Velocità di azione e pensiero complesso per una città a misura di bambini e adolescenti

Occorre lavorare sempre di più per una città che abbia le infrastrutture, le offerte formative e culturali, dei parchi, delle piazze e delle scuole progettate e orientate su concetti come genitorialità diffusa, diritto al tempo, diritto alla propria autonomia e autodeterminazione. Affinché Bologna diventi più sicura, più stimolante e più vivibile non solo per bambine, bambini e adolescenti ma per tutta la cittadinanza

di Mery De Martino, consigliera comunale


Dopo tre giorni  di Istruttoria pubblica in cui si sono alternati molti interventi di altissima qualità, credo doveroso cominciare a mettere a sistema alcune delle cose emerse e darsi delle priorità.

Tra i tanti aspetti dibattuti, ne ho individuati alcuni che mi hanno particolarmente colpita:

  • Il concetto di genitorialità diffusa come unica ricetta possibile di fronte alla grande e nuova eterogeneità delle famiglie
  • Il concetto che io definisco di “diritto al tempo” e che Mariagrazia Contini – già docente di pedagogia all’Alma Mater e esperta nominata dalla Giunta – durante il suo intervento di apertura ha molto ben definito come diritto a rallentare, cioè a rispettare gli specifici tempi di vita e personali di tutte e tutti
  • Il concetto di educazione orientata fin da subito all’autonomia e non alla protezione familiare, come fin troppo avviene oggi, o alla competizione performativa.

Ecco, lavorare per una città che abbia le infrastrutture, le offerte formative e culturali, dei parchi, delle piazze e delle scuole progettate e orientate su questi concetti, significa lavorare per una città più sicura, più stimolante e più vivibile non solo per bambine, bambini e adolescenti ma per tutta la cittadinanza.

Credo che molti progetti di questa amministrazione si possano e debbano già leggere sotto questa lente: Strade scolastiche, piazze pedonali, scuole di quartiere, pedibus, cortili scolastici, scuole aperte, educativa di strada, consigli di Quartiere delle bambine e dei bambini che dobbiamo portare presto in ogni quartiere. Il sostegno a progetti nati dal basso come la rete dei negozi amici delle bambine e dei bambini promosso da Cinnica o percorsi di formazione non formale come impronte digitali del nostro ufficio informagiovani. E anche altri progetti più squisitamente amministrativi ma che sono ispirati a principi complementari: la Città 30 o le Case di Comunità, con l’idea che debbano essere i servizi ad avvicinarsi alle persone in un’integrazione costante tra sfera sanitaria e sfera sociale.

Dico questo perché sono convinta che solo grazie ad azioni trasversali si producono le condizioni strutturali per creare e rafforzare comunità locali diffuse. E perché è proprio tramite queste che quei concetti di genitorialità diffusa, di diritto al tempo, di diritto alla propria autonomia e autodeterminazione smettono di essere retorica e diventano vita quotidiana. Non solo, diventano un modello di vita alternativo a quello iper-performativo, leaderistico e orientato al mercato che tutti viviamo oggi, e che per i giovani causa di ansia e paura di un futuro sempre più precario.

Su questo credo che amministrazione, esperti, associazionismo, stiano lavorando nella giusta direzione ma, per quanto nelle possibilità di un’amministrazione locale, credo anche che dovremo farlo con molto più tempismo, incisività, capacità di investimento e di narrazione verso l’esterno, perché è la velocità con cui si muove la società a esigerlo.

Troppi anni sono passati da quando si parlava del concetto di scuole aperte a quando si è partiti con le prime sperimentazioni. Sarebbe bello e opportuno non passassero così tanti anni dalle prime sperimentazioni alle scuole aperte in tutta la città. Sarebbe bello non passassero così tanti anni da quando si comincia a parlare – come ben fatto su queste pagine dal consigliere del Quartiere Porto-Saragozza Cristian Tracà (qui) – di rivedere il calendario scolastico a tutti i livelli, a quando si arriverà a una prima sperimentazione in tal senso. Sarebbe bello non passassero così tanti anni da quando si comincia a parlare delle necessità di luoghi per e degli adolescenti, pensati e organizzati nel pieno rispetto della loro autonomia, a quando vedremo questi luoghi proliferare in città. Sarebbe bello non passassero così tanti anni da quando si comincia a parlare di spazio pubblico cittadino come luogo di formazione non formale al vedere la proliferazione di giochi innovativi e non formali nelle nostre piazze o nelle isole pedonali. 

Per imprimere un’accelerata in questo processo credo sia imprescindibile partire da una seria valorizzazione della figura di educatore e insegnante, alla quale oggi è chiesto l’impossibile e viene restituito indietro davvero poco, come ormai riconosciuto anche dagli studenti. Così come è imprescindibile avere la capacità di pensare sempre ai minori come a un insieme complesso. Ogni nuovo progetto proposto deve tenere insieme le nostre figlie e figli con i minori stranieri non accompagnati che hanno bisogno di figure di riferimento sociali, educative, tanto quanto di amici e amiche della loro età, già inseriti nella comunità bolognese; con i minori che hanno o stanno affrontando difficili percorsi di ospedalizzazione o che sono portatori di disabilità; con i minori senza cittadinanza perché figli di famiglie straniere e che hanno in casa meno competenze per essere supportati nella vita e nello studio in Italia; con i minori figli di famiglie omogenitoriali cui oggi sono ingiustamente negati diritti fondamentali; con i minori che si trovano in condizioni di limitazione della libertà personale, in comunità o in carcere, che più di tutti necessiterebbero di figure educative e che invece paradossalmente si ritrovano ad averne in numero sempre inferiore.

La lezione che più di tutte porto a casa dopo questa Istruttoria è proprio questa fotografia dell’eterogeneità dei minori che vivono la nostra città, cui dobbiamo pensare ogni volta che costruiamo nuovi percorsi, nuove opportunità e nuovi spazi. Se saremo in grado di accelerare sempre più i processi, e se saremo in grado di portare avanti questo pensiero complesso, sono sicura che riusciremo a costruire una società più inclusiva e quindi più sicura per tutte e tutti. Una società presente per le ragazze e i ragazzi di oggi e non un’ennesima aspettativa futura da far gravare sulle loro spalle.

In copertina: la trasformazione di via Milano, nel quartiere Savena, ottobre 2021 (Photo credits: Margherita Caprilli).


2 pensieri riguardo “Velocità di azione e pensiero complesso per una città a misura di bambini e adolescenti

  1. Condivido quanto illustrato da Mery De Martino circa l’urgenza di considerare i bambini e gli adolescenti come “cittadini in crescita” come li chiamava Alfredo Carlo Moro a sottolineare che la cittadinanza è la caratteristica non la minore età, persone portatrici del diritto ad essere oggi e non domani protagonisti della propria vita, con soggettività, desideri, potenzialità, bisogni diversi. E per prima cosa diamogli parola e ascoltiamoli.

  2. Riflessioni preziose, suggerimenti stimolanti. Grazie a tutti anche per la completezza delle relazioni

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