di Adelmo Cervi, figlio di Aldo, uno dei sette fratelli Cervi
Mi sveglio di soprassalto, preso da un’angoscia indescrivibile.
Mi alzo, corro, via fuori… Corro e sento la terra dura sotto i piedi… Corro e sento l’erba più morbida e amica. Attraverso un prato verde e argento, d’un tratto l’erba si fa gialla, spighe di grano alte quasi quanto me, che pungono e mi avvolgono in una nuvola d’oro.
Corro con il fiato in gola… Corro e finalmente vedo la casa in fondo… Corro e vedo una fila di persone davanti alla casa. Una fila di persone in piedi e davanti altre quattro sedute.
Grido… Urlo… Urlo ancora più forte… : «SCAPPATE!»
Corro e mi sembra di essere lì, eppure sono lontani: «VIA! ANDATE VIA, SUBITO!»
Ci metto tutto il fiato che ho, eppure non lo sentono.
Com’è possibile? Siete qui vi vedo, vi posso quasi toccare: «Papà»
Uno degli uomini in piedi si gira, di poco, muove appena la testa. Forse ha sentito qualcosa? Una voce che gli riesce familiare? «Papà, scappa via!»
Non riesco a urlare più di così. Ma è inutile, il grido si perde, lo sente anche lui, il fragore, il tuono – una tempesta, le onde del mare in burrasca, vento e onde nere, un mare di acqua scura che sta arrivando, una muraglia che niente può fermare. Una muraglia in movimento che tutto travolge.
Il bambino grida, grida e piange, e grida.
Loro restano lì, seri, sorridenti, immobili.
Non hanno paura.
Aspettano l’arrivo della muraglia.
Purtroppo la muraglia è arrivata e non solo per mio padre, per i miei zii e purtroppo per migliaia e migliaia di compagni e compagne e inermi cittadini di tutte le età; stragi disumane per mano di criminali nazifascisti. C’è ancora tanto da lottare per raggiungere quel mondo di giustizia che hanno sognato coloro che hanno dato tutto combattendo fino al sacrificio estremo.
Io confido molto nelle giovani generazioni, sono l’unica vera speranza.