L’ordine degli avvocati ricorda la collega turca Ebru Timtik

A due mesi dal suo sacrificio – la morte dopo 238 giorni di sciopero della fame per protestare contro un processo ingiusto e l’accusa calunniosa di terrorismo per aver esercitato il ruolo di difensore di presunti terroristi – i legali bolognesi ricordano cosa fu e cosa sarà fatto perché anche in quel Paese sia riconosciuto il ruolo di sentinella del diritto a chi lavora per garantire al cittadino il diritto di difesa: per il quale quella donna si è immolata e altri stanno patendo soprusi indicibili

di Elisabetta D’Errico, presidente dell’Ordine degli avvocati di Bologna


A due mesi dalla scomparsa della Collega turca Ebru Timtik è giusto e doveroso ricordare il suo sacrificio. Ebru faceva parte dell’Associazione avvocati progressisti e insieme ad altri colleghi era stata arrestata perché accusata di terrorismo solo perché difensore di presunti terroristi. Detenuta nel carcere speciale di Silivri per oltre due anni, è stata condannata alla pena di 13 anni e mezzo di reclusione.

Il processo, come definito dagli osservatori internazionali che hanno partecipato alle udienze, tra i quali anche avvocati italiani, è stato un processo farsa, nel corso del quale è stata negata l’audizione dei testimoni in contraddittorio, sono state assunte testimonianze di soggetti non identificati e acquisite le dichiarazioni rese innanzi agli organi di polizia. Agli avvocati difensori è stato impedito di svolgere il controesame e di discutere il merito delle accuse nel processo. Ebru, dopo un primo arresto, era stata scarcerata in quanto il giudice aveva ritenuto insussistenti le accuse a suo carico; quel giudice è stato rimosso dall’incarico e colui che lo ha sostituito ha disposto la cattura di Ebru fondando la decisione sui medesimi elementi che ne avevano determinato la scarcerazione.

Ebru si è spenta dopo 238 giorni di sciopero della fame, iniziato e portato avanti fino alla morte per protestare contro un processo ingiusto, svoltosi in spregio al diritto di difesa, alle garanzie che devono necessariamente essere rispettate affinché il processo sia, come deve essere, lo strumento per accertare il verificarsi di un fatto e l’eventuale colpevolezza di un accusato.

A Ebru è stato negato il diritto a un giusto processo ed è morta da innocente, essendo intervenuta la sua morte prima che la sentenza divenisse definitiva. Nonostante i ripetuti appelli e le reiterate istanze a favore della sua liberazione inviate alla Corte di Cassazione e alle autorità turche, sottoscritte in più occasioni anche dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Bologna, Ebru è stata lasciata morire in stato di detenzione.

L’ultima istanza, presentata il 14 agosto, è stata respinta nonostante fosse stata accertata l’incompatibilità delle sue condizioni di salute con la detenzione carceraria. Proprio per cercare di dare più forza alle richieste di scarcerazione e per farle giungere la nostra vicinanza, in luglio il Consiglio dell’Ordine ha nominato Ebru Timtik e il collega Aytac Unsal, anch’egli all’epoca in sciopero della fame e in precarie condizioni di salute, componenti effettivi della Commissione internazionale e della Commissione di studio Diritti umani dell’Ordine degli avvocati.

Ebru Timtik è morta per avere esercitato con coscienza la professione di avvocato, è morta per non aver accettato la violazione del diritto di difesa, per non aver piegato la testa di fronte ai soprusi, per il suo impegno a difesa dei diritti civili in Turchia.

La vicenda di Ebru e di tutti i colleghi turchi arrestati in questi anni ha fortemente preoccupato l’Ordine degli avvocati di Bologna, molti avvocati turchi sono stati arrestati e sottoposti per lungo tempo a restrizione carceraria per il solo fatto di difendere persone accusate di terrorismo, per ciò solo ritenuti compartecipi nella commissione dei reati da queste commessi. Accuse fondate su elementi assolutamente insussistenti quale, ad esempio, il numero di volte che l’avvocato si era recato in carcere a colloquio con l’assistito.

Per questa ragione è importante ribadire che l’effettiva libertà del difensore è la fondamentale garanzia per il giusto processo e che è profondamente sbagliato e fuorviante identificare il difensore, come purtroppo troppo spesso sta accadendo anche nel nostro paese, con il suo assistito: l’avvocato è la sentinella dei diritti del cittadino e nell’esercizio della sua funzione agisce per garantirgli il diritto di difesa e il diritto a essere giudicato secondo le regole del giusto processo.

Non esiste giusto processo senza diritto di difesa e non può esservi Stato di diritto senza giusto processo.


Un pensiero riguardo “L’ordine degli avvocati ricorda la collega turca Ebru Timtik

  1. Dovremmo rileggere questo articolo quando pensiamo all’Europa, a come la immaginava Altiero Spinelli e i padri fondatori.
    Senza una difesa intransigente e coesa dei valori dello stato di diritto ci ritroveremo schiacciati in un angolo in un’idea di Europa “bancomat”.
    Grazie al contributo dell’articolo in favore di Ebru per ricordarci che la diversità con gli altri regimi si misura su quel che facciamo in concreto. L’identità europea non ha bisogno di solo pane…

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