La velocità fa la differenza. Bologna30 è la soluzione per consentire a tutti di condividere gli spazi pubblici
di Emanuele Caprara, Bologna Vivibile
Mi sono sempre chiesto perché mai in Italia si faccia così fatica a fermarsi davanti alle strisce pedonali e ciclopedonali, mentre in tanti Paesi europei ci sia molta più attenzione a pedoni e ciclisti che attraversano la strada. Una realtà purtroppo confermata dai fatti perché la cronaca ci racconta ogni giorno di persone a piedi o in bici che vengono investite proprio in corrispondenza degli attraversamenti ciclopedonali, il punto dove invece dovrebbero avere la massima protezione. Ma essendo anche io un automobilista ho ahimè notato che mi capita di accorgermi all’ultimo istante di un pedone che sta attraversando la strada e sono costretto a una improvvisa frenata, se non proprio a inchiodare.
Poi mi è venuto da riflettere e sono giunto alla considerazione che in realtà sono io, con il mio mezzo, che arrivo troppo velocemente in corrispondenza degli attraversamenti, con velocità tali che rendono difficile scorgere in tempo l’ostacolo e soprattutto rendono difficile frenare il mezzo. Probabilmente per questo semplice motivo sono in molti che preferiscono tirare dritto, magari aggirando pericolosamente il pedone o il ciclista, e qualche volta la manovra non riesce…
La soluzione è arrivarci più piano, a una velocità più moderata che consenta innanzitutto di avere più tempo e spazio visivo per guardarsi attorno e soprattutto per anticipare il rallentamento e la frenata al passaggio di pedoni e biciclette. Questo mi pare lo spirito di Bologna30.
Uno dei tanti motivi per cui non cambia molto se, anziché viaggiare con un continuo stop&go tirando il motore al massimo, proviamo tutti a mantenere quella che già oggi è una velocità media urbana, perdendo nella realtà solo pochi minuti considerato che lo spostamento medio a Bologna è di pochi kilometri.
“Bologna vivibile”, l’associazione informale di cui faccio parte, si è sempre occupata della vivibilità della città e dell’uso sostenibile degli spazi pubblici e della mobilità, con particolare riguardo per bambini e anziani. Non poteva quindi mancare il sostegno, fin dalla fase propositiva, al progetto di Bologna Città 30 e alla partecipazione al raggruppamento di associazioni che ha dato vita a 30logna perché una città che adotta come standard una velocità massima di transito di 30 kmh è una città dove è possibile far convivere molte persone e molte situazioni, dove è possibile adottare modalità differenziate di spostamento e non in contrasto fra loro, dove c’è più tranquillità e sicurezza, anche per chi ha qualche limitazione e soprattutto per i bambini, insomma una città più vivibile.
L’adozione della Città 30 non riguarda solo la mobilità, ma è un modo di ripensare lo spazio urbano dove viene dato più spazio alle persone e alla possibilità di usufruire dello spazio pubblico in maniera più sostenibile, sicura e condivisa.
Si è sempre dato per scontato che ogni metro quadro disponibile dovesse essere destinato prioritariamente alla mobilità motorizzata e, ahimè, al parcheggio eterno di automezzi, sacrificando il verde, le piazze (anche quelle monumentali), i luoghi di ritrovo, gli spazi per bambini.
Bologna30 è anche una ridistribuzione degli spazi con più aree pedonali, non solo in centro storico, ma soprattutto nelle periferie dove mancano luoghi di riferimento per i residenti.
Bologna30 è piazze scolastiche e aree riservate ai bambini e ragazzi intorno agli istituti scolastici.
Bologna30 è più verde perché abbiamo bisogno di mitigare le condizioni climatiche.
Bologna30 è più infrastrutture dedicate a chi, molto lodevolmente, si muove in città a piedi e in bicicletta, in modo sostenibile e lasciando spazio a chi ha bisogno di spostarsi con automezzi.
Bologna30 è più sicurezza grazie alla minore velocità di picco che può radicalmente ridimensionare gli effetti di eventuali incidenti.
Bologna30 è meno rumore in una città che è troppo assordante.
Bologna30 è strade residenziali pensate non solo per transitarci più velocemente possibile, ma anche per farci cose e, perché no, anche per giocarci.
Bologna 30 è un processo di cambiamento che farà bene a tutti e che oggi pare difficile anche solo da immaginare, ma fra qualche anno sembrerà naturale, come vedere oggi che nessuno fuma in un locale chiuso (mentre pareva impossibile ipotizzarlo un tempo non lontano).
