Vanità delle Fiere e falò progettuale

Gli ultimi accadimenti paiono repentinamente far tramontare la prospettiva di fusione tra Bologna e Rimini. Ne abbiamo scritto qui il 13 dicembre (“Rimini e Bologna: fusione vera o Fiera della Vanità?”) e il 15 febbraio (“Le vanità restano Fiere e la politica dovrebbe farsi da parte”); pensavamo che l’articolo odierno avrebbe avuto alti contenuti

di Maurizio Morini, Ambassador MISE per la Trasformazione Digitale


Da giorni mi interrogavo sul silenzio in atto rispetto al timing definito a fine ottobre 2020 (fusione entro giugno 2021) e ai pronunciamenti del consiglio comunale di Bologna di inizio febbraio. In corrispondenza di quelle occasioni maturarono i precedenti articoli.

Il mio leit motiv è noto: la fusione non solo è auspicabile, è cruciale per il futuro di un settore che non sarà mai più uguale a se stesso e quindi necessita di soggetti veramente nuovi per poter presidiare, e magari anticipare, gli scenari a venire. Per questo motivo auspicavo si operasse col passo giusto: prima definire gli argomenti chiave di un piano strategico (non “industriale”, per favore, le fiere non sono manifattura!) e poi pensare a quali sono le professionalità (le persone) più indicate a perseguirlo.

Leggendo la stampa, da Repubblica Bologna al Corriere Romagna e Rimini Today, pare che la fusione abbia imboccato il sunset boulevard, per resistenze reciproche legate a vicende di governance.

Ora a chi tocchi la responsabilità di tale scelta, a mio avviso dannosa per il sistema economico e sociale territoriale, non è chiaro: secondo la componente bolognese, Rimini ha tirato troppo la corda su un progetto che da mesi ho definito insensato (raddoppio societario, raddoppio di cariche, ecc.), col principale scopo di ottenere da Cassa Depositi e Prestiti liquidità ulteriore; secondo Rimini, che si autovaluta più solida (come ho scritto è meglio posizionata, e i concetti sono ben differenti) il gruppo bolognese non vuole davvero ragionare su prospettive “industriali” (e ci risiamo) per motivi di “vecchio stile”. Inoltre, da quando a marzo si è rinviato il voto comunale a ottobre, a Rimini circola la voce che il sindaco uscente Gnassi fosse candidato, o si candidasse, a ruolo di prestigio nel nuovo soggetto. E che bisognasse aspettarlo: questo riporta la stampa.

Infine non è un caso che le azioni di IEG, arrivate a gennaio 2020 al massimo storico di 4,79 euro e precipitate a febbraio 2021 a 2,20 siano rimbalzate a fine aprile a 3,59 in vista della fusione per poi riperdere terreno fino a 3,14 euro il 28 maggio.

Le istituzioni coinvolte però non trovano di meglio che stare a guardare. Infatti sia il sindaco di Bologna Merola sia l’assessore regionale Colla (secondo Bettazzi su Repubblica Bologna del 29 maggio) dicono “meglio aspettare dopo le Comunali”.

Insomma, non bene. Anzi, molto male. Ecco la “doleance list” del perché:

1. La visione comune non è stata messa al centro dell’agenda, ma come al solito si è partiti dalla governance futura (questa sì, signori, che è vecchia modalità, che solo disastri ha portato nel recente passato)

2. Il Piano Strategico (non Industriale!) non è stato attivato di conseguenza e non è stata resa trasparente la visione e il relativo scenario di sviluppo ipotizzato

3. Non si è compreso che il tempo è decisivo: due incertezze (per non dire debolezze) potrebbero fare una potenziale forza in una fase in cui il settore fiere e eventi è completamente da definire e non sarà mai più come in passato

4. Il ruolo chiave delle fiere nel meccanismo di rilancio delle economie territoriali (ospitalità, aeroporti e stazioni, mobilità urbana, ristorazione) è cruciale e non rafforzare le fiere regionali con l’integrazione (soprattutto dopo averla prefigurata) rappresenta un limite molto rilevante

5. La perdita patrimoniale potenziale delle due società singole, partendo dalla quotazione di borsa e arrivando al ruolo delle istituzioni coinvolte, è un danno oggettivo per tutto il sistema.

Si può fare ancora qualcosa? Visti gli accadimenti e i pronunciamenti dei protagonisti, il pessimismo della ragione parrebbe far dire di no.

Ma l’ottimismo della volontà mi porta a indicare un possibile sentiero, forse l’ultimo:

a) La Regione indichi gli assunti chiave della visione integrata per il nuovo soggetto (l’assessore Colla può imprimere un’accelerazione sul tema)

b) Vengano entro giugno resi noti i 10 temi chiave per il piano strategico di sviluppo sulla base di una visione evoluta del settore

c) Le due fiere confermino ufficialmente con delibere di CdA di approvare i temi e integrare il percorso entro luglio

d) Si provveda a istituire un’organizzazione di governance integrata che assicuri l’integrazione dei temi clou nelle policy delle due fiere per il periodo settembre-dicembre 2021

e) Questa struttura costruisca il Piano di sviluppo del soggetto unico con orizzonte 2022-2025 e quale compagine dovrà governarlo

f) Entro novembre si stabilisca la nuova struttura operativa integrata e i CdA l’approvino.

Fantascienza? Magia? Esoterismo? No, solo buon senso e metodo messi al lavoro. Ma rapidamente: anche questo confronto, che corre il serio rischio di portare a nulla, denota il vero deficit della leadership italiana, ovvero non comprendere che ci sono decisioni da prendere, facendolo bene, in tempi rapidi. In questa fase storica, urgenza e importanza sono allo stesso livello. Le Vanità vanno messe da parte.


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