A partire dal laboratorio “Ridisegnare la democrazia”, in programma al festival La Repubblica delle Idee svoltosi a Bologna tra il 16 e il 18 giugno scorsi, spunti per una riflessione comune sul tragitto intrapreso dalla nostra società e dalla nostra democrazia, minacciate dal culto dell’immagine e dal feticcio dell’Io
di Monia De Riva, coach umanista
Palestre di allenamento della consapevolezza e di educazione al bello in ogni quartiere bolognese. Questa l’idea nata da un workshop che si è tenuto lo scorso sabato pomeriggio all’interno della rassegna La Repubblica delle Idee.
Moderato da Maurizio Travaglini, con la partecipazione di Beniamino Pagliaro, l’incontro dal titolo Ridisegnare la democrazia è stato un momento di partecipazione attiva alla vita politica, come non la si respirava da tempo. È stato bello vedere come un nucleo di cittadini eterogenei per età ed esperienze ma accomunati dal valore del contributo e del dono sociale, abbiano dedicato tre ore di un pomeriggio d’estate a cercare di ritrovare il gusto del fare politica, nel senso più nobile del termine, quello di contribuire alla costruzione di una polis in cui realizzare il bene di tutti.
Il pomeriggio ricco di stimoli e contributi mi ha permesso di sviluppare riflessioni che vorrei condividere come spunti per proseguire un dialogo comune. Cosa sta capitando alla nostra condizione umana in uno scenario sociale che ci vede coinvolti nelle tragedie quotidiane di guerre e pandemie? La democrazia è in crisi perché siamo diventati incapaci di dialogo con l’altro. Il dialogo è stato sostituito da un monologo che non si gioca più nelle interiorità, ma si presenta a un palcoscenico mediatico attraverso i post sui social. Tutto comincia con la rivoluzione di internet, che crea nuovi spazi per gli incontri. Spazi di incontro ma non sempre di dialogo, spazi dove è facile confondere il monologo con i dialoghi. Il rischio è che diventi spazio di vanità in cui si perde la reciprocità. Con il rischio ancora più profondo di intaccare perfino la capacità di dialogo tra noi e noi.
In questo gioco di vanità espongo una bellezza più bella di quella vera, perché ritoccata dai Photoshop. Ma può esistere una bellezza più bella di quella che comprende anche i difetti? La bellezza ritoccata sostituisce l’aspirazione più profonda che ci caratterizza come esseri umani: far qualcosa di grande per donarlo al mondo, andando oltre l’Io.
Le ambizioni non hanno forse subito un processo di svuotamento e degrado riducendosi a pura vanità? Se ci pensiamo nell’immagine che tendiamo a rappresentare non emerge il volto sanguinante dell’eroe omerico che combatte per la polis, il bene comune, ma neanche lo strazio di Achille che, come un leone che ha perso i suoi cuccioli, si dispera per la perdita di un amico. In questa vanità l’io presenta sé stesso, incurante non solo della dimensione collettiva, ma anche di un altro tu oltre ad un unico io. Un gioco di vanità in cui si perde la reciprocità.
Siamo in presenza di un profondo mutamento della struttura emotiva. Penso a farmi foto, ritoccarle, far vedere quanto sono bello. L’aspirazione si riduce a questo con l’unico obiettivo di ricevere approvazioni in un gioco di scambi che abbassa anche i livelli della sostanza della reciprocità. Uno scambio effimero di voti a cui si riduce anche la dimensione politica. Dove finiscono la fatica, ma anche la voglia dello spendersi per una causa nobile, collettiva sacrificando il proprio ma ricevendo in cambio il sentimento nobile dell’avere donato se stessi?
Non è forse questo l’origine del crollo della democrazia? Dal crollo delle aspirazioni al crollo degli sforzi, del sapere, dell’imparare del colmare i vuoti con momenti di pensiero e riflessione.
Maurizio Travaglini ci ha chiesto quale speranza vediamo. La speranza è rinata già nella possibilità di avere creato uno spazio reale di dialogo autentico che ci ha portato a dire: ripartiamo dal bello, “dalla bellezza che salverà il mondo” dell’Idiota di Dostoevskij.
Il futuro in bilico può ripartire da qui. Perché – come sosteneva già Jung – “la nostra società soffre di una profonda crisi di interiorità”. E i cittadini bolognesi insieme hanno dimostrato che un futuro del bello è ancora possibile.