Riconfigurare il carcere… e la Dozza diventa teatro

Il progetto Per Aspera ad Astra mette in rete 15 compagnie per portare i loro studi dentro 14 case circondariali. Il Teatro dell’Argine comincia alla Dozza giovedì 9 giugno con lo spettacolo “Solo in campo la vita sparisce”, come diceva Maradona: per 90’ più il recupero esiste solo un rettangolo di gioco in cui correre da una porta all’altra con un pallone tra i piedi. Il resto sparisce, sta da un’altra parte. Come capita, nel meno rasserenante senso della dimenticanza, ai luoghi di prigionia

di Mattia De Luca, Teatro dell’Argine


Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza è un progetto che mette in rete 15 compagnie teatrali, per portare lo studio e la pratica del teatro dentro 14 carceri distribuite su tutto il territorio nazionale. 

Il Teatro dell’Argine, dal 2019, cura il progetto all’interno della Casa Circondariale “Rocco D’Amato” di Bologna. Per questa edizione, la Compagnia ha deciso di incentrare il lavoro sul tema del calcio, sviluppando assieme ai partecipanti lo spettacolo Solo in campo la vita sparisce, che andrà in scena, proprio all’interno del carcere della Dozza, giovedì 9 giugno 2022.

Diceva Maradona, il più grande giocatore di tutti i tempi, che il calcio fa sparire la vita. Per 90 minuti (più recupero), la vita è delimitata da un rettangolo di gioco in cui correre da una porta all’altra con un pallone ai piedi. I suoi problemi, le sue difficoltà, la routine, il bello e il cattivo tempo stanno da un’altra parte, in un altro spazio e in un altro tempo. Certo, il campo prima o poi finisce, così come il tempo regolamentare scade, ma ogni domenica si ricomincia. 

Il calcio è bisogno di sottrazione, momento di creazione, divertimento e avventura che è al riparo da tutto, luogo in cui si è padroni, al sicuro, lontani da ciò che si sente estraneo, capaci di dominare gli elementi e il contesto e di costruire e partecipare a trame, azioni o schemi, che in alcuni casi diventano storia (calcistica e non). Il calcio è essere pienamente adulti e, nello stesso tempo, ritrovarsi dentro un’infanzia che, di volta in volta, rinasce.

Dice Fabrizio, uno dei partecipanti al corso di formazione nei mestieri del teatro presso la Casa Circondariale di Bologna “Rocco D’Amato”, o, per meglio dire, scrive Fabrizio, che «il carcere non è semplicemente privazione della libertà». 

Metti, per esempio, il caso di un sequestro di persona: «È qualcosa di qualitativamente diverso», perché, dice e scrive sempre Fabrizio, «il sequestrato sa che la sua condizione è arbitraria e deve cessare quanto prima possibile e che, fuori, c’è chi si dà da fare a questo fine». «La sua vita», dunque, «continua nell’attesa del momento e nell’attesa la vita continua».

E continua Fabrizio ricordando quanto scritto da Vittorio Foa, «uno che il carcere l’ha conosciuto davvero e a lungo», in seguito alla sua osservazione del detenuto comune, quello non sorretto da legami familiari perduranti, da comunione d’interessi con altri detenuti, dalla viva fede in ideali politici e religiosi: «Non c’è futuro», scrive Foa, «la speranza di salvezza viene meno. Il tempo si svuota. […]. Il peso reale della detenzione consiste solo nel progressivo svanire della volontà col decorso del tempo».

Ecco, il tempo. Dice Fabrizio che «l’essere umano» si decompone «in conseguenza dell’espropriazione e della nullificazione del tempo». 

E dunque? Sempre Fabrizio cita quella che per lui non è solo una canzone, ma «un bellissimo testo di vita e d’amore, una lezione di filosofia morale», Qualcosa da aspettare, brano del 1959 di Fausto Amodei, i cui ultimi versi recitano: «Questa promessa è poi la sola cosa / Che abbia un valore vero / Ti fa sembrare un po’ color di rosa / Il mondo anche più nero… / Basta che non ci debba mai mancare qualcosa da aspettare».

Ciò che possiamo aspettare, chiude Fabrizio, è «ciò che trasforma la mera esistenza biologica in vita».

E il calcio? Il calcio è «l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo», diceva Pasolini, è luce e ombra, è regole e falli tattici, è arbitro, cartellini, ammonizioni ed espulsioni, è gioia e dolore, è inferno e paradiso, è Maradona in Paradiso con il pallone ai piedi e Maradona all’Inferno senza pallone ai piedi.

Il calcio è corsa, ma è anche e, soprattutto, attesa. 90 minuti (più recupero).

Il calcio, per quanto possa sembrare banale a chi guarda con diffidenza al rettangolo verde, è come la vita, ed è per questo che abbiamo deciso di parlare di calcio per parlare di noi. Attraverso corsi di formazione professionale, workshop, spettacoli ed eventi, le persone detenute possono accedere alla conoscenza e alla pratica dei mestieri del teatro, dalla recitazione alla drammaturgia, dalla scenografia al costume, dalla fonica al light design. Come dice il titolo stesso del progetto, è attraverso tutto ciò che Per Aspera ad Astra tenta di riconfigurare il carcere, un luogo troppo spesso dimenticato dalla città, ma che della città è parte integrante.


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