che tutti gli riconoscono, nel volontariato. È stato un dirigente fra i più noti dell’Aics (Associazione italiana cultura e sport), l’Arci dei socialisti, che contribuì molto a far sopravvivere e anzi espandersi. Trovò lì una casa che valeva la pena difendere, che intendeva autonoma ma solida nei valori di democrazia e partecipazione.
Era un uomo credibile, Serafino, sia quando presentava un ordine del giorno in Comune sia quando promuoveva un progetto, nel “suo” volontariato, dalla cultura, all’educazione, all’assistenza. Le tante telefonate di oggi, di chi vuole sapere di lui e della sua scomparsa, così prematura per tutti, lo dimostrano. Ogni voce proviene da un lavoro fatto, da un rapporto umano seguito con passione. Il suo ricordo sarà quello di un’ombra veloce, nel palazzo e nelle strade, disegnata da una sagoma inconfondibile, con la sua tipica “curvetta” delle spalle, sempre alla ricerca di una cosa nuova e utile da fare.
Bellissime parole, bellissimo ricordo
Grazie Davide per avere interpretato con il tuo ricordo di Serafino, il pensiero dei tanti che lo hanno conosciuto, stimato ed apprezzato. Indimenticabile la comune esperienza nel Consiglio comunale 2004/2009.
grazie Davide Serafino era come l’hai descritto. Ci manchera’ molto