Le vanità restano Fiere e la politica dovrebbe farsi da parte

Il 13 dicembre 2020 uscì su queste pagine, a proposito dell’unificazione dei due enti espositivi, l’articolo “Rimini e Bologna: fusione vera o fiera delle vanità?”. Valutando le positività dell’operazione, soprattutto in una fase di stravolgimenti epocali come questa, si avanzava tuttavia un dubbio: qualcuno avrebbe potuto mettere il personalismo davanti all’urgente valutazione strategica. Forse chi scrisse non si sbagliava. Ecco quello che lo stesso autore racconta due mesi dopo

di Maurizio MoriniInnovation Manager e Ambassador MISE per la trasformazione digitale


Una sessantina di giorni fa conclusi testualmente così il mio articolo (reperibile integralmente qui). 

«Quello che è fondamentale chiedersi è se, come spesso purtroppo capita da noi, si definiranno prima le cariche e poi obiettivi e strategie. La stampa sostiene che presidenza, vicepresidenza, Ad, Cda siano ruoli di fatto assegnati e definiti, coinvolgendo i protagonisti dell’attuale governance che bene, senz’altro, hanno fatto finora. Questo però non dovrebbe essere scontato: in una situazione fluida come quella del panorama fieristico andrebbero prima definiti obiettivi e strategie, per poi individuare le persone idonee a guidare i team che dovranno perseguirli. Il management dell’innovazione “indefinita” non dovrebbe essere per forza quello uscente, proprio perché sarà necessario un approccio visionario che non necessariamente si ritrova in chi ha governato le fasi precedenti. Si eviti per una volta che anche questo percorso si trasformi in una Fiera delle Vanità e si faccia in modo che rappresenti invece un veicolo per l’Innovazione Sistemica regionale».

La sensazione che si ha leggendo per tutti i primi 45 giorni del 2021 la stampa sia nazionale (Il Sole 24 ore in primis) sia locale (quotidiani e altri organi di informazione online) è che purtroppo si sbandieri il tema dell’innovazione settoriale e modale, senza però mettere questo argomento cruciale al centro dell’agenda.

Dal Sole 24 Ore del 22 gennaio scorso desumevamo questo: mentre la Regione Emilia-Romagna dichiara di voler aumentare la propria partecipazione nel capitale sociale (senza specificare di quanto), i protagonisti sono impegnati a discutere a priori (cioè senza una valutazione di trade-off e di sostenibilità) su modello societario (discussione tra fusione per incorporazione di Bologna in Ieg, già quotata in borsa, e holding, con regole per quest’ultima che cozzano contro le vigenti normative Consob) e governance soggettiva (leggasi uomini – non donne – e poltrone).

Lo scorso 8 febbraio il consiglio comunale di Bologna ha approvato un ordine del giorno in cui si invita il sindaco e la Giunta a partecipare attivamente ai tavoli istituzionali regionali e nazionali, nella fase di elaborazione e avvio della fusione fra la Fiera di Bologna e quella di Rimini, per incidere sulle strategie della nuova società, con particolare attenzione ai lavoratori e alle lavoratrici dell’intero indotto (fonti: il Resto del Carlino, RiminiToday). Nella discussione pare sia emerso un riferimento al fatto che il settore fieristico e il relativo indotto torneranno nel 2024 a generare valore economico pari a quello del 2019.

Ora, se si passa il tempo a discutere di poltrone e addirittura si sostiene – come fa la governance di Rimini – la creazione di una holding che si aggiunge alle società operative (con duplicazione di ruoli e sedie), rispetto alla fusione per incorporazione di Bologna in Ieg che è già quotata in Borsa e quindi consentirebbe immediata operatività, a mio avviso il rischio paventato nelle conclusioni del precedente articolo diventa certezza.

Mentre noi affrontiamo questa sfida con i soliti criteri cognitivi della politica allocativa, nel mondo Hopin, nata di fatto a fine 2019 per organizzare grandi eventi online fino a 10.000 soggetti, dopo 14 mesi di vita vale due miliardi di dollari (più della capitalizzazione di borsa dell’intero sistema fieristico italiano). 

E il post Covid, o per meglio direi il “mondo con Covid”, non consentirà più di tornare ai modelli operativi e partecipativi delle fiere come le abbiamo viste fino a un anno fa. Anche il riferimento al 2024 pare sostanzialmente vacuo. Si dovranno mettere a punto, in fretta, soluzioni innovative differenzianti, integrando eventi fisici, online, realtà aumentata e nuove tecnologie visuali e partecipative, ed espandersi ad altre tipologie di eventi.

Questa è la sfida primaria, e bisognerebbe seguire senza indugi il percorso giusto: prima definizione degli scenari possibili (aspetto più complesso), poi obiettivi e strategie, indi individuazione delle iniziative e dei ruoli necessari (e tutela o riconversione delle competenze dei lavoratori), e infine selezione del gruppo di vertice. Se poi valutiamo che si tratta di uno degli ambiti di business mondiali di più difficile interpretazione sia a medio sia a lungo termine, forse ci vien da pensare che i professionisti della politica dovrebbero un attimo farsi da parte.

Photo credits: Lorenzo Gaudenzi (CC BY-SA 4.0)


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