Ascolto e comunicazione per rivitalizzare la scuola pubblica

Qualche considerazione a seguito dell’Istruttoria pubblica sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza promossa da Palazzo d’Accursio, che ha visto più di cento interventi tra educatori, associazioni, genitori e studenti, e mostrato la necessità di aprire una nuova fase

di Cristian Tracà, docente


Si è conclusa da poco l’Istruttoria che il Consiglio comunale e l’Amministrazione hanno meritoriamente promosso per chiamare la città a una riflessione compiuta sui temi dell’infanzia e dell’adolescenza. Come sempre quando il senso civile più alto chiama, la città risponde bene.

Più di cento interventi in tre giorni, forse al di là di ogni previsione. Educatori ed educatrici, associazioni culturali e di sostegno ai bisogni, comitati dei genitori, volontariato, studenti. Ai microfoni del Consiglio è passato un mondo che con grande determinazione e umiltà si è messo a disposizione. Trasversalmente è stato riconosciuto il valore di questo lavoro, tanto che il Sindaco ha invitato quell’aula e i Quartieri ad aprire sempre più le porte.

Ho deciso di condividere, dato che su queste colonne mi occupo da anni di questi temi, il mio intervento in qualità di docente e consigliere del Quartiere Porto-Saragozza.

Dopo aver ascoltato i numerosissimi punti di vista, da cui emergevano come concetti chiave il tema della necessità di una nuova fase di ascolto e di comunicazione, ho provato a lanciare alcuni spunti. I tempi strettissimi dell’Aula in verità non mi hanno consentito di raccontarli in modo dettagliato: questo spazio è quindi provvidenziale per arrivare più a fondo nel ragionamento.

La scuola spremuta e la dispersione: ottimo il progetto Scuole aperte, da accompagnare con una revisione del calendario scolastico e a un ripensamento sul post scuola per le ‘”medie”, che rappresenta la fase più critica in cui comincia il bivio dei destini. Va portata in sede regionale la riflessione sulla necessità di dare più flessibilità, per diluire di più l’anno scolastico, all’opposto della tendenza a irrigidire gli estremi con una doppia penalizzazione per chi è indietro. Abbiamo situazioni di povertà educativa che vengono aggravate dal disagio della pressione a intermittenza (sveglia alle cinque e mezza e ritorno a casa alle quattro per sei giorni durante l’anno scolastico e tre mesi di disconnessione) e dall’impossibilità di recuperare. Chi rimane indietro nel primo quadrimestre è altamente propenso alla dispersione e all’insuccesso.

Anche chi educa è spremuto. Una persona che non ha tempo di pensare e decomprimere diventa un educatore peggiore: ridurre il senso di corsa contro il tempo significa fare un regalo all’apprendimento e alla formazione. Bologna può diventare capofila di una riflessione per il benessere di coloro che educano: occasioni di confronto, figure che mediano i conflitti e aiutano a mediare tra le diverse culture, occasioni di team building e team working.

Far conoscere i servizi pubblici significa far percepire attenzione. Occorre individuare dei percorsi di comunicazione più semplice dell’offerta pubblica complessiva alle famiglie, agli alunni e alle alunne. Figure cerniera tra Scuola e Amministrazione che danno informazioni e materiali, creano percorsi di accoglienza agli inizi dei cicli, organizzando visite guidate e incontri con gli operatori del welfare di prossimità. L’obiettivo è rendere chiaro il luogo e il contatto del servizio che può rispondere ad un bisogno o per esercitare un diritto. Nel Quartiere Porto-Saragozza abbiamo sperimentato con la primaria Manzolini un progetto di mappatura e conoscenza dei luoghi (qui) dove si risponde ai diritti e ai bisogni, lavoro molto utile soprattutto per le famiglie straniere.

Cambiare la percezione del trasporto pubblico. I ragazzi e le ragazze spesso hanno una percezione sbagliata del servizio perché si trovano sui bus negli orari di punta. Rendere operativa la figura del mobility manager e un tavolo di coordinamento sulla mobilità scolastica di quartiere o comunale. Variando l’orario d’ingresso di alcuni plessi (per esempio delle Medie) è possibile ridurre la pressione, migliorando la qualità e la percezione del servizio.

Comitati paritetici tra studenti e docenti. Dare la possibilità ai rappresentanti degli alunni e a un gruppo di docenti, in prima linea nel pensiero organizzativo dell’istituzione, di parlare e prendere decisioni insieme sulla didattica. Nelle scuole in cui è stato inserito il Comitato si è spesso occupato di temi come l’educazione civica, piovuta tra capo e collo alle Scuole con una normativa che rischia di farla diventare semplicemente una scatola vuota, un obbligo burocratico con ulteriori processi di verifica e valutazione che si sommano asetticamente ai piani di studio già estremamente frammentati. Pensare a questo strumento anche per la Secondaria di Primo Grado: gli alunni e le alunne, se opportunamente accompagnati, sanno essere molto responsabili e brillanti.

Photo credits: Ansa.it


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