«La mia comunità politica di origine, le sardine, non esiste più. Ho scelto il Pd perché, al netto di alcuni tristi omuncoli in cerca di autore (che, va detto, esistono dappertutto), è quello che in questi anni mi ha invitato e coinvolto di più fino a propormi di fare parte di un progetto politico e dandomi la possibilità di candidarmi per diventarne parte attiva. Iscrivermi è un gesto di rispetto, impegno e coerenza. Felice di far parte della squadra degli outsider, quella di Elly Schlein»
di Mattia Santori, consigliere comunale
Ci sono tantissimi modi per vivere la politica, pochissimi per esserne protagonisti. Le sardine della prima ora, anche e soprattutto per tramite della mia bocca, andavano affermando una gran bugia in buona fede, ossia che tutto è politica e che basta poco per cambiare l’inerzia dei processi. Non è così, o perlomeno è vero solo in parte. Gli ingranaggi della politica, infatti, sono complessi proprio perché i sistemi democratici sono complessi.
Quella che è a tutti gli effetti una virtù, ossia la complessità, è purtroppo considerata da molti un ostacolo insormontabile. E nella triste logica che più il gioco si complica meno è attrattivo, vediamo calare senza pietà il numero di nuovi giocatori che si presentano al tavolo.
Informarsi, organizzarsi, formarsi, lottare, mobilitare, candidarsi, allearsi, studiare, amministrare, rappresentare, resistere, cambiare idea… Quanti di questi verbi trovate “scomodi”? Io tantissimi. Eppure, che ci piaccia o no, la democrazia è la migliore forma di gestione del potere che oggi conosciamo e la domanda posta in apertura di questo articolo si riproporrà inesorabilmente: vuoi esserne parte attiva o spettatore passivo?
Chiariamoci, non esistono solo i partiti come strumento di partecipazione e cambiamento. Ma il fatto che oggi siano i sistemi più in crisi, certamente segnala che è soprattutto da qui che bisogna iniziare il processo di restauro.
Ho aspettato tanto per fare la tessera al Pd, e se ho deciso di farla non è certo per bontà d’animo. Sfatiamo anche questo mito: la politica è fatta di calcolo e scelte ponderate. Perché se l’imprevedibilità è strategicamente un fattore positivo, l’impulsività ti porta spesso a scivolare in brutte acque, perché il terreno in questo campo è spesso sconnesso. Nel mio caso quindi, e non ho problemi ad ammetterlo, il calcolo c’è stato, e ha seguito tre principali direttrici di pensiero.
La prima: in politica è importante fare parte di una comunità. Da soli si va poco in là, e non solo perché si rischia di finire impallinati (Soumahoro insegna), ma perché le idee che viaggiano su più gambe sono più forti. La mia comunità politica di origine, le sardine, non esiste più, e tra le tante possibili alternative ho scelto il Partito Democratico perché, al netto di alcuni tristi omuncoli in cerca di autore (che, va detto, esistono dappertutto), è quello che in questi anni mi ha invitato e coinvolto con maggiore intensità e frequenza, fino a propormi di fare parte di un progetto politico e dandomi la possibilità di candidarmi per diventarne parte attiva. Prendere la tessera è quindi un gesto di rispetto, impegno e coerenza.
La seconda è la dimensione. Se vogliamo agire localmente pensando globalmente servono soggetti strutturati per praticare il cambiamento su tutti i livelli, dai quartieri all’Unione Europea. Certo, attualmente il Partito Democratico non brilla per efficienza strutturale, ma è indubbio che ad oggi si tratti della più grande comunità politica in Italia capace di combinare presenza capillare e rappresentanza su grande scala.
La terza è forse la più importante, e più che una direttrice è una convinzione: le finestre che un partito si concede per rigenerarsi sono rare, e solitamente durano poco. Al di là delle critiche legittime che si possono sollevare circa la (poca) profondità della costituente del Pd, mi pare che il congresso in cui i dem si stanno addentrando provocherà una forte ondata di riassestamento, e nello stesso tempo consentirà un’autoanalisi che nessuno dei partiti che hanno perso le ultime elezioni si è concesso. Non sottovaluterei infatti che, a differenza dei precedenti, si tratta di un congresso in cui il finale non è così scontato. Perlopiù con due candidati che mobilitano masse diverse, parlano lingue diverse, sono anagraficamente e geneticamente diversi.
Che ci si creda o no, c’è grande fermento fuori e dentro al Pd. E dove c’è energia in movimento c’è potenziale rigenerazione. Ovviamente, pur accettando il cinismo della politica, tiferò sempre l’imprevedibilità, specie se porta a un cambiamento radicale. Per questo sono felice di fare parte della squadra degli outsider, quella di Elly Schlein. Ne faccio parte non solo perché nelle parole di Elly vedo una convivenza più credibile tra giustizia sociale, climatica e lavorativa, ma anche perché tocco con mano ogni giorno il coefficiente rigenerativo che la sua figura suscita nelle persone sull’uscio del partito. Sono infatti convinto che in questo momento non bastino le idee ma servano le persone. Esattamente come lo pensavo nel momento in cui nacquero le sardine.
Allora ribaltammo i pronostici, chissà che non succeda anche questa volta.
Photo credits: Guido Calamosca
Appassionato; generoso.E’ assente pero’ a mio avviso la Storia, Machiavelli e poi,fondamentale,Gramsci.Inpresuppostinper dare impulso al cambiato; si tacie degli scandali recenti.Il presente e’ terribile; il futuro e’ incognito
In bocca al lupo Mattia, crederci è già una scelta propulsiva. Speriamo che questa volta la propulsione sia capace di organizzarsi, valorizzare e concretizzare. La nostra, quella delle Sardine, ha avuto il suo ruolo, senza riuscire a spingersi molto oltre il primo, fondamentale, obiettivo. Certo è stata casa per un periodo, e lascia punti cardinali in ognuna delle persone che ne hanno fatto parte. Chissà che non possano mettere radici altrove, quei semi… Nel PD potrà succedere solo se l’aratro riuscirà a spaccare in profondità lo sterile terreno attuale. Rigenerazione: vedremo. Certo, non possiamo che sperarci e operare ognuno dal cantiere che si sente più affine. A presto? Sarebbe bello, vorrebbe dire che “eppur si muove”. Un abbraccio