25 aprile al Pratello: qualcosa è sbagliato e qualcosa manca (o è troppo)

«Sarebbe bello e rivoluzionario, anche solo come provocazione, chiudere tutti i locali della via e svolgere la Festa della Liberazione in silenzio. Non succederà mai. Perché? Mancanza d’immaginazione e meno soldi in cassa»

di Stefano Cavallini, cittadino


Come ogni anno è tornato in città quello che è diventato l’appuntamento più importante per celebrare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, cioè il 25 aprile al Pratello. 

Si tratta di un momento fondamentale dell’anima di questa città e senza dubbio è una festa bellissima, realmente popolare e realmente antifascista. Eppure, se la si guarda da una prospettiva di sinistra esercitando spirito critico, non si può evitare di individuare alcune storture che ne minano in profondità il significato.

La prima è che è esclusivamente la festa delle sinistre massimaliste, che la monopolizzano. Il Pd vi è considerato con grande odio. Eppure, che dalla più grande festa antifascista della città si escluda quello che è il più grande partito antifascista d’Italia non ha onestamente molto senso.

La seconda è che queste forze, nell’analisi della guerra in Ucraina, sono ancora ferme all’Occidente imperialista e pendono pericolosamente dalla parte di Putin. A volte, lo sostengono esplicitamente. Ecco, che chi il 25 aprile si rifà ai valori dell’antifascismo partigiano sostenga (o non condanni, è la stessa cosa) un autocrate fascista, imperialista e assassino è vergognoso. Questa è davvero una contraddizione che urla. Per rendersene conto basta leggere il post del 15 aprile di Pratello R’esiste (qui), che è un delirante esempio di non sequitur.

La terza e più importante ha a che fare col problema estetico del degrado, che investe tutta la sinistra radicale e costituisce l’autentico motivo, nonché l’unico, per cui la destra estrema vince le elezioni. In politica l’apparenza non è importante (il non verbale), è l’unica cosa che conta. È ovvio che al primo segno di degrado la destra coglierà l’occasione per delegittimare la festa e far passare tutti i partecipanti come beceri vandali, come già fatto con gli attivisti per l’ambiente. Purtroppo sembra che questo pericolo non sia stato recepito, visto che non ho letto da parte degli organizzatori nessun invito a non mettere in atto questi comportamenti, anzi, mi sembra li si esalti come identitari perché libertari, nella classica ottica di autogestione vagamente ribellistica, ovviamente con le sue solite lievi venature paranoico-complottiste nei confronti delle istituzioni.

Il 25 aprile la maggior parte della gente lo passa a fare baldoria. Ma siamo sicuri che a una festa per ricordare la Resistenza sia giusto fare baldoria? Ha senso battersi giustamente contro la cibificazione di Bologna, se poi si cibifica un’intera strada? Qual è di preciso il contributo che si porta all’antifascismo devastandosi? La verità vera è che in queste occasioni ci sono molti più ubriachi di quanti sappiano cos’era la Brigata Maiella, e che se si togliesse la birra alla festa ci andrebbero molte, molte meno persone. Sarebbe bello e rivoluzionario, anche solo come provocazione, chiudere tutti i locali del Pratello e svolgere il 25 aprile in silenzio. Non succederà mai. Perché? Mancanza d’immaginazione e meno soldi in cassa. 

Insomma, non posso fare a meno di pensare che qualcosa è sbagliato e qualcosa manca (o è troppo). C’è tanto, tanto da lavorare.

Viva il 25 aprile!


