Le disfunzioni denunciate da Stame esistono, ma i rimedi non persuadono. La nostra Carta non esclude affatto il potere di rimuovere i ministri, e nel conflitto Stato-Regioni il primo può esercitare una clausola di supremazia per decisioni che non possono essere frammentate sul territorio. Semplicemente sono strumenti che non si usano. Priva di senso perché irrealizzabile anche l’idea di una nuova Costituente: nessuna riforma potrebbe risolvere il problema italiano, che sta nella politica e nel basso livello dei politici. Cioè in noi
di Roberto Bin, costituzionalista
L’articolo di Federico Stame (“Covid19 senza decisioni coerenti e rapide” del 3 giugno) merita una risposta. Le disfunzioni che lui denuncia sono alla vista di tutti, ma i rimedi non mi persuadono affatto. Primo, che il presidente del Consiglio non abbia il potere di rimuovere i ministri è cosa che si dice e si ripete, ma non per questo è vera. Il ministro Filippo Mancuso è stato dimesso da Lamberto Dini (d’accordo con il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro) e un’infinita di ministri si sono “spontaneamente” dimessi e rapidamente sono stati sostituiti. È quello che giornalisticamente si chiama rimpasto, di cui una lunga serie scandisce la nostra storia. Nel Trattato europeo si dice – e l’espressione è bellissima – che un membro della Commissione “rassegna le dimissioni se il presidente glielo chiede”: questo è un concetto pienamente valido anche in Italia. Il problema è che se il governo è di coalizione – come lo sono stati tutti senza eccezione – il presidente può chiedere le dimissioni solo dei ministri che non sono politicamente “coperti” da un partito della maggioranza. Questa è la politica: le regole costituzionali non c’entrano niente. Se c’è l’amore la famiglia funziona bene, ma l’amore non si può prescrivere. Come dire che è la politica, non il diritto, che condiziona il funzionamento del governo.
Lo stesso vale anche per il conflitto Stato-regioni. Non è vero che in Italia non ci sia una “clausola di supremazia”: non è scritta espressamente, ma la Corte costituzionale, in una famosa sentenza all’indomani della riforma costituzionale del 2001 (sent. 303/2003), l’ha individuata nel principio di sussidiarietà, che giustifica qualsiasi intervento dello Stato per decisioni che non possono essere frammentate sul territorio. Per di più, l’art. 120.2 della Costituzione autorizza il Governo a sostituirsi a qualsiasi livello di governo quando siano messi in pericolo l’unità del paese e la tutela dei diritti fondamentali. Gli strumenti ci sono, dunque, ma vengono usati solo per porre rimedio ai dissesti finanziari. Anche qui, la colpa non è degli strumenti, ma di chi li deve usare.
A mio modo vedere è fuorviante invocare sempre le riforme costituzionali. Nuovi strumenti per che cosa fare, se non si sanno usare quelli a disposizione o non si possono usarli perché non lo consente la situazione politica? L’idea dell’assemblea costituente, poi, a me sembra del tutto erronea. Ho scritto un commento a proposito su laCostituzione.info, partendo proprio dalla proposta del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Ogni tanto qualcuno rispolvera l’idea di istituire una “nuova Costituente”. È un’idea priva di senso, però: irrealizzabile per motivi “strutturali”. Se l’Assemblea costituente deve essere eletta dal popolo (e non costituita da “nominati”, come sembra vagheggiare Sala), avremmo un organo composto da qualche centinaio di persone candidate dai diversi partiti (con un sistema proporzionale puro e senza alcuno sbarramento, perché altrimenti non sarebbe garantita la necessaria rappresentatività), che si riunisce “in spirito di fratellanza” per discutere le nuove regole del potere; ma nel frattempo il potere non andrebbe in vacanza, maggioranza e opposizione continuerebbero a darsi aspra battaglia ogni giorno su ogni cosa. E con quale autorità i “saggi” della Costituente potrebbero alla fine imporre le loro scelte alle forze politiche “vere”? Come potrebbero manifestare “unità” mentre la politica “vera” si scanna? Qualcuno si ricorda della triste sorte della Commissione Bicamerale presieduta da D’Alema?
Insomma, qualcosa in Costituzione potrebbe e dovrebbe essere modificata (per esempio trasformando il Senato dall’inutile doppione attuale in una camera di rappresentanza dei territori, come proponeva la riforma Renzi-Boschi), ma è vano sperare che una qualsiasi riforma risolva il problema italiano, che sta nella politica e nel livello dei politici. Abbiamo tolto il finanziamento pubblico ai partiti, distruggendoli, sostituendo ai partiti “veri” dei partiti di plastica, che vivono solo sui social e in televisione e non nella realtà sociale. E continuiamo ad alimentare con il nostro voto una miriade di sigle che non rappresentano nulla nella società, guidati da simpatie o antipatie più personali che politiche. In fondo, il problema siamo noi!