Nelle sale dell’oratorio e del museo adiacenti alla chiesa di Santa Maria della Vita (Via Clavature, 8/10, Bologna) è possibile ammirare le opere di Ilario Fioravanti, scultore e architetto cesenate di nascita. La mostra si inserisce nel più ampio contesto di celebrazioni “1922-2022 – Fioravanti 100!”, progetto che dallo scorso anno propone un ampio calendario di eventi diffusi sul territorio, in concomitanza del centenario della nascita dell’artista
di Sara Cosimini, storica dell’Arte
La mostra nasce dalla collaborazione tra l’architetto Marisa Zattini, fondatrice della galleria d’arte Il Vicolo – Sezione Arte di Cesena, curatrice dell’esposizione e Genus Bononiae – Musei nella Città di Bologna. La scelta di allestire la mostra nel complesso bolognese di Via Clavature non è di certo casuale: il percorso espositivo, tra le diverse opere dell’artista cesenate, prevede anche un Compianto che Fioravanti realizza nel 1985, in perfetto dialogo con il noto Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca, ospitato nella cappella a destra dell’altare della Chiesa di Santa Maria della Vita.

Reso celebre anche grazie a Gabriele D’Annunzio, che lo cita nel suo Il secondo amante di Lucrezia Buti (scritto nel 1924 e pubblicato successivamente nel 1927), il Compianto ha una storia molto travagliata: realizzato da Niccolò dell’Arca tra il 1463 e il 1490, rimane fino al 1586 in un vano della chiesa denominato “sepolcro”, che immette nell’odierna via delle Pescherie Vecchie. Successivamente, in seguito ad alcuni interventi di restauro nel 1779, si decide di togliere il gruppo scultoreo dalla chiesa e l’opera corre così il rischio di essere distrutta. Viene poi collocata in una nicchia tra via delle Pescherie Vecchie e via Clavature, luogo dell’originale ingresso principale, e lì dimenticata per un iniziale errore di attribuzione, che la considera opera del meno conosciuto Alfonso Lombardi. Molto probabilmente è in questa collocazione che viene vista per la prima volta da D’Annunzio, che ne denuncia lo stato di conservazione non troppo idoneo (vicino a un negozio di carne, dove il macellaio getta le frattaglie).

La ricezione del Compianto da parte del grande pubblico non è sempre stata positiva; infatti, viene fin da subito considerata dai contemporanei di Niccolò dell’Arca (abituati a rappresentazioni sacre più composte ed equilibrate, come vuole la tradizione di stampo rinascimentale) una scena scandalosa, quasi blasfema, a causa di una rappresentazione esacerbata e molto caricata dello stato emotivo. Questa considerazione riguarda soprattutto le figure femminili che partecipano alla scena: alla vista del Cristo morto, le Marie mostrano senza vergogna i loro volti straziati, sofferenti e deformati dal dolore, accordati in modo perfetto ai corpi e alle vesti, che sembrano agitati da un altrettanto movimento improvviso e istintivo.
Il tema del Compianto è da sempre molto caro a Ilario Fioravanti, che nell’arco della sua vita ne realizza tre: quello delle Putaske (tutt’oggi esposto a Faenza, nella chiesa sconsacrata di Santa Maria dell’Angelo), una rappresentazione laica della scena sacra, che vede le donne di strada circondare il Cristo, al quale si lega a stretto giro quello del 1985, a schema tradizionale, con il Cristo deposto e i personaggi “canonici” intorno (custodito nella Chiesa del Suffragio di Longiano), preceduto da un’altra rappresentazione originale, plasmata nel 1982, che vede il corpo di Gesù (del 2007) contornato da Maddalene.

In mostra è possibile ammirare sia il Compianto del 1985 che le Maddalene, oltre a una serie di gigantografie raffiguranti alcuni disegni preparatori dei gruppi scultorei, selezionati direttamente dagli scritti dell’artista. Ad aumentare l’impatto emozionale, le opere nell’Oratorio sono sistemate al di sotto del magistrale Transito della Vergine di Alfonso Lombardi (1519-1522), che troneggia sulla scena. Inoltre, il percorso espositivo prevede una serie di opere, sempre a tema sacro, che anticipano all’osservatore il Compianto, momento catartico della mostra: una Via Crucis inedita del 1982, composta da una serie di formelle in terracotta ingobbiata e incisa, Il bacio di Giuda del 1995, la Veronica del 1989, Il miracolo del pane e dei pesci ed Effeta, del 2003.
Le opere di Fioravanti sono rivelazioni, “epifanie” in terracotta policroma, dove sacro e profano, umano e divino, terreno e spirituale si intrecciano in un’interpretazione tutta contemporanea. La mano dell’artista è in grado di modellare e imprimere nell’argilla il realismo delle emozioni e i sentimenti di gioia e di dolore in modo intimo e composto, in perfetta contrapposizione con la più esplosiva partecipazione che si ritrova nel gruppo scultoreo di Niccolò dell’Arca.
La vera forza delle figure di Fioravanti è quella di essere reali trasposizioni nella materia di visioni immaginifiche che seguono l’impulso delle emozioni, dando così vita a immagini primitive, impulsive e per questo potenti. L’artista nasce a Cesena nel 1922 e inizia la sua carriera artistica nel 1946, partecipando con altri artisti a una mostra collettiva nella sua città natale. Si laurea nel 1949 in Architettura a Firenze e solo successivamente si avvicina alla scultura, creando per primi una serie di ritratti negli anni Sessanta. Nell’arco della sua vita realizza più di duecento progetti architettonici tra edifici civili, chiese, negozi, scuole e opere di design.

Tra gli anni Settanta e Ottanta si appassiona alle espressioni artistiche più arcaiche e studia l’arte egizia, africana, nuragica, etrusca e mesoamericana. Il suo progetto più noto è il rifacimento del portale in bronzo della Cattedrale di San Giovanni Battista, affidatogli dal Comune di Cesena nel 2000. Riceve numerose onorificenze e, nel 2011, partecipa alla 54° esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia. Si spegne il 29 gennaio 2012 nella sua casa di Savignano sul Rubicone.
La mostra è visitabile fino al 25 settembre ed è un’ottima occasione per ammirare la produzione artistica di Ilario Fioravanti, specialmente per coloro che ancora non la conoscono.
L’articolo è stato scritto per la rivista di CUbo – Circolo Università di Bologna, diretta da Massimiliano Cordeddu. In copertina; Ilario Fioravanti, Compianto, 1985