Non sono più possibili la politica e la programmazione dell’evoluzione dell’esistente. Occorrono una politica e una programmazione di un nuovo progetto di società, dove ogni soggetto concorra responsabilmente a essere protagonista di una Città Metropolitana proiettata verso un futuro di sviluppo di tutte le risorse (industriali, umane, sociali e territoriali)
di Giovanni De Plato, psichiatra e scrittore, e Andrea Femia, digital strategist cB
Che nella Città Metropolitana di Bologna si stia meglio rispetto ad altre realtà del paese è un dato incontrovertibile confermato dalle diverse ricerche e classifiche nazionali, regionali e locali. Che anche qui i problemi siano molti e non risolti è altrettanto vero e preoccupante.
Chi governa ai diversi livelli istituzionali sembra però in ritardo nel prendere atto dei cambiamenti strutturali indotti all’inizio dalla crisi finanziaria, poi dalla pandemia e infine dalla debole tenuta dell’intero sistema economico e sociale. Molte attività produttive e commerciali sono entrate in crisi, molte reti sociali sono state frantumate, molte attività lavorative sono divenute più stressanti e insopportabili, molti lavoratori abbandonano un’occupazione sottopagata e umiliante, molti giovani laureati e non lasciano il nostro paese alla ricerca di una speranza di futuro all’estero.
Molte relazioni interpersonali sono così saltate. Le persone più fragili si ritrovano con meno tutele, meno possibilità di esigere diritti come in passato, più isolate da barriere non più superabili e più sole in comunità a ridotta solidarietà. Anche le famiglie stanno subendo una trasformazione radicale: più single, meno matrimoni e meno nascite.
Il relativo benessere di chi vive nella Città Metropolitana di Bologna è destinato a consumarsi come una candela. La crisi delle persone nelle crisi della pandemia e della guerra sarà difficilmente contenibile se le istituzioni, le imprese, le organizzazioni sociali e gli stessi cittadini non formeranno un fronte unito nell’invertire la negativa tendenza in direzione di un nuovo sistema socio-economico. Il rapporto del 2021 del Censis sulla società nazionale fotografa i profondi cambiamenti in atto dovuti oltre alla pandemia alla questione lavoro, femminile, giovanile. E alla questione delle diseguaglianze crescenti, dell’emergenza sanitaria, scolastica e demografica. Il Censis nel suo ultimo rapporto non si ferma alla fotografia dell’esistente, ma indica quattro pilastri su cui fondare il nuovo modello di ripresa e di sviluppo.
Il primo pilastro è di realizzare la transizione verso uno sviluppo ecosostenibile. Il secondo è di un’estensione del digitale superando il gap tecnologico tra le generazioni. Il terzo pilastro è quello dei programmi a favore delle nascite e dei servizi materno-infantili. L’ultimo, ma non di minore importanza, è quello della formazione e delle nuove competenze che possano permettere un’occupazione ben retribuita e un lavoro gratificante.
Il Pnrr del governo e l’iniziale finanziamento ai Comuni è un’occasione unica per seguire le indicazioni del Censis e pianificare una ripresa e una resilienza del sistema a breve e a medio termine. L’occasione vera è soprattutto quella di rivedere il sistema di governance della cosa pubblica, altrimenti diventa difficile realizzare qualsiasi obiettivo.
Non sono più possibili la politica e la programmazione dell’evoluzione dell’esistente. Occorrono una politica e una programmazione di un nuovo progetto di società, dove ogni soggetto concorra responsabilmente a essere protagonista di una Città Metropolitana del benessere, proiettata verso un futuro di sviluppo di tutte le risorse (industriali, umane, sociali e territoriali). Una governance capace di far crescere l’intero sistema valorizzando tutte le parti che lo formano.
Photo credits: Cristiano Pinto
Valutazioni corrette anche se la realtà dei Comuni è complicata; la crisi della PA è profonda; ora la politica pensa solo alle candidature e la gente lo percepisce