«Le Lettere contengono la voce di un altro popolo; di uomini e donne, appartenenti a tutte le età e a ogni classe sociale, consapevoli del dovere della libertà e del prezzo ch’essa, in momenti estremi, comporta. Chiunque anche oggi le leggerà, vi troverà un’altra Italia e non potrà non domandarsi se davvero non ci sia bisogno di quella voce o se, al contrario, non si debba fare di tutto per tramandarla e mantenerla viva nella coscienza, come radice da cui ancora attingere forza» (Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte Costituzionale)
di Mattia Fontanella, organizzatore culturale
Abbiamo chiesto quest’anno per il 25 aprile a Bologna, in collaborazione con l’Anpi, di promuovere “La libertà è difficile” (Lettere aperte ai condannati a morte della Resistenza). Sì, una lettera aperta a chi ha dato la propria vita per la nostra libertà. Un modo anche per fare i conti con il nostro passato recente, con le nostre omissioni, reticenze, sottovalutazioni, amnesie…
Per capire noi cosa siamo diventati? Cosa è diventato questo Paese? Come abbiamo potuto dilapidare il carico ideale di una generazione che ha saputo dire no al fascismo, alle leggi razziali e altre brutture? Lo abbiamo chiesto a scrittori, poeti, personalità della cultura, cittadini.
A partire da oggi, pubblichiamo le lettere di quanti ci hanno risposto. Le stesse lettere verranno esposte sotto il Sacrario dei Caduti della Resistenza in Piazza Nettuno.
(Un ringraziamento va all’Anpi e alla presidente Anna Cocchi per aver creduto in questa iniziativa e a Cantiere Bologna per averci ospitato).
Il mito di Lettera 22 in 22 lettere di democrazia
di Giampiero Moscato, direttore cB
L’amico Mattia Fontanella (più che organizzatore culturale, come si firma in queste pagine, lo definirei intellettuale di rango) un giorno ha chiesto a me e al condirettore Aldo Balzanelli se Cantierebologna.com fosse disposto a ospitare una serie di lettere che alcune voci libere di questa città avrebbero scritto ai partigiani che pagarono con la vita la loro lotta al nazifascismo invasore. Ne erano ipotizzate meno di una decina. «Che domande, Mattia. È ovvio, Cantiere è nato per mettere in rete ogni voce di questa nostra Bologna che voglia, nel rispetto della nostra Costituzione e anche degli avversari, portare un contributo alla costruzione di un luogo migliore in cui vivere. Questo 25 aprile è più significativo di altri. Troppe ombre si allungano contro la nostra idea di democrazia. Non diciamo solo un sì alla vostra richiesta. Diciamo anche grazie perchè la proposta rende onore al nostro intento editoriale e giornalistico».
Alla fine le lettere arrivato in redazione sono 22, come potrete leggere da oggi al 25 aprile sulle nostre pagine. A me, che quando ho cominciato la professione capitò di usare per i primi impacciati articoli la mitica Lettera 22 dell’Olivetti, la coincidenza numerica ha creato una certa dose di emozione. Quella macchina per scrivere è un’icona per chi fa il mio mestiere ed è stata soprattutto una macchina di informazione. Prima del computer e di Internet è stato forse il principale mezzo con cui si è formata la nostra democrazia, con cui si è contribuito alla formazione di un’opinione pubblica cosciente e consapevole. Questa coincidenza ha molto senso per me, perché queste 22 lettere che leggerete, scritte da docenti, poeti, dirigenti politici, storici, giornalisti, volontari della libertà e della solidarietà, sono un manifesto pubblico contro la violenza della guerra, della sopraffazione, del razzismo, del nazionalismo, della dittatura.
A chi nega che la Costituzione contenga la parola antifascismo va ricordato ancora, 78 anni dopo, che grazie alla vittoria di certe idee sull’abominio nazifascista anche gli eredi diretti di quel male assoluto possono diventare presidenti del Senato o capi di governo. Che sia impensabile immaginare che un Berlinguer o una Schlein avrebbero potuto farlo in altre ere è talmente ovvio che sarebbe inutile dirlo se non venisse sminuita l’importanza dell’antifascismo inteso come vittoria sulla dittatura e sulla violenza di base di quel regime. Ma chi giura fedeltà alla Costituzione, assumendo incarichi istituzionali e di governo, non dovrebbe mai mettere in dubbio che la nostra Costituzione non deve nemmeno pronunciarla la parola che non c’è: perché la Costituzione nel suo insieme è frutto del lavoro dell’antifascismo. È l’antifascismo. Punto.
È giusto commemorare anche Jan Palach, ci mancherebbe. Ma farlo il 25 aprile è un atto ingiusto. Il comunismo, da noi, non ha prodotto l’abominio praghese. Ha contribuito al varo di una Carta che consente a tutti di fare politica, senza doversi dare fuoco. E invece l’insinuazione è che la Resistenza sia “sporca” perché fatta dai comunisti. La fecero, eroicamente, anche loro, insieme ad azionisti, liberali, repubblicani, democristiani, socialisti, radicali e anche monarchici. Quelle forze che insieme restituirono onore e libertà alla Patria che altri ridussero all’infamia e alle macerie.
Grazie a Fontanella, ad Anna Cocchi e alle altre formidabili firme di questa nostra rassegna sulle libertà riconquistate. Buona lettura a tutti.
La Resistenza al fascismo nasce fin dagli anni venti di un secolo fa’ con il sacrificio di Piero Gobetti,di Giovanni Amendola,di Giacomo Matteotti,di don Minzoni,di Antonio Gramsci. Continua con l’emigrazione in Francia e negli USA di tante figure,intellettuali,operai,artigiani. Non dimentichiamo i fratelli Rosselli e Sandro Pertini,Luigi Sturzo,Alcide De Gasperi. La Resistenza ha avuto una lunga e dolosa elaborazione di vite vissute; il fascismo si originò anche per gli errori di un secolo fa’ del partito socialista,dei popolari,dei comunisti. Bisogna fare conoscere ai giovani, ma anche a chi giovane non è, la lunga notte dell’antifascismo che poi si risvegliò con la Resistenza. É un impegno da contrarre anche per ridurre, con la forza della ragione, la presa impropria di esponenti politici che tranciano, inconsapevoli, aberranti giudizi ingannando chi non sa; tanti ancora non sanno.
Giustissimo
LIBERI TUTTI
21 aprile
Laurenzo mi racconta
di quando ha visto gli americani
scendere dalle Orfanelle
e allora ha pensato che tutto finiva
e tutto ricominciava.
Poi in piazza
la gente ha cantato e ballato
e il mondo è tornato a colori
e qualcuno ha preso un megafono
urlandoci dentro il futuro
per come lo vedeva.
Tutto questo ci insegnerà,
tutto questo non succederà più.
Dunque, oggi sappiamo
che tre generazioni bastano
a sporcare la memoria.
Bisognerebbe dirlo a quelli
che ci hanno messo la faccia
e la vita, che abbiamo dato
una mano di grigio
su quella specie di arcobaleno
che avrebbe dovuto essere
il domani.
(Marco Tarozzi, giornalista)