Ben venga Bologna a 30 km, ma per favore evitiamo di considerare il provvedimento una panacea. Gli automobilisti continueranno a non fermarsi alle strisce pedonali. Moltissimi passaggi pedonali continueranno a non essere visibili agli automobilisti perché non adeguatamente segnalati. I ciclisti continueranno a sfrecciare all’improvviso sulle strisce pedonali considerandole alla stregua di ciclabili. La mancanza di controlli consentirà a tutti di non rispettare le regole. Però si dirà che siamo una città all’avanguardia perché abbiamo i 30km e tante ciclabili. E poco importa se queste ultime sono frutto di una mente contorta, come dimostrato in via Mengoli o in via Po, tanto per fare un esempio. Nel frattempo, auguri ai ciclisti e agli automobilisti che si avventurano nel Camel trophy cittadino. Ai prossimi incidenti si ricordino però degli slogan.
E’ la seconda volta che leggo un articolo condivisibile, l’altro era di Lepore sul Corriere.
La città a 30kmh non la si annuncia come una scelta ideologica, la si costruisce con la partecipazione dei cittadini zone per zona, coinvolgendoli.
Ribaltando l’ordine dei fattori si è scatenata la protesta, poi attenuata visto che lo stesso Lepore ha detto che non ci saranno velox ai 30Kmh così la gente ha capito che nei fatti saremo una città a 50kmh, circa
Non mi pare un bel risultato
Forse si è ancora in tempo a recuperare individuando alcune zone sperimentali incaricando il Quartiere di gestire il procedimento di elaborazione delle scelte per modificare la viabilità discutendo i con i cittadini.
Difficile? Certo, ma non si amministra con la propaganda e il decisionismo
Condivisibilissima (e come potrebbe non esserlo) l’idea di convivere meglio tra veicoli motorizzati, ciclisti e pedoni e salvaguardare l’incolumità di queste ultime due categorie.
È però doveroso qualche commento:
1) Perché i ciclisti non rispettano i pedoni che attraversano sulle strisce?
2) Perché i ciclisti vanno “a busso” nelle aree pedonali, dove appunto i pedoni hanno la priorità, facendo insensate e folli gimcane tra i pedoni?
3) Perché i pedoni quando sono ancora a 10 metri dalle strisce accelerano il passo per catapultarsi ad attraversare prima che l’auto ferma davanti alle strisce riparta, quando invece camminando al passo normale a cui andavano l’auto sarebbe passata prima che loro fossero vicini al ciglio del marciapiede?
4) Perché i pedoni attraversano la strada, sulle strisce e non, come degli zombi con gli occhi incollati allo schermo del cellulare anziché guardare se un’auto è già talmente in prossimità delle strisce che, anche a 30 all’ora, potrebbe non riuscire a fermarsi in tempo?
5) Perché i ciclisti si gettano all’improvviso in velocità sulle strisce pedonali (pedonali, non ciclabili) senza minimamente rallentare, pensando che un’auto, anche a 30 all’ora, riesca a fermarsi in tempo come farebbe se ad attraversare fosse un pedone alla velocità di un pedone?
Senza dubbio gli automobilisti devono rispettare i soggetti deboli (ciclisti e pedoni), ci mancherebbe altro, ma anche ciclisti e pedoni devono fare la loro parte e non sentirsi né invulnerabili né al di sopra delle regole.
Bravo Lele! Condivido tutto
Il problema è uno solo: se ci sono delle regole devono valere per tutti.
Se ce un flusso di persone continuo che attraversa la strada deve essere regolamentato ovvero ci vogliono dei semafori , non c’è scampo.
Almeno in città, nelle strade di forte affluenza e in prossimità di mercati o siti simili.
L’art.191 del CdS è chiarissimo: la precedenza a chi passa sulle strisce è assoluta e senza eccezioni. In auto quando vedi le strisce devi passare non ai 30 ma più verosimilmente ai 20 (non dimentichiamo che in città la velocità media non supera i 15…).
Come ricorda l’autore fanno così in tutta Europa e anche lì lavorano, portano bambini anziani e disabili in giro ecc. per cui le scuse stanno a zero.
Il vero problema è che le FFOO non sanzionano abbastanza e, visto quanto detto sopra, non c’è “fare cassa” che tenga