Nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, chiesi a Roberto Roversi la parola per lui più rappresentativa. Mi consegnò la parola di cui tanto si discute in questi giorni
di Mattia Fontanella, organizzatore culturale
Nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, chiesi a Roberto Roversi la parola per lui più rappresentativa. Mi consegnò la parola “Patria”. Questa parola bellissima: la più citata nelle Lettere dei condannati a morte della Resistenza. Caro Sindaco, non la regaliamo alla destra politica.
Patria è una parola che mi cammina sul cuore. E poco mi importa se i laici cittadini del mondo possono irridere presuntuosi e arroganti. Patria è la terra in cui riposa mio padre in cui riposa mia madre, in cui riposa mio figlio. E in cui anche mia moglie e io, molto avanti a sdipanare il filo rosso della vita, andremo lenti come la nebbia costante sulla nostra amata pianura a confonderci in una polvere d’oro fra api fiori (e fieno) (come avere, dopo il lavoro, quieto riposo dalla lunga fatica). Patria consolami. La Patria non chiama ma dà. Si fa riconoscere subito per i benefici di commozione dei sentimenti che suscita senza essere affranta. La sento viva in mano. Non mi lascia mai confortandomi con il racconto delle sue memorie e delle sue avventure, delle sue cento sconfitte, delle sue vittorie. È tutta cielo e mare. Nubi bianche su alte montagne. È la voce di bambini che chiaman la madre. È il rumore di un treno sulla pianura. È l’Italia ferita e altera. Sono io. Siamo noi. Qualche marmo. Comune destino.
Molto efficace
Bellissimo. Oltre che condivisibile lo trovo vero e commovente.
Mattia hai trovato le parole giuste per descrivere un movimento del cuore che cercava questa armonia. Grazie a te e a Roversi
Mattia, io condivido il grande Roversi, mi sembra che il dibattito riguardi il Sindaco Lepore che cerca, come sempre, visibilità mediatica. . .
Alberto, il sindaco ha ben chiarito la cosa. Si tratta di 6 casi di toponomastica in cui c’è la dizione “patriota del secondo risorgimento”. Quindi quando i cartelli si usurano e sono da cambiare, non prima, se la persona è stata riconosciuta come tale dallo stato italiano, si metterà “partigiano” – e non saranno certo i patrioti del Risorgimento.
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