Community garden di Manhattan, esperienza vincente da replicare a Bologna

A New York dagli anni Settanta ha preso piede l’esperienza dei community garden, spazi privati a uso pubblico sottratti alla speculazione edilizia e all’ abbandono per essere utilizzati e gestiti dai residenti. Ne è nata una costellazione cittadina di piccole isole di quiete, dove soprattutto i bambini possono giocare all’aperto. Un esperimento riuscito, da riproporre anche a Bologna

di Federico Bastiani, Consulta Cinnica


A Manhattan esistono oltre cinquecento community garden. Il primo è stato fondato nel 1973 da Liz Christy, una donna che viveva in Lower Manhattan. Oggi quell’area è rinomata per le sue belle case – dove hanno ambientato Sex and the City per dare un’idea – ma all’epoca quella parte della città era un disastro totale in termini di sicurezza sociale, zone di abbandono, criminalità, problemi di droga.

Un giorno Liz, facendo una passeggiata nel suo quartiere, vide una bambina giocare in uno spazio abbandonato diventato una discarica. Quella bambina aveva trasformato un frigorifero rotto in una barca e stava giocando allegramente. Liz si avvicinò alla madre della bambina e le offrì una visione. «Pensa come sarebbe bello se questo spazio diventasse un luogo per far giocare i bambini». La madre rispose che sarebbe stato bellissimo. Lei con la figlia vivevano in un piccolo appartamento e ogni compleanno doveva trascorrerlo da sola perché non aveva spazio per invitare amici a casa, e quella discarica era l’unico modo per far giocare all’aperto la bambina senza doversi spostare tanto.

Liz chiese alla madre se fosse disposta a dare una mano per trasformare lo spazio abbandonato in un community garden. La donna rispose che aveva altri quattro figli e il lavoro, non aveva proprio tempo da dedicare alla comunità. Liz non si perse d’animo, all’epoca a New York la disoccupazione era molto alta e lei, che viveva il quartiere, non trovò difficoltà a mettere insieme un gruppo di volontari disposti a prendersi cura di quello spazio. Era anche un’artista, estroversa, parlava con tutti.

Ovviamente il tutto avvenne nella totale illegalità, nel senso che quell’”appropriazione” di territorio pubblico era senza autorizzazione. Forse possiamo definirlo uno dei primi esperimenti di guerrilla gardening in tutta Manhattan. C’è anche da dire che la città all’epoca era nel caos totale, non c’erano fondi per gestire gli spazi pubblici e l’intervento del privato non era certo ostacolato.

Questa storia mi è stata raccontata da Donald, un signore di una certa età che oggi ha preso in carico l’eredità lasciata da Liz Christy. «Liz era una forza della natura, ispirava le persone», racconta l’uomo.

Il giardino ha festeggiato i 50 anni dalla sua nascita proprio quest’anno. Oggi quella ex discarica è un giardino rigoglioso, con anche un piccolo orto urbano gestito dalla comunità. Impossibile non notarlo, è l’unico in tutta Manhattan con una sequoia alta oltre trenta metri. Nel 1973 quello spazio diventò importante per aggregare la comunità. Lo spunto furono i bambini, uno spazio da dedicare a loro ma ben presto divenne un luogo di aggregazione importante, di presidio sociale.

Se oggi Manhattan è una delle zone più richieste dove vivere, è anche grazie al ruolo che i community garden hanno svolto nella creazione di luoghi aggregativi per bambini, famiglie, anziani. Quello che contraddistingue la maggior parte delle storie di questi luoghi è che sono stati fortemente voluti dalla comunità. Non sono mai stati progetti calati dall’alto, disegnati da un architetto urbano.

Infatti, questi giardini sono nati negli angoli più impensabili della città. Sono stato a visitare anche l’Electric Lady Bug community garden, ad Harlem, in un quartiere meno ricco rispetto al Liz Christy Garden e anche lì ho trovato la stessa storia. Uno spazio che, secondo i piani dell’amministrazione, sarebbe dovuto diventare edificabile per sopperire alle carenze abitative. Invece la comunità si è unita, si è battuta in consiglio comunale facendo lobbying ed è riuscita a ottenere in concessione gratuita uno spazio da dedicare alla comunità.

In cambio, essendo uno spazio privato a uso pubblico – come possono essere i Portici di Bologna – l’accordo è quello di tenere aperto il giardino alcune ore al giorno. Il comune non chiede tasse di occupazione e il gruppo di residenti si prende cura del giardino a proprie spese.

Il Lady Bug Garden è relativamente recente, creato nel 2010 e oggi gestito da Paul e Madeleine. I residenti della zona che incontro mentre si prendono cura dell’orto, raccontano più o meno le stesse cose. Da quando il giardino è stato creato, quello spazio è usato dai bambini. Gli appartamenti della zona sono tutti molto piccoli e il Lady Bug Garden è essenziale per far socializzare i bambini ma anche per creare un luogo protetto. «I bambini che giocano qui non hanno bisogno della supervisione costante dei genitori. Chi frequenta il giardino è parte della comunità, tutti conoscono i bambini degli altri e ci supportiamo a vicenda», racconta Madeleine. È così che i genitori si sono organizzati per una proiezione di film all’aperto usando il muro del palazzo di fronte. La sera della mia visita era in programma La Bella e la Bestia.


2 pensieri riguardo “Community garden di Manhattan, esperienza vincente da replicare a Bologna

  1. idea stupenda e sarebbe giustamente da importare bisognerebbe vedere cosa ne pensa il comune che con i portici sono si spazi privati ad uso publico ma il comune pretende e incassa affitti pesanti da chi li occupa tipo bar e ristoranti senza avere nessun obbligo

  2. Un esperienza simile l’abbiamo tentata con il giardino di San Leonardo, trovando poca collaborazione dal quartiere.Piu longeva è la storia del giardino del Guasto.

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