Accogliamo, sosteniamo, sventoliamo bandiere giallazzurre e organizziamo pure fiaccolate. Ma non dimentichiamoci che anche fra gli ultimi, purtroppo, c’è sempre chi è più ultimo di tutti. A questi, io credo, dovremmo dare ancora più attenzione. Ce lo impone la nostra Storia
di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB
Ha scritto l’ex consigliere regionale Roberto Sconciaforni (Federazione della Sinistra) che in questi giorni di conflitto in Ucraina ha pensato spesso al popolo palestinese, «da decenni martoriato dall’occupazione di una potenza nucleare» senza però godere «del minimo sostegno della comunità occidentale».
Lui chiama questo doppio standard «ipocrisia occidentale» e io sarei pure d’accordo, se non fosse per quell’aggettivo così limitante e sintomo, a mio modesto avviso, di un reflusso occidentalocentrico, per quanto assolutamente involontario. Nel dubbio, senza andare troppo in là, chiederei un parere sulla questione al principe Bin Salman e allo sceicco Al-Thani.
Ai palestinesi, di questi tempi, ho pensato molto anche io. E in particolare a quel giovane ingegnere di Gaza che molti anni fa, fuori dalla scuola di italiano del Tpo, si mise a discutere ferocemente con un parrucchiere di Slemani, Kurdistan iracheno, per stabilire in buona sostanza chi fosse il più apolide dei due.
La Storia la fanno in pochi ma la subiscono in tanti, in molti modi. E forse è proprio per questo che di apolidi, anche in questo ennesimo conflitto, ce ne sono parecchi e di diversi tipi. Per ogni profugo ucraino che riesce a passare il confine con Polonia e Ungheria, infatti, ce n’è uno costretto ad aspettare il suo turno in fondo alla fila, soltanto perché ha un diverso colore della pelle. Per ogni famiglia che accogliamo nelle nostre case, ce n’è una zigana che vive ghettizzata nello stadio Manej di Chisinau. Per ogni donna che aiutiamo nelle nostre comunità, c’è una trans a cui è impedito di uscire dall’Ucraina perché «sono uomini, devono tornare a combattere».
La miseria, come l’ipocrisia, è una delle poche cose di questo mondo che evidentemente non conosce confini.
A noi, che abbiamo il privilegio di vivere questa guerra come una questione di mera contabilità domestica, spetta però il compito di tutelarli tutti. Perché siamo la città di Mediterranea e di Olinto Marella, autoproclamata paladina dei diritti e della giustizia sociale. Perché l’Europa, come ha ricordato su queste pagine De Martino, è stata creata per essere una costruttrice di Pace. E non può esserci pace dove sono tollerati insostenibili distinguo e volgari discriminazioni.
Perciò accogliamo, sosteniamo, sventoliamo bandiere giallazzurre e organizziamo pure fiaccolate. Ma non dimentichiamoci mai che anche fra gli ultimi, purtroppo, c’è sempre chi è più ultimo di tutti. A questi, io credo, dovremmo dare ancora più attenzione. Ce lo impone la nostra Storia.
Un fiume fangoso è l’uomo. Bisogna essere un mare per poter accogliere un tal fiume senza divenire impuro. Così parlò Zarathustra, e io condivido. Che questa città possa dunque farsi ancora una volta oceano. Ce ne sarà, io temo, un gran bisogno.
Photo credits: Giorgio Bianchi/Comune di Bologna
Drammatico
mi piace l’accenno ai palestinesi che effettivamente sono quelli più dimenticati di tutti, perfino Alex Zanottelli ha dimenticato di citarli fra i numerosissimi esempi di razzismo che riporta nel suo ultimo libro.
A proposito degli ultimi più ultimi non dobbiamo dimenticare che in questi giorni al confine tra la Bielorussia e la Polonia, vi sono anche famiglie di profughi siriani, cubani e afgani, anche loro scappati da paesi in guerra, e cercano di varcare il confine con la Polonia, ma vengono respinti brutalmente e costretti a rifugiarsi nella foresta senza cibo e riparo in attesa di aiuti fortuiti, portati dai volontari che a loro volta. rischiano di essere denunciati e imprigionati.
Mi unisco a Di Biase quando scrive “ ..che questa città possa dunque farsi ancora una volta oceano” Con una piccola aggiunta: che anche l.Europa possa farsi oceano
Nessuno di noi dimentica nessuno. Si cerca di fare il possibili per i fratelli ucraini, abbiamo fatto tanti per i fratelli afgani e abbiamo Già dato dimostrazione di occuparci degli ultimi, quelli a cui non pensa nessuno. Bologna lo sta facendo alla grande !!! Profughi, clochard, poveri,poverissimi , gente che vive in strada che sono aumentati anche nella nostra città.