«Ascoltare la gente», nuova parola d’ordine nel post batosta elettorale. Pancia e orecchio a terra come in un film western tosco-emiliano. Correnti divise su tutto in vista del congresso, ma unite su questa formula ritornello che piace a Bonaccini come a Schlein. E c’è chi invoca un amministratore locale alla guida, meglio se proveniente dalle ex regioni rosse che pure sono passate alla destra il 25 settembre. Ma a Bologna torna in mente la beffa del Passante, un finto ascolto
di Achille Scalabrin, giornalista
Ascoltare: ecco la nuova parola d’ordine nel Pd post batosta elettorale. «Mi metto in viaggio con zaino e taccuino per ascoltare la base» (Elly Schlein). «Bisogna saper ascoltare e parlare con chiunque ti trovi davanti» (Stefano Bonaccini). «È possibile coniugare il metodo della gentilezza e dell’ascolto con un linguaggio concreto e sobrio» (Dario Nardella). «La buona politica è quella che incontra i cittadini, e ascolta i loro problemi veri e quotidiani» (Matteo Ricci).
Echi prodiani, si potrebbe dire, accompagnano la corsa alla conquista del “nuovo partito”, rimandi forse inconsci alla linea indicata dal Professore a ottobre: bisogna tornare a parlare dei problemi di cui si discute a tavola, in famiglia, la sera. E così, dopo mesi buttati con domande pseudo esistenziali tipo «cambiamo solo il nome o anche la politica? facciamo il congresso rigeneratore a marzo o a febbraio? ci sciogliamo o ci rinnoviamo?» (esilarante rifacimento di Ecce Bombo: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?»), eccola lì la parola buona per la stagione inverno-primavera, la parola che unisce le componenti Pd divise su tutto il resto: ascoltare. Fosse un film western (o forse lo è?), si vedrebbero tanti dirigenti dem nei panni di pellerossa, pancia e orecchio a terra, intenti ad ascoltare i rumori in lontananza, pronti a indicare la pista da seguire per evitare agguati o per portare l’attacco sul nemico. E ovviamente ogni capo tribù pellerossa indicherebbe una diversa via.
Tutti a dire «bisogna ascoltare la gente», nessuno a ricordare che l’uso smodato, ripetitivo, generico delle parole le rende vuote, insignificanti, vacue. Quindi foriere di altre delusioni in chi aspetta solo fatti concreti, dopo anni di formule politichesi e perdenti. La parola-ritornello non lascia spazio all’analisi, al giudizio. «Se il Pd non prende coscienza del disastro in cui è finito, non c’è alcuna speranza», ha avvertito uno dei padri fondatori dell’Ulivo, Arturo Parisi. Dei 100 voti raccolti alla sua nascita nel 2008, il 25 settembre al partito gliene sono rimasti 44, secondo i calcoli di Parisi. E stando ai sondaggi successivi, oggi sono ancora meno. Una disfatta che mette sullo stesso banco maggioranza, minoranza e – perché no? –scissionisti, specialisti in personal community. Tutti innocenti significa nessun innocente.
Ascoltare. Basta la parola, diceva la vecchia pubblicità di un lassativo. In questo caso, non vale, perché servono soprattutto le idee e i fatti per riprendere il cammino. «Il problema è lo snobismo, l’elitarismo del Pd, che fa sentire esclusi quelli che sono ‘fuori’», Prodi dixit. E ancora: «La continuità e la ristrettezza del gruppo di potere per forza di cose lo fanno parlare solo all’interno della propria cerchia. I dirigenti non se ne vogliono mai andare come in certi governi africani».
Meditate gente, meditate, per dirla alla Renzo Arbore. Ma il partito che negli ultimi 14 anni è stato guidato da dieci segretari si avvia confusamente a scegliere l’undicesimo. E nel farlo c’è chi distribuisce specchietti per allodole: «È necessario adesso affidare la segreteria a chi ha esperienza di amministratore locale, a chi conosce il territorio». Bersani, Renzi, Zingaretti da quale pianeta arrivavano? Verso quali «magnifiche sorti e progressive» hanno lanciato il Pd? E poi ci sono quelli che assicurano che solo chi si è temprato entro i confini tosco-emiliani è in grado di fronteggiare la marea nera, dimenticando di aggiungere che il Pd alle ultime politiche era il frontman di una coalizione che ha visto la destra prevalere in entrambe le regioni.
Mentre in tanti si affannano a tratteggiare il profilo di un partito in ascolto (dopo anni trascorsi nella condizione di audioleso), scorrono davanti agli occhi dei cittadini bolognesi le immagini della “Costituente” convocata in via Andreini, 270 iscritti di buona volontà riuniti attorno ai tavoli di confronto nella speranza di fermarsi prima del baratro. Alla mente dei medesimi cittadini torna però il ricordo della consultazione beffa organizzata da Comune, Fondazione Innovazione Urbana e Società Autostrade sul Passante di mezzo. È sempre bene diffidare di chi ascolta sapendo che non cambierà idea o atteggiamento.
Ascolta, si fa sera.
Photo credits: Ansa.it
Forse bisognerebbe prendere qualche cittadino frustrato per il mancato ascolto dei suoi bisogni e metterlo a insegnare ai politici come si fa a non deludere i cittadini
Tra l’ascoltare e il fare c’è di mezzo il selezionare (idee e dirigenti, come uovo e gallina)