Oggi pomeriggio, presso l’Auditorium Santa Clelia di Via Altabella, un convegno ripercorrerà la storia dell’impegno politico e sociale di Achille Ardigò, “padre” insieme a Giuseppe Dossetti di quelle istituzioni di prossimità che, nel corso degli ultimi lustri, sono state progressivamente ridotte a passacarte dell’amministrazione comunale
di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee”
Achille Ardigò e la presenza politica e sociale dei cattolici in Italia. Questo il titolo del volume a cura di Costantino Cipolla, Luca Diotallevi e Everardo Minardi, pubblicato quest’anno dall’editore Franco Angeli, che sarà presentato oggi presso l’Auditorium Santa Clelia di Via Altabella, nel corso di un meritorio convegno che vedrà la presenza di illustri testimonianze.

Mi augurerei che, in buona parte, l’iniziativa non si risolva in “aura celebrativa”, cosa che avrebbe fatto arrabbiare moltissimo il professore, che non era alieno da positivi scoppi di indignazione, quando erano necessari. Così come è auspicabile che, accanto all’impegno politico, siano ricordati anche i sette anni (1994-2001) in cui Ardigò fu Commissario Straordinario dell’Istituto Rizzoli.
Una delle creazioni (il termine è giusto) di Ardigò, in questo caso insieme a Giuseppe Dossetti, fu l’invenzione dei Quartieri, visti come strumento politico di partecipazione dei cittadini alla vita del Comune, la famosa e tanto invocata, allora come oggi, partecipazione “dal basso”.
È un tantino paradossale che, a seguito di scelte politiche negli ultimi lustri, proprio a Bologna dove sono nati i Quartieri non contino più assolutamente nulla. Prendendo a prestito una interessante osservazione, proprio apparsa su Cantiere Bologna, i tanto strombazzati “Bilanci partecipativi” rappresentano meno del 2% del bilancio del Comune. Sono insomma una sorta di cadeau che il Comune concede ai Quartieri.
I Quartieri sono stati ridotti a meri organi di indirizzo, privi di qualsiasi potere che possa influire sui programmi e sulle decisioni del sindaco e della giunta. Prima di divenire consigliere comunale, da Zangheri a Vitali, passando per Imbeni (che tempi!!!) sono stato consigliere di quartiere, e ricordo bene che c’era un’altra “aria”: i presidenti e i consiglieri di quartiere, come avrebbero voluto Ardigò e Dossetti, non erano semplici gregari del sindaco e della giunta.
Altro errore, a parer mio, la scelta del “gigantismo” territoriale, con sei quartieri con una media di oltre 50mila abitanti ciascuno per una città che non arriva ai 400mila. Gigantismo che ha cancellato la storia e l’identità dei Quartieri. Perché sì, esiste anche una identità delle periferie. Per non parlare della fissazione di tenere il centro storico diviso fra due entità…
Tutto questo è accaduto per responsabilità dei sindaci e delle Giunte succedutesi negli ultimi lustri. “Bologna al Centro – L’Officina delle Idee” propose, a suo tempo, un piano di riordino territoriale che prevedeva dieci Quartieri, con competenze reali e non annacquate. Chissà che, con il passare del tempo e la crescita della popolazione bolognese, alcune delle idee di allora non tornino attuali.