«Ius scholae? È più utile facilitare le pratiche per il soggiorno»

«Un atto simbolico che non cambia nulla ma ignora l’aspetto identitario delle comunità straniere. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i genitori dei cittadini onorari del nuovo status dei figli. Meglio sarebbe portare a due anni e mezzo la validità del permesso di soggiorno, presupposto di ogni ragionamento sulla cittadinanza. Quel documento valeva cinque anni, ora solo uno. Appena lo si riceve già si deve pensare al rinnovo. Una fatica per loro che sommerge di pratiche tutte le questure»

di Valter Giovannini, ex magistrato


Con tempismo perfetto, non so se voluto o casuale, il Consiglio Comunale di Bologna, il giorno prima dell’inizio di analoga discussione in Parlamento, ha approvato, a maggioranza, la modifica del proprio Statuto introducendo il riconoscimento della cittadinanza onoraria a tutti i giovani residenti in città, circa undicimila, che sono nati in Italia o che nel nostro paese hanno completato un ciclo di studi, figli di immigrati in regola con il permesso di soggiorno.

In questi due giorni, avendo probabilmente incontrato o ascoltato solo persone disinformate, ho avuto l’impressione che dopo questa decisione regni, sotto il cielo di Bologna, una notevole confusione.

Molte persone, cui evidentemente non è stato spiegato bene il senso della decisione, pensano che a questi ragazzi sia stato riconosciuto lo status effettivo di cittadini, con tutti i diritti e i doveri conseguenti. Ovviamente non è così. I Comuni non hanno nessuna competenza a “legiferare” su questi argomenti che, vista la loro assoluta delicatezza, rimangono nella sfera decisionale del Parlamento Italiano. Allora cosa cambierà per tutti i potenziali nuovi cittadini onorari bolognesi? Nulla, assolutamente nulla. A costoro spettavano, anche prima della modifica dello Statuto, gli stessi identici diritti dei loro coetanei italiani. Si è detto che questa decisione vuole essere un segnale e uno stimolo indirizzato ai parlamentari del nostro paese. Forse è così, il tempo ci dirà se sia o meno servito.

Nello specifico penso però che non sia stata una scelta lungimirante ignorare l’aspetto identitario che riguarda tutte le comunità straniere regolarmente residenti sul nostro territorio. In tal senso forse riserverebbe delle sorprese richiedere ai genitori dei ragazzi divenuti, anche a loro insaputa e loro malgrado, cittadini onorari, cosa ne pensino realmente.

Personalmente credo che la cittadinanza sia uno status cui la persona deve aspirare consapevolmente, desiderandone tutti gli effetti che ricomprendono molti diritti ma anche parecchi doveri. Oggi, in base alla legislazione vigente, moltissimi giovani stranieri residenti nel nostro paese, al raggiungimento della maggiore età, possono richiedere e ottenere in tempi anche brevi la cittadinanza italiana. C’è chi lo fa e chi invece non ritiene di modificare il proprio status. Ciò accade anche all’interno del medesimo nucleo familiare. Si tratta di scelta libera e soprattutto consapevole in una materia che al pari di altre, come quelle eticamente sensibili, presuppongono che la persona sia assolutamente indipendente nel valutare come collocarsi sul piano giuridico nel paese di residenza. Più in generale, le tecnocrazie che decidono i destini dell’Europa si disinteressano di questo argomento e così ogni paese ha le sue regole, spesso in contraddizione con quelle dello stato confinante.

Essendomi professionalmente occupato di vari aspetti connessi al fenomeno migratorio, una proposta di buon senso però mi sento di farla in materia di rilascio dei permessi di soggiorno, presupposto indispensabile a qualsiasi ragionamento sulla cittadinanza da concedere a soggetti stranieri. Oggi la durata del permesso di soggiorno è di un anno, in precedenza era di cinque. Questo significa, da un lato, che il richiedente è sempre impegnato nelle procedure di rinnovo dovendo iniziare a preoccuparsi della nuova pratica poco dopo che gli sia giunto il nuovo permesso di soggiorno e, dall’altro, che gli uffici immigrazione di tutte le Questure italiane sono perennemente sommersi di pratiche da esaminare ed evadere.

Perché non ampliare la durata di validità del documento? Un periodo congruo potrebbe essere quello di due anni e mezzo tempo ragionevole per risolvere i due problemi sopra descritti e anche per evitare che lo straniero, che ha violato in maniera grave la legge, possa vedere modificato il proprio status giuridico in tempi brevi senza beneficiare di una ingiusta rendita di posizione determinata in passato dalla validità di cinque anni del documento.

Photo credits: Ufficio Stampa Comune di Bologna


4 pensieri riguardo “«Ius scholae? È più utile facilitare le pratiche per il soggiorno»

  1. Il suggerimento di Valter Giovannini di facilitare l’ottenimento del permesso di soggiorno e di prolungarne la durata, mi sembra eccellente, da cogliere subito. Anche perché riguarda un numero più ampio e variegato di persone. E non esclude l’altro diritto richiesto per chi abbia compiuto un percorso scolastico.

  2. Come sempre, il dr. Giovanni da persona equilibrata e profonda, suggerisce con obiettività di giudizio, una soluzione ottimale e politicamente disinteressata.

  3. Grazie al Dott. Giovannini per queste considerazioni che fanno chiarezza sull’efficacia dell’atto del Consiglio comunale. E grazie per la proposta di ampliare la durata dei permessi di soggiorno. Il Comune di Bologna dovrebbe assumerla per continuare a fare da pungolo ai decisori politici che proprio in questi giorni conflliggono sullo “ius schole”

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