A sinistra negli ultimi anni è successo di tutto e questo tutto ha partorito un enorme vuoto. Per un istante l’epicentro degli psicodrammi politici della sinistra ha preso dimora a queste latitudini, l’unica terra colorata di rosso nella mappa delle ultime elezioni nazionali
di Andrea Femia, consulente digitale cB
Sembra siano passati decenni da quando le sardine, che ancora non sapevano neppure di chiamarsi così, si davano appuntamento sul crescentone in Piazza Maggiore per poi raccogliere così tante persone da strabordare ben oltre i lati delineati dal Nettuno. La destra sembrava una minaccia seria capace di mettere in crisi il sistema valoriale della Repubblica fondata su una Costituzione tutto sommato bellissima, e da Bologna partì un meccanismo di autodifesa e di autotutela che sancì un percorso netto che portò Bonaccini ad affermarsi su Lucia Borgonzoni in regione, e Salvini a disgregare il suo enorme consenso.
Sembrano decenni, ma sembra anche l’altro ieri. È un po’ l’effetto che fa la storia quando corre troppo velocemente, non riesce a dare il tempo alle persone che la vivono di comprendere a pieno cos’è che sta succedendo che già si è immersi in un delirio totale. Le molecole che provavano a cristallizzarsi per definire un momento storico in un attimo si sono disgregate in tanti piccoli atomi che avevano una gran voglia di navigare per i fatti loro, e sì, l’ho presa lunghissima, ma era un modo come un altro per dire che se hai una pandemia che trafigge il pianeta, e in particolare i sistemi delle civiltà che lo compongono, non è che proprio tu possa aspettarti di riprendere da dove avevi lasciato.
A sinistra negli ultimi anni è successo di tutto e questo tutto ha partorito un enorme vuoto, e non sempre vuoto è sinonimo di niente. A volte, come in questo caso, il vuoto rappresenta uno scoramento, una incapacità sostanziale di muoversi e guardare avanti, non propriamente inedita da questa parte del diagramma politico, ma per la prima volta nella storia repubblicana questo vuoto ha generato una situazione gravissima da un punto di vista numerico. Mentre scrivo, il più grande contenitore del centrosinistra è accreditato di un dato che oscilla tra il 15% e il 17%, una roba che si fa fatica a leggere.
E quindi il presente. Così, all’improvviso.
Dopo una fase congressuale sempre più entusiasmante per i militanti che non per le persone lontane dai partiti, domenica si voterà per scegliere il prossimo segretario del Pd. Uso il maschile sovraesteso ma il derby emiliano prevede la presenza di una donna accreditata – per la prima volta nella storia pluridecennale che parte dal Pci in poi – della possibilità di farcela davvero.
In questo caso non mi interessa neanche per sbaglio analizzare le possibilità di vittoria dell’uno o dell’altra, il dato interessante è che questo intreccio locale ha un potenziale di portare il modello emiliano-romagnolo in altre zone d’Italia dove la politica del centrosinistra è rimasta incancrenita da quando Matteo Renzi ha preso le redini del partito, introducendo nelle segreterie locali orde di storici dirigenti e militanti dei partiti avversari. La sinistra non si è mai ripresa da quell’Opa innaturale, benché del tutto legittima, e se c’è una speranza che si possa trovare il piccolissimo oggetto appuntito che possa spingere un impolverito tasto reset, quella speranza passa da qui.
Mi ha impressionato vedere alla convention finale di Elly Schlein al Dumbo di Bologna orde di giornalisti con cui in un modo o in un altro ci troviamo ad avere a che fare per vicende locali, a lavoro per riempire le testate nazionali. E la stessa cosa succederà quando sarà Bonaccini a parlare sempre qui a Bologna. Mi ha impressionato perché proprio il giorno prima si discuteva nella nostra redazione di quanto il tema delle Primarie fosse locale e quanto fosse nazionale; è come se per un istante l’epicentro degli psicodrammi politici della sinistra abbia preso dimora a queste latitudini, l’unica terra colorata di rosso nella mappa delle ultime elezioni nazionali.
Forse non poteva che essere così, e senza pandemia, forse, quel percorso intrapreso quella sera in Piazza Maggiore avrebbe rafforzato la consapevolezza che va bene tutto, ma la destra – in alcuni casi estrema – al governo veramente no. Ora con quella roba lì c’è da farci i conti perché è diventata reale.
Partecipare è l’unica cosa che vale la pena di fare. Probabilmente sempre. Sicuramente adesso.
Spero che la fase costituente non evapori
“Essendo tutte le cose causate e causanti, adiuvate e adiuvanti, mediate e immediate, e tutte essendo legate da un legame naturale e insensibile che unisce le più lontane e le più differenti, ritengo impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, e conoscere il tutto senza conoscere particolarmente le parti”.
Blaise Pascal