Inaugura la mostra sulle figure in cera del Settecento bolognese, genere artistico a lungo considerato privo di valenze estetiche e adesso riscoperto attraverso un’esposizione di forte impatto visivo
di Ilaria Chia, giornalista
Statue a grandezza naturale dal carattere illusionistico, volti di uomini e donne indagati con straordinario realismo anche grazie all’applicazione di capelli, sopracciglia, occhi in vetro, inserti di stoffe e accessori. Si possono ammirare lungo il percorso della mostra Verità e illusione. Figure in cera del Settecento bolognese, la prima rassegna dedicata alla ritrattistica in cera bolognese che fiorì in città proprio nel XVIII secolo.
L’esposizione, allestita al Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini con la curatela di Massimo Medica, Mark Gregory D’Apuzzo, Ilaria Bianchi e Irene Graziani, raccoglie 18 opere (16 figure in cera e due terrecotte), in parte già presenti al Museo Davia Bargellini e in parte provenienti da collezioni private e chiese bolognesi. Il percorso espositivo si snoda in due sedi, il Museo Davia Bargellini e il Museo di Palazzo Poggi, dove sono custodite le cere anatomiche per le quali Bologna nel Settecento diventò pionieristica.
Proprio dalla volontà scientifica di indagare il corpo umano prese impulso in città una ricca e variegata produzione artistica, rappresenta in gran parte da soggetti religiosi, tra i quali il busto eseguito da Filippo Scandellari con Anna Maria Calegari Zucchini, una tessitrice analfabeta e di modeste origini che ebbe fama di donna devota fino a incarnare un nuovo modello di santità. Le figure in cera attraversano anche la dimensione mondana, come nel caso dei ritratti degli aristocratici Francesco e Paolo Patrizio Zambeccari, modellati da Luigi Dardani e Nicolò Toselli. Molto suggestive sono anche le cosiddette «teste di carattere», ritratti di giovani di modesta estrazione, come i due esemplari provenienti dalla Fondazione Cavallini Sgarbi. Opere che dialogano a distanza con l’Autoritratto di Anna Morandi Minzolini, esposto a Palazzo Poggi, dove la scienziata si raffigura in abiti ricercati mentre sta compiendo la dissezione anatomica di un cervello.
«È una mostra scaturita dallo studio e dal restauro che vuole proporre nuove chiavi di lettura», spiega Massimo Medica, direttore dei Musei Civici d’Arte Antica, che cita le due mostre sulla ceroplastica già realizzate a Venezia del 2012 e a Francoforte sul Meno nel 2014. Un’esposizione che «punta l’attenzione su un momento straordinario della città, il Settecento bolognese, e che colpisce per la forza dei volti che esprimono emozione e inquietudine», commenta Elena Di Gioia, delegata del sindaco alla Cultura. Proprio la resa iperrealista dei soggetti rappresenta uno degli aspetti più suggestivi di questa tecnica artistica, dal momento che nemmeno nella pittura del tempo, attentamente indagata in un saggio del catalogo dalla docente Graziani, si trovano esempi di identica forza espressiva.
Durante il periodo di apertura, 19 novembre 2022 – 12 marzo 2023, sono previste visite guidate per gli adulti e laboratori per bambini. Nel 2023 si svolgerà un ciclo di conferenze di approfondimento presso il Museo Civico Medievale di Bologna.
In copertina: Ceroplasta bolognese (seconda metà del XVIII secolo), Testa di fanciulla, cera policroma, tessuto, tessuto incerato, capelli e setole, vetro, teca 49 × 42 × 19 cm. Ro Ferrarese, Fondazione Cavallini Sgarbi. Photo credits: Fondazione Cavallini Sgarbi
Quelle cere sono un esempio della civiltà della conoscenza di Bologna nell’epoca dei lumi. La mia idea è una mostra della Bologna dei ‘700, la Bologna “lamberiniana”, dell’Accademia delle Scienze, del “ Governo misto “ dove i bolognesi avevano inventato il federalismo con vari secoli di anticipo. La Bologna dove i Professori universitari avevano ottenuto una forte autonomia con un finanziamento per l’Università del tutto autonomo , sia dal potere locale, il Senato, sia dal potere centrale il Cardinal Legato, che rappresentava il Sovrano ovvero il Papa. Questo attraverso l’incameramento di cespiti fiscali. La Bologna dove, per la prima volta delle donne all’Università andarono in Cattedra.
La Bologna settecentesca era una città cosmopolita la cui classe dirigente aveva interessi europei. Fra i tanti meriti dell’Unità d’Italia a Bologna ci fu un demerito: nella città prevalsero gli interessi agrari ed una visione provinciale, la nuova borghesia ottocentesca, rimosse quasi vergognandosene la storia e la memoria dei secoli di età moderna, inventandosi un medioevo che era vero solo nelle proprie fantasie.
Per questo una grande mostra – a Bologna abbiamo qualità memoria storica e intelligenze per farla – sulla città nel ‘700 in età illuministica sarebbe una grande e bella iniziativa che riempirebbe un vuoto.