Le difficoltà occupazionali di Bologna e il futuro incerto dei lavoratori

Sono numerosi e importanti i tavoli di crisi occupazionale nel nostro territorio. Ma forse potenzialmente più delicate sono alcune prospettive settoriali ad alto tasso di precarietà

di Maurizio Morini, Innovation Manager ed esperto di ricerche di mercato


L’area metropolitana di Bologna si trova di fronte a una serie di sfide occupazionali che potrebbero avere un impatto significativo sull’economia e sulla vita dei lavoratori e dei cittadini. Diversi settori e aziende stanno affrontando difficoltà quali esuberi, mancato pagamento degli stipendi e sospensione delle attività, lasciando molti dipendenti incerti riguardo al loro futuro.

Il caso più eclatante degli ultimi giorni è senz’altro quello della Magneti Marelli: Calsonic Kansei ha annunciato 230 esuberi nella provincia di Bologna, stabilimento di Crevalcore. Questa notizia ha scosso il settore industriale locale e ha creato incertezza per i lavoratori coinvolti, che potrebbero trovarsi in una situazione di disoccupazione imminente.

Rischi occupazionali seri ci sono anche nella filiera dell’automotive: l’abbandono progressivo dei classici motori endotermici a favore di veicoli elettrici sta creando incertezza per più di 12mila dipendenti nella filiera presenti nella nostra provincia. La transizione verso nuove tecnologie potrà comportare tagli occupazionali e una ristrutturazione del settore, con conseguenze per l’occupazione e l’economia del territorio.

Ci sono poi le difficoltà di La Perla: Il celebre marchio di lingerie si trova in una situazione difficile, con circa 350 lavoratrici che non stanno ricevendo lo stipendio regolarmente. Le difficoltà finanziarie dell’azienda hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla stabilità occupazionale delle dipendenti, che si trovano in una situazione di totale insicurezza economica.

Infine, il superbonus 110%: di questo tema si parla pochissimo ma a breve può essere deflagrante: scaduto quello, la stima di lavoratori dell’edilizia che potranno trovarsi senza occupazione porta inevitabilmente a ben oltre 1000 disoccupati entro i primi mesi del 2024. Il superbonus ha creato un’importante domanda di lavori di ristrutturazione e riqualificazione energetica, ma economicamente per lo Stato è una voragine irrecuperabile e per la società è stato grande fonte di inflazione, quindi non potrà essere riproposto negli stessi termini, e l’impatto occupazionale è inevitabile.

Nel frattempo, a completare tutto ciò (anche se questo aspetto è da verificare), è stato annunciato da Farinetti che Fico, il parco agroalimentare più grande del mondo, da inizio 2024 sarà chiuso per diversi mesi a causa di una riprogettazione. Questa sospensione potrebbe avere un impatto significativo sulla stabilità lavorativa futura dei collaboratori. E non va dimenticato il ruolo di Coop e degli Enti Locali nell’iniziativa, con il possibile riverbero sulla relativa reputazione sociale.

Tutti questi casi mettono in luce la vulnerabilità di diversi settori e anche la loro dipendenza dagli umori, troppo mutevoli, di soggetti imprenditoriali poco legati al territorio.

In questo contesto, è fondamentale che le autorità territoriali, i sindacati e le organizzazioni delle aziende si uniscano, per sviluppare strategie di sostegno al mercato del lavoro e favorire la crescita economica, in primis puntando sulle filiere forti del territorio (meccanica non automotive, servizi avanzati, tecnologie industriali applicate) e sui fronti dell’innovazione sociale (città evoluta, sanità, commercio locale innovativo, servizi ai cittadini). Bisogna investire subito nella formazione e nella riqualificazione professionale dei lavoratori, aiutandoli ad acquisire le competenze necessarie per affrontare le nuove sfide del mercato: lo stiamo sostenendo su Cantiere da tempo, ma troppo poco finora si è fatto.

Inoltre, come ha scritto spesso il professor Formica, è importante promuovere in maniera forte la diversificazione economica, incoraggiando l’insediamento di nuove imprese, la promozione di start up anche tra i lavoratori che si trovano in difficoltà e sostenendo l’innovazione e lo sviluppo di settori emergenti. In questo modo, si imposta una strategia utile a creare nuove opportunità di lavoro e ridurre la dipendenza dai settori a rischio.

La collaborazione tra le parti interessate richiede un approccio inclusivo e collaborativo, che coinvolga gli attori tutti in una nuova impostazione concettuale; questo è oggi più che mai fondamentale per affrontare le difficoltà occupazionali che stanno emergendo. Solo attraverso una pianificazione strategica seria e un impegno congiunto sarà possibile mitigare gli impatti negativi e creare opportunità per un futuro più sicuro e stabile per i lavoratori del nostro territorio.


3 pensieri riguardo “Le difficoltà occupazionali di Bologna e il futuro incerto dei lavoratori

  1. Apprezzo l’analisi e le proposte, ma nel caso specifico tengo ad evidenziare che 229 dipendenti della Magneti Marelli di Crevalcore rischiano di perdere il posto di lavoro per la decisione incomprensibile della proprietà di chiudere lo stabilimento, ma parlando con loro si capisce come gli operai concordino sui temi della transizione ecologica dell’industria e come questa decisione sciagurata della proprietà nulla abbia a che vedere con l’evoluzione del mercato dell’automotive verso l’elettrico. Sicuramente l’azienda è in ritardo nella transizione, dicono gli operai, ma le commesse già acquisite garantirebbero i tempi per continuare l’attività dello stabilimento e avviare al contempo investimenti per orientare la produzione verso la mobilità sostenibile elettrica.
    Confrontarsi con loro è molto utile, emerge con chiarezza la sensibilità di lavoratori e sindacati verso la transizione ecologica, vista come opportunità e non come ostacolo.
    Sul nostro territorio purtroppo c’è un altro caso surreale: quello della ex Bredamenarini, un’impresa storica oggi in grado di produrre bus elettrici, indispensabili per attuare la necessaria elettrificazione del trasporto pubblico locale. Eppure sono anni che rischia di chiudere i battenti. Se succedesse, in piena transizione green perderemmo l’unica impresa italiana che produce bus elettrici.

    Cristina Mengozzi
    Co portavoce Europa Verde-Verdi Forlì-Cesena

  2. Ottima precisazione Cristina, in questo caso ho voluto porre l’attenzione su un fatto globale e di rilievo sociale: il rischio di trovarsi con migliaia di persone senza lavoro e non avere strategie alternative a livello sistemico, avendo comunque in mente che tutto dovrebbe essere orientato alla transizione ecologica.

  3. Il programma GOL in teoria va in questa direzione, bisogna capire se nel tempo riuscirà a funzionare. Per 5 anni, ogni anno, l’Emilia Romagna avrà a diposizione 50 milioni di euro, risorse provenienti dal PNRR, per aiutare le figure più fragili, orientarle, accompagnarle in un percorso di formazione qualificato e incrociare domanda e offerta di lavoro. Ma probabilmente occorrerà fare ancora di più perché la situazione è di mese in mese sempre più tragica.

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