«Il nostro soldato da salvare è il Pd. Per farlo serve, aggiornando un vecchio detto, agire nel locale e nel presente e pensare globale e nel futuro. Esiste ancora una visione e relative conseguenze diverse tra conservazione (la destra) e cambiamento – trasformazione sociale (la sinistra) in particolare per quelli che sono alla base della piramide sociale o comunque ritengono che nelle comunità autorganizzate si viva meglio se oneri e onori siano equamente ripartiti»
di Fabrizio Sarti, ex sindaco del Comune di Bentivoglio
Per salvare il soldato Pd c’è un preciso senso di marcia per la sinistra. Lotte alle diseguaglianze e compiutezza dei diritti, allargamento del Sistema di welfare, valorizzazione dei beni comuni, sviluppo sostenibile e responsabilità sociale d’impresa.
La destra di oggi, intellettualmente disonesta per non voler fare i conti fino in fondo sul fascismo e il suo erede politico (Msi), nella sostanza pratica politiche di stampo conservatore: di sicurezza e ordine (…la pacchia è finita…), di meno stato (non disturbare) e di più mercato sregolato e delle corporazioni. La Sinistra, Pd compreso, si è battuta per i diritti ma ha smesso di essere soggetto di trasformazione della società con le idee, le battaglie, la coerenza e la tensione morale che serve. Nell’azione a Sinistra si fanno prevalere, nel presente, soggettivismi e personalismi, per ricavarci, immagino, qualche rendita di posizione che non è decisiva né sul piano elettorale né sull’assicurare benessere ai nostri concittadini nel lungo periodo. Nel frattempo il futuro, che è già tra noi, ci sta presentando un conto da risolvere che per esigenza di narrazione chiameremo di diverse povertà:
Ambientale: il riscaldamento globale, inquinamento atmosferico, inquinamento delle acque e l’acidificazione degli oceani; deforestazione, eventi climatici estremi. Insomma una forte alterazione del rapporto tra uomo e ambiente con conseguenze già oggi drammatiche sulla vita e sulla salute di molte persone;
Economica: la globalizzazione – che pur ha tratto fuori dalla povertà assoluta milioni di persone, ma è guidata da una corsa al ribasso dei costi e da un eccesso di finanziarizzazione che fa crescere la diseguaglianze sociali, tanto che non funziona nemmeno più l’ascensore sociale – sembra incapace, almeno in Occidente, di far crescere sia il Pil che il Bes. La digitalizzazione è una leva per accrescere la produttività di imprese e del sistema sociale, ma pone problemi di governo, del mercato del lavoro, dei divari delle conoscenze digitali che divengono divari nell’accesso ai servizi, del controllo severo dei dati profilati;
Salute: le Pandemie – oggi da Coronavirus, domani da Batteri ultraresistenti? – la persistente incidenza delle patologie tumorali (mille al giorno) hanno come fattore determinante o co-determinante l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo, come effetto dei nostri stili di vita ma anche di un alterato rapporto uomo-natura, della contaminazione tra diversi ecosistemi. Tutte queste cose propongono la necessità di una forte riorganizzazione dei Ssn;
Senso: siamo una società “stanca”, per dirla con Byung-Chul Han: «Tutto dipende non dal dovere ma dal poter fare». Un fare che se non ha valori e obiettivi di benessere comuni, un senso, da un lato premia unicamente una soggettività povera di relazioni, e dall’altro non sempre è in grado di rispondere alle aspettative sempre positive che il modello produttivo e di consumi oggi sembra proporci senza alternativa. Forse anche così si possono leggere la crescita degli antidepressivi, delle dipendenze, degli sballi del sabato sera, dei neet, del non fare figli, del rancore diffuso, della violenza verso se stessi e gli altri come affermazione dell’“esserci”.
Per questo credo che bisogna riflettere su cosa significa essere di sinistra e realizzare una nuova narrazione egemone che abbia quest’orizzonte di senso. Nella storia italiana, la sinistra ha rappresentato emancipazione per le classi lavoratrici e popolari, con azioni di cambiamento nella società italiana e soprattutto nei rapporti di lavoro, nella espansione del Welfare state, nella valorizzazione dei corpi intermedi e in particolare delle organizzazioni sindacali, attraverso le regole della democrazia e della legalità e con la partecipazione attiva di quelle “classi” e dei ceti medi.
Questa capacità di regolazione e cambiamento dei partiti di sinistra, che pur ha modificato in meglio il paese, in particolare negli ultimi decenni si è fatta sempre più labile: sono cambiati i rapporti di forza (il lavoro pesa meno nella ricchezza prodotta), i mercati funzionano 24 su 24 a livello mondiale con differenziali enormi di costo e produttività e il modello produttivo basato unicamente sui consumi sta consumando risorse vitali ed esternalizza costi ambientali insopportabili. Nella fondazione del Pd, per anticipare il nuovo, abbiamo buttato via il bambino con l’acqua sporca: mi pare che le socialdemocrazie se la passino un po’ meglio. Il riformismo, il buon senso, la responsabilità, si sono tradotti invece in moderatismo, e in parte sono stati percepiti come quiescenza ai modelli dominanti, partecipazione al potere, perdita di tensione morale.
Per essere sinistra=soggetto di trasformazione oggi il lavoro non basta più. Rimane un fattore di grande rilevanza nell’organizzazione della società e anche nella motivazione personale, ma non basta. Per evitare il declino serve promuovere e ispirare la nostra azione all’interno di quell’orizzonte di senso che ho cercato di delineare e che il congresso, per essere efficace, dovrebbe aiutare a definire.
Poi so bene che non basta aver ben chiaro le strategie, soprattutto nell’agire politico e amministrativo quotidiano serve anche la tattica. Ma dentro quell’orizzonte mi pare più chiaro il delineare chi siamo e cosa vogliamo, che consente anche di rendere possibili quei compromessi che l’azione di governo e amministrativa quasi sempre richiede per gestire fenomeni complessi come quelli in cui siamo immersi.
I beni comuni e il loro sviluppo, la loro manutenzione, la sostenibilità e la responsabilità sociale d’impresa possono essere i nuovi motori della crescita, e soggetti del cambiamento i giovani e le donne. Si deve valorizzare l’associazionismo, la cittadinanza attiva, il terzo settore… Ma anche qui servirebbe un cambio di passo. Abbiamo visto che tra il mercato e lo Stato è cresciuta da un lato un’area che dà risposte positive ai bisogni sostanziali delle comunità, ma occorrerebbe dall’altro prendere atto che l’interesse generale non può più essere rappresentato unicamente dal servizio pubblico.
Bene Anche Cuperlo La pensa come te