Se ci riflettiamo abbiamo più ipotesi sulla fine del mondo che sulla fine del capitalismo: è con una realtà ancora capitalista che dobbiamo fare i conti. E dunque al di là dei nomi il “socialismo” deve prospettare una società che si migliori con la forza della democrazia e che sappia tenere unite le idee e le ispirazioni, per dare condizioni di vita decente a tutti
di Andrea Benetti, pubblicista
Ohibò! Il mio amico Moscato mi trafigge il cuore di vecchio pensionato parlando di socialismo. Ma oggi? Lo voglio ancora pensare da elettore “partecipe” del Pd.
Intanto fermiamoci un attimo al risultato elettorale: siamo andati in fretta e furia a elezioni anticipate nel pieno di una situazione “terribile”, sprofondati nella crisi ormai più che cronica dei partiti che travolge ogni panorama politico, con una situazione economico-sociale estremamente pesante.
Situazione che storicamente “sposta” a destra: a me lettore di gialli, innamorato di Izzo, viene sempre in mente Marsiglia, roccaforte storica della sinistra con Deferre, caduta in mano ai lepenisti.
Si è votato con una legge che premia le coalizioni e la destra ha fatto un cartello elettorale, senza particolare collante programmatico, mentre la sinistra ha cercato l’accordo politico-programmatico non riuscendo a costruire la coalizione.
Sconfitta già nelle cose, ma comunque sconfitta grave, perché una forza politica deve misurarsi con la realtà e il Pd è stato sconfitto.
Dunque bisogno di ricominciare con grande consapevolezza e qui ritorna il problema del socialismo. Che non deve essere il problema di un nome, il “socialismo” appunto, che forse nel tempo è stato abusato-consumato (viene da ridere o piangere ripensando al nazionalsocialismo di Hitler o al socialismo di Stalin).
Per me socialismo vuol dire, oltre al nome, una politica, una prospettiva di cambiamento con i più deboli in ogni senso per dare dignità e combattere e cambiare le storture di questo mondo, di questa società.
Se ci riflettiamo abbiamo più ipotesi sulla fine del mondo che sulla fine del capitalismo: è con una realtà ancora capitalista che dobbiamo fare i conti. E dunque al di là dei nomi il “socialismo” deve prospettare una società che si migliori con la forza della democrazia e che sappia tenere unite le idee e le ispirazioni, per dare condizioni di vita decente a tutti.
Nel concreto, attorno ai problemi “tradizionali” del lavoro, della salute, dell’istruzione e dell’abitare, aggiungo il rispetto della donna e della Terra nel suo insieme. Per affrontarli è necessario creare un grande schieramento-alleanza a cominciare dai più deboli di oggi, gli emarginati, i giovani senza lavoro e senza prospettiva. Uno schieramento che si realizzi prima nella società che nelle aule.
Sapendo, a mio avviso, che il pensiero che ci deve guidare deve essere arricchito dalla tradizione della sinistra italiana socialcomunista, dai valori della dottrina sociale della Chiesa, dalla intelligenza laica. Insomma non posso star senza Nenni-Lombardi, Berlinguer-Napolitano ma nemmeno don Milani-Dossetti e sommessamente Zuppi.
Sapendo anche che da ogni crisi si esce guardando oltre la crisi e aggredendo i problemi che sono tra noi, nel nostro vivere quotidiano.
Da ultimo, parlando di socialismo vorrei anche che si superasse il modello novecentesco di partito, ma questa volta per tornare se possibile ancora più indietro, a un socialismo non come forza omogenea e accentrata ma come somma di forze, allora leghe varie, che sapevano essere autonome pur lottando insieme.
E con un occhio al Pd e al Congresso vorrei proprio che esistessero spazi adatti per questi apporti.
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“E con un occhio al Pd e al Congresso vorrei proprio che esistessero spazi adatti per questi apporti.” non conosco l autore ma la conclusione e’ la stessa che mi ronza nella mente da tempo