Negli ultimi anni il sistema bancario e quello finanziario sono stati stravolti, tra digitalizzazione e focus spostato sulle commissioni dei prodotti finanziari come polizze e fondi di investimento. Le filiali più piccole chiudono, gli impiegati devono vendere prodotti ai clienti di ogni età per fare commissioni, i premi li prendono i dirigenti. E i dipendenti sono snaturati e stanchi
di Barbara Beghelli, giornalista
Qualcuno per caso pensava che per le donne fosse più facile far carriera in banca invece che in altre aziende? Beh, si sbagliava. Nonostante sia oltre il 50% della forza lavoro, il gentil sesso non arriva mai a livelli dirigenziali alti, almeno questo è quello che emerge dalla chiacchierata con Sabina Porcelluzzi, da otto anni Segretaria generale della Fisac Cgil Bologna, il sindacato dei dipendenti di banca (le prossime elezioni saranno il 23 pv). Lei stessa è dipendente di Monte Paschi di Siena e non della Cgil. Una sostanziale differenza, che implica il “non essere per forza di cose sempre consenzienti”.
Quello finanziario è un settore strategico che a livello di relazioni industriali esiste da 50 anni e vanta una lunga storia di sostegno, non solo all’economia ma anche alla nostra società. Negli ultimi anni ci sono state grosse crisi bancarie, e questa è (triste) attualità che la Porcelluzzi, di origini pugliesi, conosce a menadito. Cinquant’anni ancora da compiere, è quadro aziendale in MPS ed è arrivata a Bologna come vice direttrice di Banca 121, la prima banca online che, allora, aveva sede in via Murri. È iscritta al Pd da quattro anni, periodo che coincide con l’uscita di Renzi dal partito, ha un passato di giovane militante di sinistra, nella Fgci, l’organizzazione dei giovani comunisti dell’allora Partito Comunista Italiano (Pci) di cui è stata anche una giovane segretaria del circolo di Barletta, a fine anni ’80.
A Bologna è arrivata nel 1999, l’anno di Guazzaloca-sindaco, che lei definisce “un tantino buio”: un periodo in cui le persone “avevano paura di andare in piazza Verdi, abitata dai punkabbestia con pitbull e rottweiler”. Da sempre convive in lei il mito di Bologna città aperta, colta e dove la qualità della vita è alta. È anche una musicista, suona la tromba in un’orchestra, la Preludio jazz band. E se le chiedi qual è la cosa piu bella che ha fatto ultimamente, lei ti risponde entusiasta: “la raccolta fondi per le lavoratrici della Saga Coffee”. Sindacalista nell’animo, insomma, dalla parte delle donne sempre e per sempre.
Da Barletta a Bologna, un cambio radicale.
Era il mio sogno la città delle Due Torri. Io a 19 anni ero già assunta alla banca del Salento a Lecce, ma sentivo le mie compaesane studentesse universitarie a Bologna che me la dipingevano come la città ideale e così mi è venuta voglia di trasferirmi. Sono arrivata a Bologna nel 1999 e sempre qui, un anno dopo, sono diventata mamma, anche se da quel momento sono iniziati i miei problemi in azienda. In Mps dopo la maternità mi hanno tolto la scrivania, diciamo così. Quindi sono andata da Angelino Weber, il mio responsabile sindacale; gli ho spiegato la situazione e lui mi ha accolta nel suo ufficio insegnandomi il suo mestiere. Lì ho anche iniziato ad appassionarmi ai temi sindacali. Purtroppo dopo pochi anni Angelino è mancato e a sorpresa mi hanno offerto quello che fu il suo ruolo. Ne fui orgogliosissima.
Quali sono oggi i principali problemi del settore finanziario?
Sono di due tipi: assicurativo e bancario. Nel primo l’azienda di riferimento è il gruppo Unipol, che sta diventando un colosso finanziario e come tale tutte le attenzioni che aveva nei confronti delle relazioni umane sono altamente diminuite.
Bper è la sua banca e per far capire come sono cambiate le cose basti dire che la presentazione non è stata fatta a Bologna ma a Milano. Unipol ha cambiato la propria natura, ora è un polo finanziario, un gruppo molto importante. Ma il benessere di un territorio non può essere solo la scontistica, il ben-essere dev’essere di tutti, andare oltre il prodotto e il business.
E nel settore bancario come va?
Abbiamo problemi enormi. Dobbiamo innanzitutto stare al passo con la digitalizzazione, poi oggigiorno alle banche è richiesto di fare gli utili sulle commissioni dei prodotti finanziari. Polizze e fondi di investimento, per intenderci. Gli impiegati devono vendere prodotti ai clienti di ogni età per fare commissioni, i premi li prendono i dirigenti e i dipendenti sono sì ben formati, ma snaturati, stanchi. Un altro problema è che chiudono le filiali più piccole, ubicate nelle zone che non fanno utili coi prodotti. Tutto il contrario del tempo che fu.
complimenti Sabina, finalmente una persona che conosce bene il settore bancario e finanziario e allo stesso tempo sa tradurre le sue conoscenze in funzione della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del settore e per dare informazioni trasparenti.
Tralasciando il discorso di piazza Verdi, che dimostra che non si ha (o forse non si vuole avere) la minima idea di quale sia la situazione di degrado appoggiata da un’amministrazione targata PD, partito per il quale viene vantata un’iscrizione da 4 anni, non concordo assolutamente sulle parole spese in merito all’ambito bancario.
La digitalizzazione non può essere considerato un “problema enorme”, ma un’opportunità per snellire l’iter delle filiali e aumentare la raggiungibilità dei clienti, quindi una facilitazione del raggiungimento del target delle commissioni richiesto.
Non dimentichiamo la nascita dei contratti misti, ma forse anche questo verrà visto come qualcosa di negativo nonostante la scelta sia totalmente volontaria.
Vista la situazione economica attuale in Italia, credo che avere certo tutti i mesi lo stipendio (e che stipendio rispetto alla media) debba solo far pensare una cosa: per fortuna io lavoro in banca!.
Quanti licenziamenti e quanti cassa integrati ci sono stati nell’ambito bancario e assicurativo durante l’emergenza sanitaria? La banca dove lavoro ha DONATO 100 MILIONI DI EURO e avviato raccolte fondi, come mai queste informazioni non vengono citate nell’articolo e ci si lamenta solo?
A livello sindacale sono un ex collega di Sabina proprio per divergenza di vedute.
Leggere questo articolo e pensare alle mie dimissioni dalla FISAC – CGIL mi conferma di aver fatto la scelta giusta: non ci possiamo solo lamentare, ogni tanto bisogna anche DIRE GRAZIE!
P.S.: Ciao Sabi, mi spiace contestare le tue parole, ma le ho trovate completamente fuori luogo, un abbraccio. Ale