Ecco perché De Maria, Bonaccini, Lepore e Casini hanno vinto, ma il Pd ha perso
di Aldo Balzanelli, giornalista
Il Pd si lecca le ferite dopo la sconfitta elettorale e per provare a rinnovare i fasti della sinistra evoca spesso il “modello Emilia”. Si tratta, par di capire, del “campo largo” che ha fatto vincere Bonaccini e Lepore, operazione che non è riuscita a Letta. Questa questione rischia di restringere la discussione congressuale al tema delle alleanze (con o senza Conte, con o senza Calenda/Renzi) insieme, ovviamente, a quello dei nomi dei candidati alla segreteria.
Credo vada segnalato che c’è un altro “modello Emilia” che andrebbe introiettato se il Pd vuol davvero aprire una stagione nuova che lo riporti a candidarsi alla guida del Paese. Mi spiego utilizzando l’esempio del collegio nel quale è stato eletto Andrea De Maria. Si trattava di un collegio decisamente contendibile, per nulla scontato, considerato a rischio. Contiguo peraltro a un altro collegio giudicato invece sicuro per il centrosinistra, quello nel quale è stata poi eletta nello sconcerto generale l’avvocatessa modenese di Fratelli d’Italia.
Bene. In cosa consiste il “modello Emilia” che ha permesso a De Maria di prevalere nonostante i pronostici molto incerti? Consiste nella suola delle scarpe consumata. Significa tanto lavoro sul territorio, centinaia di incontri, ascolto dei cittadini, occasioni di confronto sui temi che stanno a cuore alle persone. Non soltanto alla vigilia del voto, quello lo fanno tutti, ma durante tutto l’anno, cercando di diventare un interlocutore credibile per chi sarà poi chiamato a scegliere dove mettere la croce sulla scheda.
La chiave del successo di De Maria è la stessa del presidente della Regione Stefano Bonaccini, che ha condotto la sua campagna elettorale casa per casa, Comune per Comune, e anche dopo l’elezione non ha smesso di “battere il territorio”. E la stessa cosa hanno fatto, e stanno facendo, la sua vice, Elly Schlein, e il sindaco Matteo Lepore. Una pratica adottata da sempre anche da Pier Ferdinando Casini, che a sua volta, quando è a Bologna, non risparmia la suola delle scarpe e probabilmente per questo è riuscito a superare la diffidenza di tanti elettori di centrosinistra.
Quello che intendo dire è che i risultati elettorali positivi sono frutto di tanto lavoro, di tanta fatica, e soprattutto sono figli di una pratica considerata troppo spesso superata in un’epoca che sembra dominata dai social: l’incontro con le persone, l’ascolto dei loro problemi, dei loro sogni, delle difficoltà. Una pratica spesso abbandonata per lasciare il posto alle riunioni di corrente, ai caminetti dove tutto si decide, ai posizionamenti per ottenere un posto qui o là, alle comparsate tv, alla cura ossessiva dei social che nella loro bolla illudono di essere strumento efficace di rapporto con le persone.
Insomma: d’ora in poi prima di eleggere un segretario o scegliere un candidato utilizzate il “modello Emilia” e controllategli la suola delle scarpe.
È una pratica antica: tutti noi ricordiamo i racconti, più o meno ammantati di leggenda, di re e governanti che, camuffati con umili vestiti per non essere riconosciuti, andavano nelle strade e nelle osterie per ascoltare di persona gli umori veri della gente. Solo vivendo in mezzo alle persone e ascoltandole senza filtri si possono capire le loro necessità e fare scelte adeguate. Altrimenti è pura teoria astratta.
Ineccepibile; infatti i vari account Tiktok aperti da alcuni esponenti politici (anche molto anziani) non hanno ottenuto riscontri positivi bensì il ridicolo per essi stessi.
Ti sei dimenticato la Zampa;ha consumato i tacchi; la fai facile secondo me
Spero che, prima di entrare nelle case o sedersi attorno ai caminetti, si rilegga qualche testo sulla storia delle idee in modo tale, come minimo, di indirizzare la conversazione.
Noi vogliamo essere col popolo, ma con mente vigile.