La crisi della democrazia rappresentativa non risparmia nemmeno Bologna

In che misura si determina una corrispondenza tra i ritmi e i problemi che sono propri della società civile bolognese e l’agenda del lavori del consiglio comunale o di quelli del consigli di quartiere? Anche in una realtà profondamente democratica come la nostra c’è uno scollamento tra società e dimensione istituzionale. Non credo che si debba sottovalutare questa situazione

di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico


È questione attuale quella che è aperta sul ruolo e sull’efficacia della “democrazia rappresentativa” a tutti i livelli: europeo e nazionale e locale. Per gli enti locali è in vigore la legge nota ai più come quella che prevede e disciplina l’elezione diretta del sindaco (svincolato dai partiti) che si nomina la sua giunta. Il consiglio comunale è, come dire, lo ‘sfondo’ di rappresentanza.

Da noi, città metropolitana, l’architettura istituzionale si complica ulteriormente. Si dice, spesso a ragione, che Bologna è un faro, “la città più progressista del mondo”. Ma, mi chiedo e chiedo: quanti sono a conoscenza, tra i cittadini, del lavoro del consiglio comunale? Dei suoi o.d.g., delle date di convocazione? Lo stesso dicasi per i consigli di quartiere e dei lavori della Città Metropolitana.

Il problema che mi pongo è il seguente. In che misura si determina una corrispondenza, una sintonia tra i ritmi e i problemi che sono propri della società civile bolognese e l’agenda del lavori del consiglio comunale o di quelli del consigli di quartiere? Anche in una realtà profondamente democratica come la nostra c’è uno scollamento tra società e dimensione istituzionale. Non credo che si debba sottovalutare questa situazione. Come è noto, anche da noi, certo per motivi di ordine generale, alle urne l’affluenza diminuisce in modo sensibile.

Mi permetto di pormi e di porre queste riflessioni: per gli eletti e le elette il rischio della autoreferenzialità non è peregrino. A siffatta autoreferenzialità corrisponde poi, nella stragrande maggioranza della popolazione, una sorta di “qualunquismo” rassegnato anche a fronte di a emergenze non marginali. Sempre più frequenti sono le manifestazioni del sabato che alterano una ordinata scansione della giornata semi festiva. Nel bene e nel male sia le luci, che sono tante, sia le ombre che tendono a dilatarsi fanno fatica ad avere sbocco nella sede primaria della “rappresentanza” che è il consiglio comunale. Pressoché sconosciuta è poi la vita quotidiana (e la fatica quotidiana) di quella che si chiama “macchina amministrativa”.

Spero che queste riflessioni non cadano nel vuoto. La democrazia e il percorso democratico some conquiste che hanno bisogno di essere sempre, continuamente, alimentate e rinvigorite.


3 pensieri riguardo “La crisi della democrazia rappresentativa non risparmia nemmeno Bologna

  1. è vero, del consiglio comunale ultimamente si sa poco o nulla; penso che la responsabilità più evidente di questo sia dell’opposizione cittadina che avrebbe proprio nel consiglio comunale il palcoscenico naturale della propria attività politica a livello locale e che non ha interesse o non riesce a farne un punto di forza; anche la stampa locale, a dire il vero, sembra aver spento i fari sull’attività del consiglio comunale; e qui è difficile dire se le notizie non vengono pubblicate perché non c’è interesse dei lettori o se l’interesse non si crea perché le notizie non vengono pubblicate.

  2. E’ incredibile che in un momento storico, dove le possibilità di comunicare sono molto ampie (dai semplici siti o email fino ai social), accada quello sopra esposto. C’è da dire che “il distacco” fra le persone e le istituzioni forse non è mai stato così ampio, così come la partecipazione dal basso: regna la passività che diventa poi “mal di pancia” e che trova sfogo elettorale nel pifferaio/pifferaia di turno. Certo, c’è la newsletter della Città metropolitana e qualche eletto si da da fare a mandare resoconti mensili sull’attività dei consigli o ha pagina web con tali attività (personalmente ho più notizie del consiglio regionale che di quello comunale). Mi piacerebbe fosse più ampia questa cosa: tutti gli eletti devono rendere conto e stimolare la raccolta di informazioni e pareri sulle cose. Questo serve anche per rimanere “nella realtà delle cose” e non pensare che il tutto sia solo la sfera istituzionale. Mi sono trovato, purtroppo, riguardo a Bologna30 a confrontarmi su questa rivista, con eletti palesemente fuori dalla realtà quotidiana dei cittadini. Sollecitiamo tutti gli eletti nel consiglio comunale e di quartiere a predisporre almeno una newsletter informativa mensile ? Anche a gruppi di eletti magari, o per gruppo politico, al limite.

  3. Sono ragionevolmente convinto che, per chi vuole interessarsi gli strumenti conoscitivi ci sono. Oltre ai mezzi di informazione classici esistono le newsletter le pagine web istituzionali quelle dei partiti, i gruppi whatsapp le pagine facebook ecc. ecc. Direi forse che di informazione ve n’è anche troppa e noi stessi con le nostre convinzioni finiamo per soffermarci solo su quello che appare (o non appare) convincente. A cascata io credo scenda la disaffezione al voto. E’ complicato rapportarsi con i cittadini in maniera uniforme costante e condivisibile. Soprattutto quando si tratta di individuare strumenti che siano appropriati e stimolanti per i giovani, gli adulti o gli anziani. Ciascuno con la propria (quando c’è) cultura sull’uso (e anche sull’abuso es. fakenews) dei moderni mezzi di comunicazione e informazione.

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