Le canne e la giusta disobbedienza civile

Mattia Santori si è preso caterve di critiche per essersi autodenunciato di coltivarsi la cannabis per uso personale, per non voler finanziare le mafie che spacciano. Rischia la galera ma crede che la giurisprudenza stia aprendo uno spazio a una nuova depenalizzazione delle modiche quantità usate privatamente. Dalla destra, spesso adusa a pubbliche virtù e a vizi privati, sono arrivate contestazioni prevedibili. Stupiscono quelle da sinistra, immemori di battaglie fatte con gesti eclatanti a favore dell’aborto, dell’autideterninazione nel fine vita, dell’obiezione di coscienza al servizio militare

di Aldo Balzanelli, giornalista


Ha suscitato un mare di reazioni l’intervista nella quale Mattia Santori ha “confessato” di farsi le canne un paio di volte alla settimana utilizzando marijuana coltivata in proprio. Reazioni per lo più di critica, spesso dura. Prevedibili quelle da destra, dove da sempre ci hanno abituato a veder convivere vizi privati e pubbliche virtù, ma anche da sinistra, e questo era un po’ meno prevedibile.

C’è chi si dice convinto che il rappresentante di un’istituzione, qual è Santori in quanto consigliere comunale, non possa dare il cattivo esempio violando le regole. Chi ritiene che dar via libera alle droghe leggere rischi di aprire la strada a quelle pesanti. Chi pensa che Mattia punti semplicemente a conquistare un po’ di visibilità. E non prendo in considerazione per principio chi si esercita in contumelie, sarcasmo e insulti.

Forse è opportuno mettere in fila le cose per come sono davvero, senza forzare le opinioni. Santori ha semplicemente detto che il re è nudo. Cioè che un’infinità di ragazzi fumano le canne (anche i figli e i nipoti degli esponenti della destra, se non molti degli stessi esponenti) e per farlo sono costretti a procurarsele rivolgendosi alla criminalità. La stessa criminalità che da questo commercio trae lauti profitti. Per questo l’ex Sardina sostiene l’opportunità che ciascuno possa coltivarsi in casa una molto modica quantità di cannabis (lui ne ha tre piantine) per evitare di doversi recare in piazza Verdi o in Montagnola a procurarsela. Con il rischio, tra l’altro, di acquistare sostanze “tagliate” o “rinforzate” chimicamente. Una tesi che, sia pure in modo attenuato, ha trovato anche il sostegno della Corte di Cassazione.

I legalitari però, che magari sono pure d’accordo, sostengono che la battaglia per la depenalizzazione della cannabis va fatta nelle istituzioni e non violando la legge. Su questo la discussione è aperta da sempre. Vien da chiedersi però: sarebbe mai passata in Italia la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza senza gli aborti non-clandestini e a favore di fotografo di Emma Bonino? E lo stesso vale per il fine vita oggetto delle battaglie di Marco Cappato, o per l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio che costò un processo a don Milani.

La disobbedienza civile è nella storia della democrazia. Serve a stimolare il cambiamento. Non significa semplicemente violare le regole, o giustificare chi viola le regole. Non è disobbedienza civile evadere le tasse o guidare contromano. Disobbedienza civile significa servirsi di un gesto pubblico eclatante per denunciare una legge ingiusta e le sue conseguenze nefaste, mettendosi la faccia, assumendosi la propria responsabilità a viso aperto.

Questo ha fatto Mattia Santori. E d’altra parte se non lo avesse fatto saremmo oggi qui a discuterne? Certo, potremmo continuare a fare come le tre scimmiette, non sento-non vedo-non parlo. Ci tranquillizza davvero il fatto che il piccolo coltivatore in proprio continui a essere equiparato allo spacciatore?


3 pensieri riguardo “Le canne e la giusta disobbedienza civile

  1. Quest’anno festeggiamo il centenario della nascita di Pasolini a Bologna…a Bologna che si straccia le vesti per un’intelligente provocazione di Santori. In nome della legalità. Ma cos’è la legalità senza la giustizia? Una legge che equipara un detentore di una modesta quantità di droga leggera per uso personale a uno spacciatore è uno scempio giuridico (con buona pace dei tanti benpensanti legalitari).

  2. Caro Aldo, non dovremmo neppure essere costretti a discutere del valore della disobbedienza civile. Chi lo fa si assume le responsabilità dell’azione ed è pront* a pagarne le conseguenze. Anche quella di venire sconfessato da chi non si è mai preso la briga di fare un’azione di disobbedienza civile in tutta la sua vita.

  3. Onore al coraggio della disobbedienza civile.
    Un remake di Pannella in tempi un po troppo perbenisti anche nella cosiddetta sinistra.
    Peraltro il tema legalizzazione cannabis se ben ricordo nasce in area liberale piuttosto di destra.
    Questo moralismo che lascia i giovani al coma etilico di stato risulta stantio.
    Poi occorre fare differenze tra quantità di principio attivo.
    Un bicchiere di vino non è come un super alcolico.
    Ma mandare in galera chi coltiva tre piantine è pura follia.
    La legalizzazione potrebbe fare chiarezza.
    Evocare il mostro droghe come se tutte le sostanze psicoattive fossero uguali non ha fondamento.
    Può far male anche la cannabis? Certamente,in particolare se se ne abusa. E per certe persone può non essere giusta. E bisogna vedere che tipo di cannabisve con quanto principio attivo.
    Come per il vino.
    Occorre una cultura delle sostanze non un becero consumismo.
    Che in Italia la cannabis diventi occasione di scontro ideologico la dice lunga sul decadimento della politica.

    Esiste poi il tema cannabis medicinale terapeutica per cure palliative e come antidolorifico con minori controindicazioni rispetto ad oppiacei di sintesi.
    Anche qui la strada è ancora lunga se pur legale.
    In ogni caso ben venga la disobbedienza civile per superare norme sbagliate
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