Il sindaco Matteo Lepore definisce la fase costituente del Pd “scatola vuota”, rimarcando come unica proposta emersa la sua: cambiare la denominazione alla ditta aggiungendo la parola “Lavoro”. Eppure proprio a Bologna pochi giorni fa centinaia di persone si sono trovate insieme per elaborare migliaia di proposte di sviluppo. Che fine faranno?
di Maurizio Morini, iscritto al Pd a Granarolo Emilia dal 2007
Il Pd bolognese, stretto tra esigenze di bilancio, volontà di rilancio e scelte di campo “a priori”, ha mostrato comunque volontà e passione ritrovandosi a inizio dicembre (il 3 per l’esattezza) nella sala di via Andreini, in san Donato, con centinaia di persone presenti a confrontarsi sui cinque macrotemi posti al centro della valutazione, da economia e lavoro a sostenibilità, da digitalizzazione a diritti, da cultura a educazione. E hanno partecipato anche tante persone “di area Pd”, a conferma di un serio interesse sull’argomento.
Come sa chiunque lavori davvero, avendo a disposizione un gruppo di lavoro non certo infinito, per elaborare e portare a sintesi politica migliaia di proposte strutturandole in un possibile progetto evolutivo, qualche giorno è necessario.
Siccome l’iniziativa collettiva si è svolta il 3 di dicembre, è plausibile pensare che i volonterosi “facilitatori” che si sono dedicati a raccogliere le tante espressioni e i fattivi contributi predisporranno il tutto non molto prima di Natale, comunque in tempo utile per una discussione funzionale alle primarie del Pd che com’è noto si svolgeranno il 19 febbraio prossimo. C’è stato meno tempo per la campagna elettorale nazionale…E se non tutti si sono subito schierati a favore del “partito democratico e del lavoro” forse è anche perché la proposta di Lepore è essa stessa la dimostrazione plastica di una scatola vuota: «Intanto cambiamo il nome, poi vediamo cosa ci mettiamo dentro…».
Quello che colpisce in questa vicenda è l’incomprensione e il non ascolto da parte del sindaco Lepore e altri soggetti che si sono raccolti nella “Rosa Rossa” presentata il 10 dicembre (una settimana dopo l’iniziativa del Pd bolognese) delle istanze di impegno e condivisione “a priori” che il popolo democratico chiede.
Da tempo vari soggetti autorevoli, anche su Cantiere Bologna, ammoniscono sul “conservatorismo culturale” bolognese, e sul ridotto conclave autoreferenziato che ne determina le sorti. Anche Lepore in varie fasi era stato accostato a tali comportamenti e atteggiamenti, ma le recenti prese di posizione su vari argomenti sembravano presagire un cambio di rotta.
Quest’ultima affermazione sulla “scatola vuota” fa tornare indietro la valutazione, perché se Lepore lo ha detto consapevolmente, allora dimostra la non volontà di ascoltare quanto il popolo del Pd che lo ha eletto (non senza mal di pancia interni) ha da dire; se invece lo ha fatto inconsapevolmente, riferendosi al dibattito a livello di vertici e di politici rappresentativi, ha mancato in maniera duplice, perché ha reiterato una visione apicale ed esclusiva, e ha implicitamente bollato di “inconsistenza” il contributo, anzi i contributi, di persone di valore impegnate per il vero bene della sinistra democratica.
Insomma mi pare di poter dire che non basta essere un amministratore comunale per essere un buon politico di prospettiva (questa del partito degli amministratori è una deriva francamente non sostenibile in maniera incondizionata), e che soprattutto i personaggi con ruoli di rilievo in questa fase dovrebbero essere “educatori della politica” più che “tranchant influencer” o navigatori solitari.
In un recentissimo intervento sulla Pedagogia della Politica*, sono state ben evidenziate le 12 caratteristiche che un politico e/o un amministratore deve assolutamente avere per poter essere capace di “educare” gli altri. Si tratta di
- Gentilezza
- Ascolto
- Comunicazione
- Coraggio
- Domandare e domandarsi
- Tolleranza
- Spersonalizzazione
- Apertura
- Gestione dell’errore
- Consapevolezza
- Prospettiva
- Coerenza
Per ora, e questo vale sia per Lepore sia per tantissimi altri, siamo ben lontani dalla sufficienza al riguardo.
Ma almeno si può cominciare dal rispetto: rispetto per un popolo democratico che, in una fase molto complessa e altamente compromessa da scelte compiute proprio dai vertici della politica, in particolare a Bologna sta mostrando impegno e dedizione.
*Giorgia Morini, Riflessioni per una Pedagogia della Politica, intervento a Cittadinarsi, 5 dicembre 2022.
Photo credits: Partito Democratico di Bologna
Articolo serio ed utile
Sono del tutto d’accordo. Il PD non può ridursi al partito degli amministratori e degli apparati né ad una politica intesa come strategie di alleanza tra vertici. Ricordiamoci che Bonaccini ha vinto le elezioni regionali non perché abbia ben governato la regione o illuminato le masse con il suo pensiero politico, ma per la mobilitazione degli elettori, di cui il movimento delle “sardine” sono state l’esempio più evidente. Cambiare il nome del partito è l’ultimo dei problemi, è una proposta frutto di una cultura che scambia la politica con la pubblicità commerciale.