Le Primarie sono nate su presupposti vaghi: una coalizione a porte girevoli. Che confusione. L’operazione Conti aveva un senso se, partendo da posizioni di sinistra su temi forti – ambiente, welfare, programmazione urbana – andava a scombinare le carte in casa Pd. Isabella ha aperto un varco che la sinistra non ha saputo cogliere. Eppure poteva mettere di fronte la sindaca corsara a una scelta più netta, più che lasciarla ammiccare di qua e di là, lasciandola in balìa dei Galletti e dei Casini
di Pier Giorgio Ardeni, economista dello sviluppo
Com’era forse inevitabile, le Primarie del centro-sinistra hanno finito per caricarsi di molti significati, acuendo la tensione della tenzone. E questo per il fatto che, indipendentemente da come la si vede, il risultato non è scontato. La discussione sulle regole, però, mal cela questa incertezza.
Se si può convenire con quanto argomentato su queste pagine da Aldo Balzanelli, che questa consultazione elettorale sia viziata da alcune «contraddizioni», quanto argomentato sarebbe condivisibile se vi fosse stata all’origine una coalizione con un confine netto e con formazioni politiche ben definite, in cui ognuna presentava il proprio candidato ovvero i candidati in lizza dichiarassero di appartenervi. Queste Primarie sono invece nate su un presupposto vago, un centro-sinistra generico, con porte girevoli in molti sensi.
Chi è legittimato a partecipare come elettore? E quali forze politiche? Ha senso che vi siano formazioni che annunciano che se vince l’uno o altra non parteciperanno alla coalizione che si presenterà alle elezioni? Il punto, naturalmente, è politico e, però, la confusione formale non aiuta e non aver delimitato ex ante i confini del «recinto politico» in modo chiaro e netto vi contribuisce.
Se poi entriamo nel merito, il caso di un Galletti o di un Casini possono essere pertinenti. Galletti è stato ministro nei governi a guida Pd prima di Renzi e poi di Gentiloni, ancorché in quel periodo fosse stato tra gli organizzatori del «Family day». Oggi (ma forse anche allora), si definisce «di centro» e si è dichiarato a favore di Isabella Conti. Verrà consentito a Galletti di votare? Vuol questo dire che Galletti vuole rientrare nel centro-sinistra? Lo stesso vale per Casini, che è stato eletto, nella legislatura ancora in corso, grazie al seggio offertogli dai dirigenti del Pd bolognese (forse nessuno se n’è accorto, ma appena eletto Casini è andato a far parte del gruppo misto). Formalmente, quindi, anche Casini fa parte del centro-sinistra. Sarà ammesso al voto? Se né Galletti né Casini fossero ammessi al voto, sulla base di considerazioni politiche legate agli sviluppi più recenti – il 2018 sembra lontano anni luce, da molti punti di vista – si porrebbe comunque un problema per gli organizzatori di queste sciagurate Primarie senza regole chiare.
Il punto politico, qui, riguarda più Isabella Conti che non Matteo Lepore. Mentre quest’ultimo ha fatto una scelta «di campo» che, sulla carta, non lascia adito a fraintendimenti – dalla quale prendiamo atto che Coalizione Civica fa dunque parte del centro-sinistra e non si pone più all’opposizione – Isabella Conti non pare essere esente da critiche. Su molti contenuti – per storia personale, per le scelte che ha fatto come sindaca di San Lazzaro e per quanto dichiarato – «supera» perfino Lepore a sinistra. Sulle strategie e le alleanze, per gli endorsement ricevuti e per alcuni ammiccamenti, invece la sua posizione appare criticabile. Non tanto perché non avrebbe senso politico «aprire al centro», quanto perché contraddice il suo posizionarsi a sinistra nel centro-sinistra.
L’operazione di Conti aveva un senso se, partendo da una posizione di sinistra su alcune tematiche forti – ambiente, welfare, programmazione urbana – andava a scombinare le carte «in casa del Pd», segnando una rottura con un venticinquennio di governo mediocre della città. Non un’operazione di schieramento, ma di contenuti e di modus governandi. Conti ha ribadito che, pur avendo aderito a Italia viva, la sua candidatura «indipendente» non era un modo per riproporre a Bologna una visione neo-centrista, sposando quel neo-liberismo economico e istituzionale che il Pd bolognese e regionale ha fatto suo, da buon tempo.
Un altro modo di intendere la cultura (non intrattenimento, non veicolo di turismo) e lo stesso turismo (invertendo quel processo di gentrificazione del centro storico che ha portato all’espulsione degli studenti) oltre all’ambiente (su cui in questa campagna Lepore le è solo andato dietro) e alla rigenerazione urbana. Una funzione diversa per il Comune di promotore, non solo finanziatore, per cultura e iniziative del mondo delle associazioni.
Per un Pd che ha sposato un certo «populismo» istituzionale (solo demagogico), come il bilancio «partecipato», a parole, o la creazione di enti che ricevono fondi comunali senza bandi di gara, senza passare per la consultazione degli organismi eletti, sarebbe stata una ventata di novità, rimettendo in discussione quel partenariato pubblico-privato che ha significato solo l’esternalizzazione dei servizi risparmiando sui costi (affidandoli a imprese o cooperative che tagliano su salari e tutele).
Isabella ha aperto un varco che a sinistra poteva essere colto, per mettere in crisi quel modo di fare politica. La sinistra ha preferito la logica di schieramento, affidandosi alla macchina oliata di un sistema che, in mancanza di concorrenza, ha mostrato i suoi limiti. Eppure, poteva mettere di fronte la nostra sindaca corsara a una scelta più netta, più che lasciarla ammiccare di qua e di là, lasciandola in balìa dei Galletti e dei Casini.