3 pensieri riguardo “25 aprile al Pratello: qualcosa è sbagliato e qualcosa manca (o è troppo)

  1. Vorrei rassicurare l’autore: il Circolo PD Pratello non è visto con grande odio, anzi. I ragazzi (Mary, Cristian, Andrea e gli altri) sono persone meravigliose, e ottimamente inserite nel contesto pratelliano. PS: non ho mai votato PD, anzi, sono “antipatizzante”. Ma amo alla follia il Circolo PD del Pratello

  2. Articolo molto lucido, c’ero anche io al Pratello e purtroppo l’autore ha ragione da vendere.
    Ho letto tra l’altro proprio oggi la notizia di diversi giovani minacciati (anche di morte) e cacciati violentemente dalla festa (pubblica) in strada. Il reato? Avevano delle bandiere dell’Ucraina.
    Ma io mi chiedo come fa certa gente poi a riempirsi la bocca di “antifascismo” e “resistenza” quando succedono queste cose. Quanto “antifascismo” c’è nel non prendere le parti di uno stato sovrano OCCUPATO? Forse è meno facile sventolare la kefia quando dall’altra parte non c’è uno stato occidentale?
    Vergogna.
    I partigiani erano patrioti, e come tali combattevano contro un’occupazione (tra l’altro al fianco dei tanto odiati americani e inglesi).
    Spero che queste scenate da autogestione di quartiere non li stiano facendo rivoltare troppo nella tomba, i nostri amati partigiani. Loro si, antifascisti e resistenti veri.
    Pace all’anima loro.
    Fonte della notizia:

  3. A Cavallini, che rilascia patenti di massimalismo con spirito critico un tantino sbrigativo, faccio notare che le ragioni sostanziali del post citato di Pratello R’esiste -sequitur benissimo!- le può ritrovare magari con espressioni meno colorite in tanti documenti di EuropeForPeace, coalizione nazionale di centinaia di realtà di società civile: cattoliche laiche civiche sindacali etc. Presenti al Pratello, il nostro volantino condanna senza riserve i crimini di Putin, proclama a chiare lettere solidarietà al popolo ucraino, ma non ignora la posta puntata dai Paese occidentali -cioè noi!- sul tavolo della roulette… russa, pardon ucraina! Fatta di inconfessabili interessi economici, strategie belliciste e marketing mediatico.

    Per i ‘bravi’ ragazzi di Breaking Italy, ammesso che per esserlo sia sufficiente dissimulare le proprie provocazioni a differenza di quei “vermi” (cit., purtroppo anche le parole uccidono) degli organizzatori di Pratello R’esiste: sincero dispiacere per le minacce e l’aggressività subite. E’ la conferma che si rischiano solo imperdonabili figuracce, ad agitare slogan pacifisti senza l’esigente pratica della lotta (lotta, si!) e soluzione nonviolenta dei conflitti.
    Io non chiedo loro perchè non si siano impegnati per fare una manifestazione come la volevano loro; piuttosto domando loro come si sono dati concretamente da fare per aiutare gli ucraini: avranno certamente fatto di più del semplice sventolare la bandiera gialloblu o approvare l’invio di armi, affinchè continuino a combattare e a morire per noi nel cuore dell’Europa (attenzione però, ragazzi: il servizio militare qui da noi non è abolito ma solo sospeso, se l’incendio divampa diventerete carne da macello molto più facilmente di noi boomers!)
    Magari siete stati con noi e non ci siamo incontrati in una delle nostre Carovane di pace, con le quali in questi mesi siamo andati in centinaia a Leopoli, Kiev, Odessa, Mykolaiv, Cherson portando tonnellate di aiuti alle caritas e alle altre associazioni di volontariato ucraino…
    Artigiani di Pace, come ci chiama Papa Francesco e come ci sentiamo noi di EuropeForPeace, Portico della Pace, #StopTheWarNow, Operazione Colomba… Ma abbiamo bisogno anche di Architetti di Pace, leaders e politici lungimiranti e non conformisti come i Padri costituenti che ripudiarono la guerra, con il coraggio di una visione capace di andare oltre l’usato sicuro del ‘pensiero bellico’ di tanti analisti da salotto.
    Perciò chiudo con un invito: venite ad ascoltare e a pensare, SABATO 6 MAGGIO ORE 15.00 A CAPPELLA FARNESE al Convegno:
    MINISTERO DELLA PACE, UNA POLITICA PER IL FUTURO

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