Adriana Locascio: «Gli elettori non si riconoscono in questo Pd»

La presidente del Quartiere San Donato-San Vitale, molto critica rispetto all’ultima campagna elettorale, auspica l’anticipo del Congresso e chiede al suo partito di cercare risposte sui temi più importanti per i cittadini: ambiente, lavoro e welfare

di Barbara Beghelli, giornalista


A chi le chiede se il Pd deve sciogliersi lei risponde decisa «ma nemmeno per idea». E che Adriana Locascio abbia un sogno totalmente opposto a questo, ovvero che la grande comunità del Pd possa vivere una rinascita (e non una cancellazione) in un Paese in cui possano emergere le qualità di un partito che però deve cambiare pelle, lo si percepisce parola dopo parola. E se, come pare, le Primarie saranno a fine gennaio, ecco che Adriana Locascio, presidente del quartiere San Vitale-San Donato, approva la decisione e tira – finalmente – un sospiro di sollievo.

Iscritta al Partito Democratico dal 2012, di origini salernitane e laureata in Scienze Biologiche a Bologna, insegnante in aspettativa, viene coinvolta fin da subito nell’organizzazione del Circolo Pd San Donato Centro curandone la comunicazione, il tesseramento e l’apertura degli spazi. Tutte esperienze che l’hanno poi portata ad appassionarsi alla militanza politica e alla prima esperienza amministrativa come consigliera di quartiere e segretaria di circolo, appunto. Una partenza dal basso, come era e «come dovrebbe essere».

Il polso sul territorio non le manca: come vede la situazione del Pd in previsione del Congresso?

Gli elettori faticano a riconoscersi in questo Pd, d’altronde chi non arrancherebbe riflettendo sulla campagna elettorale delle Politiche fatta parlando solo dell’avversario politico e quasi per nulla di quello che interessa alla gente? Il partito ha messo da parte il programma, ad esempio sui temi ambientali, quelli di maggiore interesse per l’elettorato, che invece erano articolati nel modo giusto. Insomma, abbiamo lasciato che gli elettori leggessero da soli il programma e realizzato l’ennesima campagna personalistica, così ogni candidato, nella maggior parte dei casi, è andato per la sua strada. E gli elettori pure.

Lei era alla riunione dei Giardini Margherita del 5 novembre, quella dei cosidetti ‘autoconvocati Pd’. Cosa è emerso, quali volontà, cosa cercate?

Ci tengo a precisare che non avrei potuto partecipare alla manifestazione per la pace a Roma a causa di impegni già presi. Ho seguito con interesse la genesi di questo incontro e quello che è emerso è un contributo di idee importante. Prima di tutto anticipare il Congresso e mostrarsi capaci di fare opposizione, perché senza una dirigenza consolidata rischiamo di fare opposizione solo sui singoli temi e nei singoli territori. Ma bisogna anche cercare le risposte ai problemi delle persone, ad esempio: siamo alla prima settimana di accensione dei termosifoni, quale sarà l’impatto delle spese sulle categorie vulnerabili? Le priorità sono temi seri: l’ambiente, il lavoro, il welfare di comunità.

Pensa che sia giunto il momento di una donna segretaria anche per il Pd, De Micheli o Schlein?

Meglio una figura che sia riconoscibile come leader politico. In Emilia-Romagna le conosciamo entrambe, ma nel resto del Paese? Sono la prima segretaria del Circolo San Donato, gli iscritti e i militanti nemmeno ci avevano fatto caso, nei Quartieri siamo cinque Presidenti donne su sei, e con questo mi chiedo: dobbiamo avere una donna come leader per il gender mainstreaming?

Lei è Presidente di Quartiere S. Donato S.Vitale, 86mila residenti, in pratica una città. È una zona amministrativamente e politicamente difficile da gestire, per il Pd?

Non ci sono zone cronicamente difficili, pur riconoscendo la complessità di alcune aree, ci sono invece condizioni molto diverse che conducono a situazioni difficilmente prevedibili. Le maggiori criticità sono state provocate dal periodo di emergenza che abbiamo vissuto, che è stato molto destabilizzante, perché il lavoro fatto precedentemente è stato messo completamente in discussione. Si tratta di problemi legati alle fasce di popolazione più deboli, adolescenti e anziani, di interventi economici e della cosiddetta ripartenza, la ricostruzione; il Pnrr non le ha prese abbastanza in considerazione. Non riusciamo ancora adesso a fare tornare i conti con i costi sociali e a essere realmente convincenti sul fatto che la prevenzione di alcuni fenomeni conviene a tutti. E questo ha un peso, e l’avrà sempre.


2 pensieri riguardo “Adriana Locascio: «Gli elettori non si riconoscono in questo Pd»

  1. Fate pure il congresso …ma nn cambierà nulla. Bisognerebbe azzerare la classe dirigente attuale e liberarsi di tutti i radical chic presenti …che con il territorio, a tutti i livelli, non hanno nessun dialogo…dovremo cercarci un altro partito…purtroppo vedo solo i 5 stelle

  2. Con il massimo rispetto, questo intervento pone qualche interrogativo. Soprattutto dove si lamenta delle deficienze del suo partito e della sinistra in generale per l’incapacità di coinvolgere la mitica base, il “popolo”. I Quartieri a Bologna SAREBBERO nati per una vera “rivoluzione “ del concetto e della prassi della partecipazione dei cittadini al governo della propria città.

    Premesso che l’attuale legge sulle Città Metropolitane deve essere cambiata e così pure le funzioni delle Province, in questi ultimi lustri, nella quasi totalità delle città che istituzionalmente hanno i Quartieri ( le Città Metropolitane e le città con più di 299.000 abitati) pur nei limiti che impone l’attuale quadro legislativo, si è andati verso i “ Quartieri Municipio” con l’aumento di funzioni, sia di gestione sia politiche. Invece negli ultimi due lustri il Comune di Bologna ha praticamente svuotato di funzioni gestionali e peso politico i Quartieri, riducendoli a meri organi di indirizzo totalmente gregari e subalterni al Sindaco e alla Giunta.Nessuno se la prenda ma è così, ad esempio l’attuale tour del Sindaco nei Quartieri dà l’impressione, certamente non voluta dal Primo Cittadino, di una visita di un Direttore Generale. Lo stesso molto pubblicizzato “Bilancio Partecipato“, null’altro è che un cadeau della Giunta ai Quartieri, una sorta di paternalismo comunale.

    Poi, questo è grave, il Comune ha imposto, nel silenzio totale dei Quartieri( escluso un unico caso) una sorta di gigantismo: in una città che non arriva ai 400.000 abitanti abbiamo tutti Quartieri con più di 50.000 abitanti e in qualche caso proprio come quello del San Donato San Vitale, con 70.000 abitanti. Tutti i nuovi Quartieri sono privi di identità storica, eppure anche le periferie hanno una storia. Per non parlare poi della fesseria ( mi scuso ma non trovo altro termine ) del centro storico diviso tra Quartieri diversi. È sicuro che in Paradiso, là dove sono senza dubbio, Dossetti e Ardigò sono piuttosto arrabbiati per come la lori eredità, proprio a Bologna, è stata tradita

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