Lo zuccherificio di Molinella, un centenario mancato

L’impianto, costruito nel 1923, fu abbattuto il 5 giugno 2007, portando via 80 anni di storia. Fu un’opportunità non solo per le maestranze ma soprattutto per gli “avventizi”, quelli dei tre mesi estivi. Un paio di libri ricordano quello che sarebbe potuto essere un patrimonio di archeologia industriale. Ora c’è pure un’opera in versi. Claudio Pasi lo ha pubblicato con l’editore “Il Ponte del Sale” di Rovigo e lo presenta il 9 giugno al “Circolo Amici dell’Arte” nel paese della Bassa bolognese

di Werter Bondanelli, storico locale


Il 5 giugno 2007, sedici anni fa, alle ore 15 un’esplosione controllata abbatte al suolo lo zuccherificio di Molinella. Il fumo e la polvere coprono tutto. Se li porterà via il vento, insieme a una storia fatta di uomini e di cose, di esperienze e di ricordi, una storia che è durata ottanta anni.

Molinella, amministrata dal sindaco socialista Giuseppe Massarenti, nei primi anni ’20 usciva da una lotta epica contro l’insorgente fascismo. Fu l’ultimo comune a cadere sotto i colpi delle squadre di Italo Balbo. La costruzione di un impianto saccarifero sembrò allora un tentativo di pacificazione, una sorta di risarcimento.

Il progetto nasce nel primo dopoguerra per volontà dell’imprenditore Max Bondi, con il supporto di alcuni facoltosi possidenti locali. La prima pietra viene posata il 9 settembre 1923. Lo stabilimento è ultimato e messo in funzione in tempi record, nel 1924, a opera dell’azienda cecoslovacca Škoda. Nel 1926 la fabbrica viene rilevata dalla Società Saccarifera Lombarda che ne detiene la proprietà fino al 1970, quando subentra l’Eridania fino al 1991, l’anno dell’ultima campagna e della chiusura definitiva.

Lo zuccherificio di Molinella, uno dei più grandi e produttivi del Paese, ha rappresentato per l’economia della zona una opportunità importantissima, non solo per le maestranze fisse, ma soprattutto per i cosiddetti “avventizi”, coloro cioè che lavoravano solo per i tre mesi della campagna saccarifera. Intere generazioni di studenti hanno potuto godere di considerevoli risorse economiche aggiuntive, senza dimenticare il sollievo per tanti disoccupati.

Lo zuccherificio in attività, anni ’80

Dopo la sua demolizione sono state prodotte un paio di pubblicazioni documentarie e celebrative: un opuscolo dal titolo suggestivo Ti ricordi quando suonava la sirena dello zuccherificio? Storia di una fabbrica del secolo scorso e della sua comunità (a cura di Ivano Atti, Werter Bondanelli, Anna Patrizia Ferraresi, Gino Ferraresi, BIME 2010, con allegato un documentario in DVD girato dal regista bolognese Riccardo Marchesini); e il racconto-testimonianza di Roberto Tonioli, Zucchero brillante (Este Edition 2011), una «piccola storia, fatta di uomini e donne che allo zuccherificio hanno dedicato spesso una intera vita di lavoro e di passione».

Dello stesso periodo è un’opera in versi di Claudio Pasi, originario di Molinella ma ormai da anni residente in Veneto, che ha già al suo attivo varie raccolte poetiche sia in italiano che nel dialetto della Bassa bolognese. Si tratta di un vero e proprio poema di oltre duemila versi intitolato La campagna dello zucchero, suddiviso in tre parti e redatto seguendo il desueto modello dei poemi didascalici del XVIII secolo, nei quali l’invenzione letteraria serviva ad illustrare alcuni aspetti materiali del mondo reale.

Soltanto di recente l’opera è stata pubblicata presso l’editore “Il Ponte del Sale” di Rovigo, e sarà presentata venerdì 9 giugno a Molinella dal Circolo Amici dell’Arte. Così scrive l’autore nella premessa al volume: «Il libro è stato scritto tra il 2010 e il 2012, per rimanere poi chiuso in un file una decina d’anni. L’argomento è una testimonianza di ‘archeologia industriale’, riguarda cioè le vicende di una fabbrica, segnatamente di uno zuccherificio, di cui vengono illustrati sia gli aspetti storici sia quelli produttivi. Tale fabbrica ha significato molto dal punto di vista personale, perché nell’attiguo villaggio operaio si trova la mia casa natale, perché mio padre vi lavorò un’intera vita, perché lo stesso feci io, assieme a molti amici e abitanti del circondario».

Il lettore, talora chiamato direttamente in causa nel testo, si trova quindi di fronte a una sorta di lungo esercizio di astrazione, a una meticolosa descrizione di un luogo oggi non più esistente, ma che, stranamente per un luogo di lavoro, resiste ancora nelle memorie singole e in quella collettiva. E ancora più stranamente, suscita ancora nostalgie, che forse hanno a che fare con l’ormai lontana giovinezza di coloro che vi hanno lavorato.

In copertina: la vecchia ciminiera dell’ex zuccherificio, unica struttura rimasta dopo la demolizione dello stabilimento nel 2007


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