Un paese ipocrita

La vicenda dell’ex presidente regionale Antonio La Forgia – costretto alla sedazione profonda per sopportare il dolore causato dalla malattia nelle ultime ore di vita – interroga cittadini e rappresentanti delle istituzioni su quanto l’Italia sia indietro rispetto a questi temi. Un dramma molto più comune di quanto si pensi, al quale non possiamo continuare a non offrire un’alternativa valida e dignitosa

di Mery De Martino, consigliera comunale


Cerco di entrare in punta di piedi in una storia umanamente e politicamente difficile e sofferta. Tanti ricordi, tante bellissime parole sono state spese da chi ha avuto la fortuna di incrociare nel suo cammino politico la figura di Antonio La Forgia, con il quale si poteva anche non essere d’accordo, ma che aveva indubbiamente uno sguardo e un agire politico fuori dal comune. Non starò quindi a ripetere, anche perché quella fortuna, purtroppo, la sottoscritta non l’ha avuta. 

Vorrei però soffermarmi sul suo ultimo gesto, politico e civile allo stesso tempo. Perché la scelta di avvalersi della possibilità di sospendere le cure e ricorrere alla sedazione profonda è una scelta certamente personale, ma che non può non interrogare profondamente la politica sul tipo di paese che siamo. E credo abbia ragione Mariachiara Risoldi, moglie di Antonio, quando dice che siamo un paese ipocrita. 

Un paese in cui per sfuggire a un dolore tremendo, per conservare la dignità della propria persona e della propria vita, il corpo si trova costretto a essere ancora qui, mentre la mente è già arrivata in un luogo altro. Usando le parole di Mariachiara, in un luogo leggero. 

Mi ha toccata profondamente la storia di Antonio, non solo per il lungo percorso politico e istituzionale che aveva alle spalle, ma perché gli ultimi giorni della sua vita appartengono a una storia comune, più comune di quanto si possa pensare. 

Quando ho letto sul giornale lo stato al quale era arrivato il suo tumore, la sofferenza fisica che gli stava portando, la mia mente è subito corsa ai giorni in cui una persona a me cara si è trovata in una simile condizione. Provate a immaginare un uomo adulto, di buona corporatura, che per il dolore inizia scompostamente a urlare “sento il fuoco dentro”. Credo che una tale sofferenza sia impossibile per chiunque di noi da immaginare. Non so cosa avrebbe fatto quella persona, come non so cosa avrebbe fatto Antonio in un paese meno ipocrita del nostro, ma so con certezza che a tutte queste persone noi non possiamo continuare a non offrire un’alternativa valida e dignitosa per affrontare una delle sfide più difficili che la vita ci mette di fronte.  

Ecco perché mi sono permessa di soffermare, ancora una volta, la nostra attenzione su questo ultimo gesto e di ricordare a tutte e tutti noi, e in primo luogo a chi come me ha l’onore di rappresentare i cittadini, che il nostro impegno politico non può che essere sempre diretto ad assicurare libertà civile e dignità a ogni singola vita, fino alla fine. Di ricordare e di ricordarci che su questo siamo in ritardo, che è finito il tempo dell’annosa contrapposizione benaltrista tra diritti sociali e diritti civili e che fin quando anche questi ultimi non saranno pienamente garantiti non potrà esserci rappresentante politico che, a qualsiasi livello, si senta assolto o non si interroghi sul come la sua azione possa, anche solo in parte, facilitarne il raggiungimento.

L’etica della politica che Antonio ci ha trasmesso traccia un lungo e sfidante percorso, a noi il compito di seguirlo e di impedire che, ancora una volta, questa si avvolga in sé stessa restandone inutilmente intrappolata.

Concludo citando il bellissimo ricordo che Albertina Soliani e Sandra Zampa, entrambe molto vicine ad Antonio, hanno affidato pochi giorni fa al Cantiere. Un ricordo dell’uomo e di quell’agire politico cui, credo, dovremmo sempre tendere: 

«Nelle rare riunioni politiche con il gruppo “ulivista duro e puro” in quegli anni, sapevo di avere la straordinaria opportunità di imparare cos’è la politica che ha l’ambizione di cambiare la realtà, le regole del gioco, di guardare lontano anticipando spesso nella comprensione le conseguenze delle scelte. Abbiamo sempre avuto tra tutti noi, in quel gruppo, un rapporto tra pari, nutrito da rispetto e libertà. Unire i diversi era la nostra comune certezza. Con piena fiducia nel cammino nuovo che i viandanti, provenienti da storie differenti, potevano percorrere insieme.»


2 pensieri riguardo “Un paese ipocrita

  1. è un paese ipocrita e stupidamente egoista. Stupidamente egoista perché quando il problema ti toccherà, sarà tardi per pensare al rimedio. Vorrei che il PD fosse chiaro e netto nel guidare questa (e altre) battaglie!

  2. Ringrazio chi si è espresso sul tema che tanti non vogliono affrontare.
    Chi, invece, ha dovuto assistere persone care, umiliate da sofferenza e devastazione che la malattia non risparmia, conosce l’angoscia dell’impotenza e desidera che questo dolore, di chi parte e di chi resta, abbia fine.

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