La politica si fa nella società, non in televisione

«È la sintesi di un programma di riforma del Pd. Il problema più urgente non è chi farà il Segretario, ma chi voterà Pd fra cinque anni. Ho dovuto votare di nuovo Casini, gesto contro natura. L’alternativa richiede molto lavoro: scrollare la politica della sinistra dai vertici romani e dalle burocrazie. Questo giornale ha fatto una battaglia a favore delle Primarie per l’elezione del sindaco. Scelta obbligata dallo Statuto ma osteggiata fino all’ultimo dagli apparati locali: quella è una strada promettente che andrebbe rafforzata»

di Roberto Bin, costituzionalista


Bene, quello che si temeva è accaduto. Ora però, leccate le ferite, bisogna pensare a che fare, come rigenerare una sinistra che – diciamolo – meritava di perdere le elezioni.

Ci sono ricette disponibili? Sì, ma alcune mi sembrano perdenti già in partenza. L’idea di esportare il “modello Emilia-Romagna” a livello nazionale, e magari elevare anche il suo maggior interprete alla segreteria nazionale del Pd, a me sembra sbagliata. Bonaccini ha vinto le elezioni regionali grazie all’apporto decisivo delle Sardine, non alle larghe intese con questo o quell’esponente di una supposta “sinistra”. Vi ricordate le piazze ricolme di gente, soprattutto, ma non solo, dei c.d. “giovani”? E in precedenza i cortei, di donne soprattutto, che sfilavano sotto i cartelli “se non ora quando”? Uno spettacolo mai più rivisto. Ma anche un segnale della direzione in cui marciare.

Per l’ennesima volta ho dovuto votare Casini. Un voto che, per uno che è stabilmente collocato a sinistra fin dalla più tenera età, è un gesto contro natura che, me lo ripeto ogni volta, non compierò mai più. Ma c’è un’alternativa?

Sì, l’alternativa c’è, ma richiede molto lavoro. Si tratta di scrollare la politica della sinistra dai vertici romani e dalle burocrazie di partito e riportarla laddove la sinistra deve fare politica. Questo giornale ha fatto una battaglia a favore delle Primarie per l’elezione del sindaco di Bologna: scelta obbligata dallo Statuto del Pd, ma osteggiata fino all’ultimo momento dai suoi apparati locali, gelosi del potere detenuto e contrari a rinunciarvi. Ma quella è stata una strada promettente che andrebbe rafforzata e estesa.

Si tratta di investire nel territorio, nelle sezioni: non per usarle come tappe di un rituale che celebra le decisioni dei vertici burocratici, ma per incentivare le loro iniziative sociali e fornire le risorse necessarie. Si tratta dunque di togliere risorse dalle segreterie nazionali, disincentivare la politica-spettacolo, disperdere i gruppi di potere che popolano le anticamere dei vertici politici (nazionali e locali), liberarsi dai giovani rampanti tutti in giacca, cravatta e zainetto, e sostenere invece le iniziative promosse dalle sezioni locali più attive (e anche a Bologna ce ne sono), elevandole a modello per quelle che attive non sono ma che bisogna sollecitare a diventarlo. C’è bisogno di scuole di politica, di incontri tematici con la società (quelli che un tempo erano gli “attivi” del Pci), di rinsaldare i contatti con tutti coloro che (e molti sono i giovani) si impegnano nel sociale e della politica soffrono le scelte sbagliate, gli atti di potere che non sono in grado di capire, compiuti da persone che coprono cariche e non conoscono la realtà che governano.

“La politica si fa nella società, non in televisione”, questo mi sembrerebbe la sintesi di un programma di riforma del Pd, capace di riportarlo in una società non ristretta alla sola Ztl. Il problema più urgente da risolvere non è chi farà il Segretario nazionale del Pd nei prossimi mesi, ma chi voterà per il Pd fra cinque anni.

Photo credits: Ansa.it


6 pensieri riguardo “La politica si fa nella società, non in televisione

  1. Finché si continuerà a fare della filosofia e a farsi percepire come teorici della politica anziché come “uno di voi, che vive in mezzo a voi, che conosce le cose e ha idee concrete su cosa/come fare”, i cittadini (non gli “elettori”, ma i “cittadini”) non si sentiranno rappresentati. Parlare semplice, dimostrare di comprendere e di “fare”. E prendere a calci quelli che nel proprio partito pensano a difendere la poltrona anziché lavorare per la collettività (sia individui che imprese).

