Ricominciamo dallo spazio, capitolo II: “Diritti alla città”

«Mentre Làbas e altre realtà vivono un processo di istituzionalizzazione che le porta fino al governo della città, nasce il collettivo Bancarotta, interessato agli spazi abbandonati di un’ex banca nei pressi della stazione. Il rapporto con il Comune, già minato da visioni contrapposte in termini di gestione di spazi pubblici, si incrina irrimediabilmente dopo l’occupazione e il successivo sgombero nell’aprile 2022»

di Giuseppe Scandurra, antropologo e docente dell’Università di Ferrara


Per riprendere da dove abbiamo interrotto, dobbiamo fare un altro piccolo passo indietro. Bologna, il 9 settembre del 2017, era già stata teatro di una partecipata manifestazione: dopo lo sgombero del collettivo Làbas dall’ex caserma Masini l’8 agosto, migliaia di cittadini invasero le strade del centro per urlare «riapriamo Làbas». Studenti, attivisti, mamme con bambini anche allora marciarono uniti sotto un unico striscione: “Contro ogni sgombero, autogestione”. Le proteste avevano lo stesso bersaglio: il modello bolognese, ovvero quello di una città governata da un’amministrazione (quella precedente, guidata dal sindaco Merola) grigia, chiusa, figlia della paura e della repressione. A questa, i ragazzi del collettivo contrapponevano la loro, ovvero quella caratterizzata da un modello di accoglienza aperto e solidale.

A ottobre dello stesso anno, però, l’associazione “Nata per sciogliersi”, proprio portando avanti il progetto Back to Làbas, si aggiudica il bando per la gestione temporanea degli spazi di Vicolo Bolognetti, nell’ambito del percorso promosso dal Comune dal titolo “Laboratorio cittadino dell’immaginazione civica”: «Pur non dettagliando diffusamente il modello gestionale e la sua sostenibilità economica», si legge in una nota del Comune, il progetto di “Nata per sciogliersi” viene infatti valutato come il migliore, anche in virtù dell’esperienza maturata nel quartiere durante l’autogestione dell’ex caserma. L’opposizione di destra tuona: «D’ora in avanti tutte le realtà autogestite che occupano indebitamente spazi, in caso di sgombero pretenderanno, e come loro dar torto, il medesimo trattamento!».

La parola che ha fatto da filo rosso a queste tre manifestazioni sembra essere proprio quella messa sul tavolo dell’opposizione, ovvero “spazi”: spazi insufficienti vista la ricchezza del tessuto associazionistico e dei tanti gruppi informali presenti in città che vorrebbero averne uno; spazi sulla cui assegnazione piovono molte critiche da parte degli stessi attivisti; spazi la cui responsabilità gestionale andrebbe ridiscussa. Eppure, la catastrofica previsione del 2017 pronunciata dalla destra bolognese, prossima all’ennesima sconfitta nelle elezioni amministrative del 2021, non si avvererà. Il caso di studio più esemplificativo verso la costruzione del “modello Bologna”, sarà invece quello di Bancarotta.

L’Urban Center, che, a nome dell’Amministrazione curava tutti i rapporti con il tessuto associazionistico bolognese (e più in generale la cittadinanza), facendo da regista a tutti i processi partecipativi in tema di trasformazioni urbane, è ormai una Fondazione. Nel 2019 un gruppo di attivisti, a due anni di distanza dall’assegnazione di uno spazio concesso a Làbas, partecipano a un Laboratorio promosso sempre dal Comune, e vincono anche questa volta: lo spazio è una banca dismessa nella prima periferia dietro la stazione, e per questo scelgono il nome di “Bancarotta”. L’attuale sindaco Lepore, a quel tempo, era assessore alla cultura, e gli attivisti vogliono parlare con lui: a loro avviso i bandi per assegnare gli spazi all’interno dei percorsi gestiti dalla Fondazione non vanno bene. Se l’amministrazione di Bologna non ha il coraggio di seguire la strada di De Magistris, almeno assegni alla cittadinanza spazi adeguati, si assuma la corrensponsabilità di ciò che avviene in quei posti e riscriva, insieme ai cittadini, un nuovo regolamento dei beni comuni dimostrando di essere realmente una città “progressista” e di sinistra.

Passano due anni in cui lo spazio assegnato rimane vuoto; l’assessore, intanto, è diventato il nuovo Sindaco e un pezzo della sinistra bolognese ha scelto di appoggiarlo con una lista elettorale. A Bancarotta, prima delle elezioni amministrative dell’autunno del 2021, viene risposto che il Comune gli spazi adeguati «li mette a valore, non a bando», che la responsabilità dello spazio attiene solo alle associazioni che lo gestiscono (in pratica l’amministrazione fa da semplice agente immobiliare), che Bologna è (la solita retorica) la città più avanzata in termini di beni comuni.

Gli attivisti di Bancarotta, che non hanno mai voluto prendere le chiavi dello spazio e firmare il contratto così come gli era stato presentato sul tavolo, nel marzo del 2022 occupano l’ex banca. Cronaca vuole, a nuova Giunta insediata, che nella prima settimana di aprile vengano subito sgomberati. Gli attivisti protestano poiché vorrebbero interloquire con il Comune, riaprendo un tavolo sui temi che loro stessi avevano evidenziato dopo aver vinto il bando per l’assegnazione della ex banca: quello della mancanza di spazi, quello relativo alla loro gestione, quello, infine, circa la loro responsabilità giuridica: «Se volete interloquire dovete uscire da quello spazio e poi partecipare a un bando le cui regole conoscete», gli viene risposto.

Quell’aprile accade, però, qualcosa di nuovo e inaspettato. Gli attivisti che hanno occupato l’ex banca non scompaiono ma si “sparpagliano” in tante altre formazioni. Con il collettivo “Infestazioni” riprende vita, dopo diverso tempo, una stagione di occupazioni in città (fino alla Street Rave Parade di dicembre 2022 se ne conteranno almeno tre). Prende sempre più forma la rete “Diritti alla città” che scrive un manifesto sui beni comuni (qui). Nasce un osservatorio sull’urbanistica a Bologna composto da studiosi e studenti che hanno uno sguardo critico sulle politiche promosse dall’attuale Giunta bolognese (qui).

Ma perché un tema apparentemente “marginale” quale quello sull’assegnazione e la gestione degli spazi, ha innescato un’agitazione e proteste così vibranti? (continua…)

Photo credits: Agenzia DiRE


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