La soluzione temporanea (prato per un anno) pare o una sciocchezza probabilmente costosa o un’ipocrisia astuta. Forse si pensa, come per le sedute sotto le due torri, che una soluzione all’inizio per molti orribile si imponga nella pratica. Ma astuzie e ipocrisie sono sbagliate, si abbia il coraggio di parlare di sperimentazione. Per il futuro della piazza, se si vuole promuovere il turismo culturale, si pensi piuttosto a rendere più agevoli le visite a ciò che le sta attorno
di Federico Enriques, editore, già senatore Pds
Passo spesso in Piazza Rossini. Ne scrivo come persona informata dei luoghi, non ad altro titolo. Fino a qualche mese fa c’era un parcheggio, sgradevole come tutti i parcheggi e anche di più. Era riservato alla Provincia, materializzando l’invidia verso la casta locale, era anche semi recintato. “Tagliando” in diagonale una piazza si risparmia tempo: anche a questo servono le piazze, ma lì non si poteva per la “prepotenza” dell’istituzione. La Provincia non c’è più, e quindi neppure il parcheggio: benefici effetti della legge Delrio.
Per qualche tempo è comparso un prato posticcio. Non mi piaceva, l’erba aveva un che di innaturale, un ossimoro botanico. Fra qualche settimana sarà di nuovo prato, voluto dall’assessora Valentina Orioli, difeso dalla cultura verde, osteggiato da urbanisti e storici dell’arte.
Cervellati, Riccomini, Matteucci, Alemagna, Bentini, Garzillo, persone che ascolto con l’affetto dovuto a quanti hanno fatto conoscere e quindi amare questa città anche a chi, come me, vi è arrivato da adulto, ma persone che difficilmente si sdraierebbero, se consentito, in un prato. Dicono: non si può tradire la storia della piazza. Questo loro argomento, peraltro, mi convince poco, non perché prevedibile, ma perché non tiene conto dei cambiamenti climatici e di qualità dell’aria negli ultimi decenni (e per tornare a una aria accettabile temo ci vogliano molti anni).
Forse ha ragione Andrea Colombo, il prato c’era anche in passato: ma il problema mi pare il futuro, non il passato. Forse esistono degli acciottolati che lasciano crescere, negli spazi fra le pietre, dell’erba e, per carità, non sto pensando a quei blocchi di cemento traforati da parcheggio di supermercato, che stanno bene appunto davanti ai supermercati. Farinelli invece (Corriere di Bologna, 14 giugno) non è entusiasmato dal dibattito.
Io penso, come dimostra il vostro giornale, che, per parafrasare un noto architetto, la città sia [anche] nei dettagli. E che dal dettaglio di una piazza, o di una via, si possa, come dal Dna di una cellula, capire molto dell’intero organismo urbano. Mi pare però che nella discussione manchi, non abbia trovato spazio qualcuno: un botanico anzitutto, e soprattutto i probabili utenti della piazza, giovani e studenti universitari.
La piazza non è contornata da abitazioni private; è quindi un luogo vivibile da giovani in ore da giovani con costi sociali minori che in altri luoghi. La soluzione temporanea (prato per un anno) mi pare o una sciocchezza probabilmente costosa o un’ipocrisia astuta.
Forse si pensa, come è accaduto per le sedute sotto le due torri, che una soluzione all’inizio per molti (anche per me) orribile si imponga nei fatti, nella pratica quotidiana. Ma astuzie e ipocrisie sono sempre sbagliate. Si abbia il coraggio di parlare di sperimentazione e si chiariscano prima dell’esperimento i criteri per deciderne l’esito (chi, come, quando, con quali parametri si valuta l’esperimento).
Gli utenti (cittadini e non cittadini, come gli studenti fuori sede) vanno ascoltati con modalità prenote. Condivido le critiche che, qui, il 9 giugno, Ugo Mazza ha mosso alla apatica sufficienza con cui la classe politica cerca di archiviare il tema della partecipazione.
A quel che capisco il futuro della piazza non è ancora deciso: sia esso basato sul regno minerale o anche su quello vegetale, si dovrà tenere conto non solo della piazza ma di quello che c’è attorno. Se, come giusto, si vuole promuovere il turismo culturale si dovrebbe pensare a rendere più agevoli le visite attorno alla piazza.
Visite agli affreschi del Carracci a Palazzo Magnani (ancora chiusi per Coronavirus, mi pare e, comunque, poco accessibili, come cortesemente informa (o informava, potrebbe esserci stato un avvicendamento) un’impiegata di UniCredit in un perfetto italiano ingentilito da una inflessione franco-belga. Visite alla Cappella Bentivoglio in S. Giacomo, quasi sempre male illuminata. Forse rendere agibile un accesso diretto al museo ebraico, da via Zamboni.
E con pannelli didattici plurilingui spiegare cosa è stata la seconda guerra mondiale a Bologna, valorizzando l’impressionante lapide che ricorda il luogo da cui partivano sminatori (e più di 40 non tornarono: ma, a differenza di Imola, Bologna non mi pare abbia dedicato a loro una via).
Anche in questo caso, per trovare una buona soluzione a un problema piccolo ci vuole partecipazione, tempi certi, decisione, chiarezza, sguardo lungo, anche nello specchietto retrovisore, e visione periferica.
Torniamo a traversare, anzi tentare di traversare, la piazza: già, perché da alcuni mesi, a memoria almeno sei, complice il Coronavirus, la piazza, aspettando il prato, è semi transennata come quando c’era il parcheggio. Transenne (in nastro di plastica questo sì mortificante) a protezione del nulla. Forse si sarebbero potute transitoriamente rimuovere.
Sarebbe bastata un po’ di attenzione ai dettagli e agli utenti: poca cosa, si dirà. Ma forse, invece, non tanto poco.
Caro Senatore, probabilmente da quella piazza non ci passa poi tanto spesso se non si è accorto che la parte semirecintata del parcheggio continua ad essere recintata (solo un poco ristretta) in quanto è rimasta il parcheggio di servizio dell’Ente che ha sostituito la Provincia. Che è vero che non c’è più, ma non c’è nemmeno alcun effetto benefico derivante dalla legge Delrio, visto che la stessa legge ne ha previsto la sostituzione con un ente nuovo di zecca. La parte del parcheggio che è stata eliminata pertanto non è quella del supposto privilegio bensì dei residenti di quel pezzo di città che immagino saranno molto contenti di non potere più parcheggiare mentre si pontifica su come sistemare la piazza senza produrre alcun miglioramento fisico ne estetico, anche se devo ammettere che anche il vuoto è sempre meglio della distesa di auto e moto che c’era prima. Non è però un bello spettacoloso, per chi ci passa tutti i giorni, vedere una distesa di cartelli di divieto di sosta regolarmente violata da corrieri, auto blu, fornitori di merci e di servizi… E forse anche un prato temporaneo, finché non si trova un accordo su come sistemare la piazza in maniera definitiva, è meglio di quello che c’era prima e di quello che c’è adesso.