Quella volta che assassinarono (in un libro) il direttore del Carlino

“Piombo ai giornalisti”, opera del giornalista Mauro Bassini, non è solo un giallo costruito attorno al fantasioso omicidio del n.1 di via Mattei, rivendicato dalle Br con due volantini che non convincono. È un viaggio nel tempo in una Bologna che sopravvive solo nei ricordi. I protagonisti ci riportano ai primi anni ’80, alle notti da Vito con Dalla, Guccini, i fratelli Bonaga e il partigiano Ciro Soglia, ma soprattutto alle atmosfere che si respiravano in redazione, in questura, in procura

di Giampiero Moscato, direttore cB


Non è una recensione. Cantiere di solito non le fa. È piuttosto il tentativo di far conoscere (o rivivere) le atmosfere di una Bologna che oramai sopravvive solo nella memoria di chi le aveva vissute, negli aneddoti di una generazione che non è più protagonista della vita e della cronaca della città.

Serviva un libro, per continuare a respirarle. Lo ha scritto, molto bene, Mauro Bassini, firma storica di Qn-Il Resto del Carlino, in cui ha lavorato per 45 anni in vari ruoli: capocronista, capo redattore centrale, vice direttore.
L’escamotage alla base di “Piombo ai giornalisti” – Minerva Edizioni, direttore editoriale Roberto Mugavero, 198 pagine, 16.9 euro – è l’invenzione di un fatto di cronaca: l’assassinio, nel 1982, del direttore del quotidiano di via Enrico Mattei; e di raccontare quel delitto mai accaduto, rivendicato dalle Br con due volantini che però lasciano dubbi di autenticità, attraverso le voci dei protagonisti di quegli anni, i mitici ’80.

Bassini utilizza un artificio plurimo. Alcuni personaggi sono veri e vengono chiamati con il loro nome; altri sono altrettanto reali ma hanno nomi di fantasia che però fanno intuire la vera identità; alcuni sono davvero esistiti ma vengono chiamati in modo da non essere (del tutto) riconoscibili; altri ancora sono parto della creatività dell’autore.

Senza spoilerare la trama e il finale, si possono dare alcuni dettagli che spiegano l’artificio letterario che Mauro ha saputo congegnare per raccontare in modo originale il suo amore per la professione, per il giornale in cui l’ha svolta, per la città e per il clima di quegli anni formidabili. Il direttore dell’”Emiliano”, in cui si riconosce il “Carlino”, viene assassinato con due colpi di pistola in via Strazzacappe mentre rientra verso mezzanotte a casa sua. Nel libro si chiama Luigi Mazzoni. Di lui si può scrivere che in realtà è vivo e lotta insieme a noi, come si sarebbe detto a quell’epoca, e si chiama Giancarlo Mazzuca, effettivamente direttore del Qn ma dal 2002 al 2008. Tanto vivo da aver partecipato alla presentazione del libro il 14 giugno in Galleria Acquaderni.

Sull’assassinio si mette a scavare il cronista di nera dell’”Emiliano”, Leo Giannini, in cui è facile riconoscere la figura di Gianni Leoni del “Carlino”, principe dei neristi. Il capo della squadra mobile viene raccontato col nome di Antonio Pollice. So chi è, mio papà che era in polizia era molto legato a lui. “Pollice” poi fece una carriera formidabile, ma rispetto il desiderio dell’autore di celare l’identità in maniera più forte che in altri casi.

Il legame tra il nerista e l’investigatore è fortissimo e in tanti pensano (ma non è così) che gli scoop del giornalista siano in qualche modo spifferati dal poliziotto. Al quale infatti la sostituta procuratrice Maria Monti, sospettata a sua volta dal suo capo per le fughe di notizie, toglie dalle mani l’indagine: che riserva molte sorprese e che passa attraverso altre e losche traiettorie.

È davvero avvincente il modo in cui Bassini racconta l’evolversi del caso. Per chi come me cominciava la professione proprio a inizio anni ’80 è stato un piacere rivivere le atmosfere dei giri di nera e giudiziaria in procura e questura, dai carabinieri, gli incontri di soppiatto con le fonti, i passaggi in obitorio, le chiacchierate con la “mala”, il “dopolavoro” nelle osterie, nei bar, nelle sale biliardo. Le notti da Vito con Lucio Dalla, Francesco Guccini, i fratelli Giorgio e Stefano Bonaga (e Alba Parietti), le liti davanti alle tagliatelle tra Pierino Benetti (in realtà lo storico caporedattore Pietro Benassi) e il concorrente Sergio Soglia (il partigiano Ciro), capopagina dell’allora potente Unità, le contromosse di Luca Savonuzzi e Marco Marozzi di Repubblica, degli inviati del Corriere della Sera e della Stampa, Vittorio Monti e Pierangelo Sapegno. I richiami a Giovanni Spadolini, che diresse il Carlino, e all’editore Attilio Monti.

Un gioco, in cui Mauro coinvolge tanti suoi colleghi dai nomi cari ai lettori della città e che bisognerebbe nominare tutti. Non è possibile ma possiamo citare chi non c’è più e che Bassini ha scelto di omettere dalla trama «perché è troppo vivo il dolore per la loro scomparsa. Mi riferisco ad amici meravigliosi come Gianni Cristofori, Marco Leonelli, Stefano Biondi, Vittorio Savini, Roberto Mazzanti e qualche altro». Capisco e approvo la scelta sofferta di non fare i nomi di «qualche altro» e non sarò io a violare il sofferto riserbo dell’autore, che ha scelto di “giocare” solo con chi si può di quell’ambiente. Che era divertente.

Il libro racconta decine di aneddoti da sbellicarsi, senza nascondere debolezze ed errori di un gruppo capace e brillante che produceva un giornale discutibile come tutti ma molto ben fatto. Avercene ora. “Piombo ai giornalisti” è un documento di storia scritta con il ritmo della grande cronaca. Grazie, Mauro.

In copertina: un momento della presentazione del libro, il 14 giugno scorso in Galleria Acquaderni. Da sinistra a destra: Mauro Bassini, Gianni Leoni, Giancarlo Mazzuca, Marco Marozzi (Photo credits: Franca Fiorentini)


Un pensiero riguardo “Quella volta che assassinarono (in un libro) il direttore del Carlino

  1. L’ho letto con piacere. Ben scritto, descrive bene le relazioni ed il periodo storico.

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