Addio alle armi

La battaglia per i diritti civili non è un blitzkrieg ma una lunga, a tratti estenuante, guerra di posizione. E se una veterana come Emma Bonino sente odore di maretta, per di più in un parlamento e in un paese a maggioranza di destra, forse è il caso di riporre momentaneamente l’arma nel fodero. Mattia Santori non è un veterano e nemmeno un ufficiale, ma una recluta che è uscita dalla trincea troppo presto ed è rimasta sotto il tiro del fuoco incrociato

di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB


Nel tentativo di analizzare quanto accade, a maggior ragione in una città come questa, esiste il rischio implicito di farsi trasportare da elementi molto umani e poco professionali. Un rischio che, sommandosi alla volgarità del pensiero binario di cui purtroppo è permeata la nostra epoca, induce inevitabilmente a parteggiare anima e core per l’una o per l’altra parte, con risultati a dir poco discutibili. È un pericolo che dovremmo sempre tenere a mente tutti, e io per primo. In fin dei conti, il distacco è il metodo migliore per garantirsi una discreta dose di oggettività.

Nel commentare le vicende che negli ultimi giorni hanno scosso la maggioranza di governo non starò a impelagarmi nel merito, poiché se n’è già ampiamente dibattuto e l’argomento non mi appassiona particolarmente: a Bologna trovare dell’erba è più facile che incontrare una fontana. Sicuramente è più banale. Preferisco invece concentrarmi sul metodo, come già avevo fatto in altra occasione. Perché oggi come allora, le idee di Mattia Santori spesso e volentieri sono condivisibili, ma quasi sempre sono espresse in maniera perlomeno “bizzarra”.

Nella maggioranza dei casi, i politici si dividono in due categorie: ci sono quelli di strategia e quelli di contenuto. C’è poi una terza categoria, certamente più rara, ossia i politici della speranza. E nel caso di Mattia la speranza è (era?) duplice, ossia che riesca a cambiare la politica, a patto che prima o poi impari davvero che cos’è.

Si parla sempre di politica in termini spaziali: destra, sinistra, centro; contenitori, steccati e recinti. Ma molto più che di spazio, la politica è questione di tempo. La battaglia per i diritti civili non è un blitzkrieg ma una lunga, a tratti estenuante, guerra di posizione. E se una veterana come Emma Bonino sente odore di maretta, per di più in un parlamento e in un paese a maggioranza di destra, forse è il caso di riporre momentaneamente l’arma nel fodero.

Santori non è un veterano e nemmeno un ufficiale, ma una recluta che è uscita dalla trincea troppo presto ed è rimasta sotto il tiro del fuoco incrociato. Chissà che la bandiera bianca, issata dal sindaco tra il Pd e Mattia, non lo aiuti quantomeno a rimettersi in piedi. Per ora giace lì, incastrato nel filo spinato, a ricordarci che si muore sempre soli e che la democrazia è un esercizio fragile, in larga parte poggiato sul principio di credibilità. Se viene meno quella, diventa difficile difenderla.

C’è poi un altro aspetto che mi piacerebbe analizzare, ed è quello del consenso. Perché qualunque eletto, non importa in quale istituzione, si porta dietro un gruppo più o meno nutrito di collaboratori, amici, elettori. I quali sono sempre pronti a incitare e a dare pacche sulle spalle, ma curiosamente dimenticano molto spesso la parte più importante, ovvero la critica costruttiva. Il problema di un simile atteggiamento, però, sta tutto nelle conseguenze: perché se la battaglia va male, come in questo caso, a rischiare l’osso del collo è soltanto uno. Tutti gli altri, una volta cessate le ostilità, torneranno a fare esattamente quello che facevano prima, senza patire troppo.

A Mattia, ma soprattutto ai suoi coetanei ancora abili e arruolabili del consiglio comunale, mi permetto dunque di dare un consiglio: quando dovete decidere cosa fare, è meglio ascoltare chi vi critica rispetto a chi vi esalta. Perché i primi lo fanno per eccesso di zelo, i secondi per eccesso di leggerezza. E la leggerezza, almeno in guerra, la si paga quasi sempre a carissimo prezzo.


3 pensieri riguardo “Addio alle armi

  1. ammirevoli le buone intenzioni, ma Santori è stato fatto arrivare dov’è per interessi e calcoli di gente con parecchio pelo sullo stomaco. L’invenzione del “politico della speranza” è fantasiosa e non priva di un certo estro -insieme a dosi infinite di magnanimità, diciamo così.

  2. Un rimbrotto d’altri tempi! Saggio, ma un po’ troppo furbetto.
    Tra gli infiniti esempi di politici di strategia e/o di contenuto, di cui l’Italia di ogni tempo è grande produttrice -e spesso vittima- abbiamo avuto, per caso e fortuna, anche sporadici esemplari sognatori politici, o per meglio dire sognatori oltre la politica. Esemplari, non esempi, visto che la loro apparizione nella nostra storia è, purtroppo, cosa
    rara. Parlo di “inascoltati” quali Dante, Francesco, Mazzini. Aggiungerei, per la mia modesta formazione, Pannella.

  3. Sarà forse che sono diventato grande e che più invecchio e più provo affetto per i giovani e che più cresco e più nutro stima per chi dimostra coraggio .
    Tra il gesto coraggioso e generoso del politico Santori e le cautele dei politici amministratori funzionari del mio partito. Io ho preferito Mattia.
    Certo , come dice Di Biase, poteva riflettere , calcolare e ponderare … magari lo ha fatto e si aspettava un seguito . Invece nulla , niente , deserto. É uscito da quella trincea smarcandosi da un esercito di disertori. Lo ha fatto senza pensare? Non credo , se così fosse comunque non avrebbe sbagliato , come non si sbaglia mai ad essere se stessi , come non si sbaglia mai a dar retta a quel vecchio proverbio siciliano e fare la prima cosa che viene in mente quando si é motivati dalla buona fede e dall’amore per la cosa pubblica.
    “Chiú longa é a pinsata ….chiú grossa é a minchiata.”
    Bravo Santori che non ci ha pensato due volte.

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