La fondazione di via Speranza, attraverso il concorso “Mast Photography Grant on Industry and Work” offre a cinque giovani fotografi internazionali l’opportunità di confrontarsi con le problematiche legate al mondo dell’industria e della tecnica, con i sistemi del lavoro e del capitale e con le invenzioni, gli sviluppi e l’universo della produzione
di Lara De Lena, storica dell’Arte
Nato nel 2007 per sostenere la ricerca sull’immagine dell’industria e del lavoro e dare voce ai talenti emergenti, il Premio consente ai vincitori di sviluppare un progetto e realizzare una mostra accompagnata da un catalogo. Questo ha contribuito a far crescere nel tempo una raccolta fotografica di artisti contemporanei che ora fanno parte della storica e articolata collezione di fotografia industriale del Mast che – ricordo – è possibile visitare sempre gratuitamente nella splendida sede del centro polifunzionale e spazio espositivo di Via Speranza 42.
Fino al 1° maggio, con la consueta e sempre ottima curatela di Urs Stahel, sarà possibile vedere le opere dei cinque finalisti della settima edizione: gli artisti Farah Al Qasimi, Hicham Gardaf, Lebohang Kganye, Maria Mavropoulou, Salvatore Vitale. Questi giovani fotografi – nati tra il 1986 e il 1991 e provenienti da Emirati Arabi, Marocco, Sudafrica, Grecia e Italia – sono stati selezionati tra cinquantatré candidati provenienti da tutto il mondo e per Bologna hanno sviluppato un progetto originale e inedito.

Il vincitore è stato Hicham Gardaf (Tangeri, 1989) con il progetto In Praise of Slowness, una lode alla lentezza dove il fulcro tematico è rappresentato dal contrasto tra la parte prospera, florida e in espansione della città di Tangeri e il fascino antico del suo centro storico e del passo lento e riflessivo delle persone e dei venditori ambulanti.
Una menzione speciale della Giuria è invece andata a Lebohang Kganye (Johannesburg, 1990), autrice del progetto Keep the Light Faithfully, una narrazione di grande effetto in cui, in una sorta di teatro delle ombre cinesi e attraverso sagome di personaggi fotografati, ritagliati e applicati su cartone, l’artista ripropone le storie poco conosciute e solitamente relegate alla narrativa di genere di centinaia di donne guardiane di fari del XIX e XX secolo. Tra queste spicca la vicenda di Ida Lewis, guardiana del faro di Lime Rock, raccontata da Lenore Skomal nel libro del 2010 The Lighthouse Keeper’s Daughter. Lewis è diventata famosa per avere portato a termine nel 1858 numerosi salvataggi di uomini nell’Oceano Atlantico che bagna le coste di Rhode Island.
Da qualche anno a questa parte – come racconta il curatore nel catalogo della mostra – Kganye porta avanti una instancabile ricerca di memorie collettive, al fine di riscoprire, per usare le sue stesse parole, «storie segnate da lunghi periodi di solitudine e isolamento, costellate da rocamboleschi salvataggi, da viaggi drammaticamente interrotti, da mari tempestosi e venti impetuosi, ma anche scandite dai compiti monotoni e ripetitivi che caratterizzano la vita del guardiano del faro – senza trascurare l’impatto che il rapido progresso tecnologico ha avuto su una forma di lavoro e di servizio pubblico già relativamente invisibile».

Insieme ai finalisti di quest’anno, in mostra è possibile ammirare anche i lavori dei ventiquattro finalisti delle precedenti edizioni del concorso, a formare una grande e multiforme rassegna, una sorta di giro del mondo per immagini che celebra sia il decennale della Fondazione sia i quindici anni di impegno nell’organizzazione del Grant per i giovani fotografi.
L’articolo è stato realizzato per la rivista di CUBo – Circolo Università di Bologna, diretta da Massimiliano Cordeddu. In copertina: Farah Al Qasimi, Dollar Daze, 2022. Stampa inkjet