  2. Da dove si comincia ? Io non sono una leader, sono una gregaria oggi. Qui da noi (Bo) l’apparato è troppo forte e ben piantato, si sono mangiati anche le sardine, con la lisca. Cominciamo dai territori, sì, ma con chi ? Con i cloni dei potenti locali di oggi ? Sono, siamo, molto demoralizzati. Aspettiamo qualche giorno che la botta smetta di pulsare.

  3. Cara Lucilla, sono uno dei quattro fondatori di 6000 sardine. Il movimento non è stato fagocitato dal PD o da apparati di potere. Consapevole di questo rischio, è tornato “sotto la superficie del mare” a svolgere un lavoro carsico e silenzioso. La pandemia ha certamente contribuito a depotenziare la spinta iniziale. E solo in pochi hanno deciso di confluire nel PD, cogliendola come opportunità e come occasione per fare esperienza istituzionale dall’interno. Il vero lavoro inizia ora. Solo sconfitte elettorali come queste possono essere il vero germe della rinascita, nel solco di una sana alternanza democratica. L’imperativo è non perdere i principi democratici per strada..

  4. Molto bene questa volontà di fissare da subito la spinta che viene dal bruciore di una botta che non è meno dolorosa per essere stata prevista.
    Le “doléances” vanno teorizzate, ma non tradotte in politichese.
    Ma niente calci, per favore! Abbiamo bisogno di una catena di trasmissione di idee e di servizi. E tutti siamo utili se responsabili.
    Banalità??? Forse. Ma il lavoro è fatto anche di gesti banali.

  5. C’è chi ha dovuto votare Casini ma anche Merola. Traduzione: dove è scritto che ciò che sta a sinistra (sinistra???) è sempre meglio di ciò che sta al centro? Passante di mezzo docet. Il lucido realismo di Lucilla Pieralli è una lezione politica molto condivisibile.

  6. La presidente del PD, sindaca di Marzabotto, è rimasta impigliata nella rete diabolica del ‘proporzionale’ di questa incredibile legge elettorale. Nel trionfalismo che, pur dopo questo esito elettorale, predomina nella realtà bolognese, c’è questa grave smagliatura.

    Certo è che la bocciatura di una cosi rilevante personalità dipende da errori nazionali che il ‘territorio’ non è riuscito a correggere. Ma il dato simbolico è evidente e impietoso. Lo riconosce anche Federica Mazzoni che, nonostante il ruolo che ricopre, non riesce a nascondere l’errore politico compiuto.

    Non voglio ,ex post, fare nomi con riferimento agli eletti e alle elette. Le persone sanno giudicare e valutare. Mi limito a osservare che anche la fulgida realtà bolognese del PD esibisce una smagliatura grave, forse senza averne colpa. Valentina Cuppi con signorilità ringrazia quanti avevano lavorato per sostenere il PD. Credo che gli esiti positivi della realtà bolognese non possano impedire di valutare il disastro che ha colpito il partito.

    Quando nacque questo PD, Emanuele Macaluso scrisse un saggio: ’Al capolinea ‘.Fu profetico. Non è tempo di fare totonomi. Bisogna avere la forza di aprire una discussione profonda a partire dai circoli. Non siamo da tempo più abituati a confrontarci e a dialogare. Non ci sono più i ‘dibattiti’.

    L’esito elettorale è per il PD allarmante. Spero che si apra una fase costituente per cercare di dare voce a tante energie che si sono assopite. Il problema è che non abbiamo gruppi dirigenti capaci di sollecitare il confronto, prima di tutto fra le iscritte e gli iscritti.

    Entriamo comunque in una stagione difficile. Vedremo come si riuscirà a fare ‘opposizione’ in parlamento. In tempi lontani si diceva che l’opposizione deve essere ‘di governo’. E poi non possiamo mai dimenticare che gli elettori diminuiscono sempre di più; anche alle ‘amministrative’ c’è stato un bel segnale. Forse rimosso. Ci attendono prove inedite Non di nomi c’è bisogno ma di idee. E di un bagno salvifico nella drammatica realtà che ci attende prima di tutto sul piano sociale.

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