Il problema è nazionale, ma anche Bologna paga le conseguenze di un insufficiente uso delle nuove tecnologie. Perché, avendo letto già sul sito di un ente previdenziale che una lettera è stata inviata, deve essere fatto un annuncio anche con le procedure della posta. Non è un dispendio di energie e di denaro? Non si intasano inutilmente le strade e gli uffici? Perché non far funzionare, a chi lo chiede, la sola posta elettronica certificata? Quanti spostamenti superflui si eviterebbero
di Gianluigi Bovini, statistico e demografo
Uno dei servizi postali oggetto di maggiori critiche è sicuramente la consegna a domicilio delle raccomandate: alle oggettive difficoltà di reperimento dei destinatari si sommano a volte altre disfunzioni.
Nei giorni scorsi, come capita quotidianamente a migliaia di altri bolognesi, ho impiegato un’ora del mio tempo per ritirare una raccomandata raggiungendo l’ufficio postale in auto in assenza di altre alternative. Nel caso specifico si trattava di una lettera inviata a un componente della mia famiglia da un noto ente previdenziale nazionale. La stessa comunicazione era pervenuta sul sito dell’ente, accessibile con Spid, ed era già stata presa in visione.
L’invio ulteriore della raccomandata a mezzo posta ha quindi comportato tre forme di dispendio: spesa sostenuta dall’ente per la spedizione della lettera, tempo e utilizzo del mezzo di trasporto impegnati da me per il ritiro, tempo impiegato dal cortese ed efficiente addetto delle Poste per prendere in carico la richiesta.
Per evitare il ripetersi quotidiano di questi sprechi, sarebbe sufficiente inserire nel sito dell’ente previdenziale una funzione che consenta di dichiarare di avere ricevuto su quel canale la comunicazione, procedendo all’invio della raccomandata successivamente solo nel caso di mancata dichiarazione. Più in generale bisognerebbe consentire a tutte le cittadine e i cittadini, che si sono volenterosamente dotati di una casella di posta elettronica certificata, di richiedere agli enti pubblici (e ai principali operatori privati) di ricevere solo sulla Pec ogni comunicazione, eventualmente accompagnata da un alert sulla mail ordinaria o da un sms.
Credo che il costo di questa innovazione sarebbe modesto e sicuramente molto inferiore ai dispendi di tempo e denaro che ho elencato in precedenza. Ritengo che una ricognizione di molti comportamenti quotidiani consentirebbe di individuare altre forme di risparmio, portando a regime le possibilità offerte dalle tecnologie digitali e ampliando l’accesso da parte di una quota sempre più ampia della popolazione.
Penso inoltre che questo piccolo esempio debba suggerire una riflessione di portata più ampia: non possiamo affrontare la sfida posta dalla mobilità delle persone e delle merci solo adeguando, con elevati costi e tempi non immediati, le infrastrutture dedicate a questa vitale esigenza. Probabilmente è necessario anche esaminare in modo analitico la matrice degli spostamenti che si generano ogni giorno nella vita concreta delle persone e delle imprese ed eliminare o contenere, attraverso le tecnologie digitali, una quota di queste necessità. Al risparmio di tempo e denaro, a volte non indifferente, si accompagnerebbe un contributo alla sfida della transizione ecologica perché sicuramente lo spostamento meno inquinante è quello che non avviene.
Questo tema della revisione puntuale della matrice degli spostamenti assume particolare rilevanza nelle aree del territorio metropolitano collocate a maggiore distanza dal capoluogo, caratterizzate come è noto da situazioni di fragilità demografica a causa del calo e dell’invecchiamento della popolazione. In quelle zone le tendenze in corso mettono sempre più a rischio la possibilità di mantenere la presenza diffusa di servizi pubblici e privati fondamentali per le famiglie e le imprese.
Diventa quindi decisivo progettare una rete di servizi digitali, che consenta a chi vive e opera in quei territori di eliminare ogni spostamento superfluo e spesso di non breve durata. Questa sfida è particolarmente impegnativa e affascinante, perché dovrebbe coinvolgere prioritariamente le aree che oggi presentano le maggiori carenze di accesso alle connessioni digitali e la più ampia quota di popolazione in difficoltà nell’utilizzare le opportunità tecnologiche.
Tutto giusto, a patto di non dimenticare che ci sono ancora molte persone che non hanno dimestichezza con gli strumenti tecnologici. Si tratta non solo di anziani, ma anche di molte persone di mezza età, ma anche giovani, che non usano quotidianamente il computer per lavoro e quindi hanno meno dimestichezza con la tecnologia richiesta.
Condivido e sottoscrivo integralmente.
Considerazioni ragionevoli e lungimiranti. Che riflettono sulle esperienze di vita quotidiana e sugli investimenti prioritari per gli anni prossimi. Inascoltate da chi, ottusamente, si ostina a perseguire una crescita economica “insostenibile” per Bologna, l’Emilia Romagna e l’Italia. Il tempo di fare scelte forti e radicali per la conversione ecologica delle produzioni e dei consumi è questo. Ne va della credibilità della politica e delle istituzioni democratiche.
Chiaro e condivisibile. Tuttavia leggo anche che non sono pochi gli italiani per cui “il pezzo di carta” rimane l’unica prova tangibile di corrispondenza con l’occhiuta e a volte esosa pubblica amministrazione. E fra quegli italiani ve ne sono alcuni ben rappresentati in Parlamento che non è certo solerte nell’ammodernamento delle tecnologie di corrispondenza…
Condivido tutto ma, a parte il bisogno della carta per qualcuno che ancora non ha dimestichezza con il digitale , a volte ho l’impressione che le raccomandate servano a dare uno scopo alle Poste delle quali quasi non si sa più che fare. Lasciarle morire piano piano? O cercare anche qui una riconversione finalizzata ad altri servizi?