Cantiere dialoga con l’ex avvocato generale di Bologna che nel 2017, davanti al Giudice per l’udienza preliminare, annunciò l’avocazione dell’inchiesta sui mandanti della Strage della Stazione che la Procura della Repubblica voleva archiviare. Da quella decisione si è arrivati al processo davanti alla Corte d’Assise che ha condannato Paolo Bellini, anche grazie a un video che secondo la sentenza lo inquadra sul primo binario il giorno che la bomba fu fatta esplodere, facendo 85 morti e 200 feriti
di Giampiero Moscato e Aldo Balzanelli, giornalisti
Poche ore dopo la pubblicazione dell’intervista all’ex avvocato generale Alberto Candi, la Prima sezione penale della corte di Cassazione ha annullato una sentenza palermitana che, in appello, aveva dichiarato nulla una condanna per omicidio perché uno dei giudici popolari della corte d’Assise aveva superato i 65 anni di età nel corso del processo. È una decisione importante, che ha riflessi sul processo in corso a Bologna a carico di Gilberto Cavallini, l’ex Nar condannato nel gennaio 2020 in primo grado all’ergastolo quale esecutore, insieme ad altri, della strage alla Stazione del 2 agosto 1980.
Sulla base di quella sentenza e di un’altra analoga, sempre in Sicilia, la difesa di Cavallini aveva chiesto di considerare nulla anche la sua condanna perché due giudici popolari e anche due giudici supplenti avevano scollinato i 65 anni in corso di procedimento. La corte d’Assise d’appello l’altro giorno aveva dunque rinviato il processo al 18 maggio, in attesa che la Corte di Cassazione si pronunciasse.
Del timore che per un cavillo mai applicato in più di 70 anni, da quando esiste la norma che fissa tra i 30 e i 65 anni le età in cui si può essere nominati giudici popolari, Cantiere Bologna ha chiesto un parere al dottor Candi proprio all’inizio dell’intervista. Come si sentirà, l’ex magistrato ha parlato di legittimità e correttezza della richiesta dei difensori di Cavallini, gli avvocati Gabriele Bordoni e Alessandro Pellegrini, ma ha sostenuto che fosse evidente come l’indicazione dell’età ha valore al momento della nomina e non può valere a processo iniziato con le nomine in regola. E così è stato valutato anche dalla Cassazione: «In accoglimento del ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo – si legge in una nota – la Prima sezione della Corte ha ritenuto che, da una lettura sistematica della legge n. 287 del 1951 che disciplina il riordinamento dei giudizi di assise, si ricava che il requisito anagrafico previsto dall’art. 9 per i giudici popolari è richiesto al momento dell’iscrizione nell’albo dei giudici popolari, dell’inserimento della lista e, da ultimo, della nomina per la sessione. Il giudice popolare così nominato resta legittimamente in carica per l’intera sessione. Di conseguenza non sussiste il vizio di capacità del giudice ritenuto dalla sentenza annullata».
La Corte d’Assise d’appello di Bologna il 18 maggio dunque verosimilmente prenderà atto che non sussistono i motivi per considerare nulla la condanna in primo grado a Cavallini.