«Sono anime diverse della sinistra italiana che va dai marxisti movimentisti ai riformisti espressione dei ceti medi e delle libere professioni. Così avviene in Inghilterra col Labour Party e in Germania con l’Spd; quando lo capiranno i capi corrente dediti a scagliare anatemi agli avversari interni? Per capacità e conoscenza della macchina organizzativa del Comune, per le Primarie scelgo Lepore, con l’opzione che qualora prevalga Conti Matteo si metta al servizio di Isabella, e viceversa»
di Giambattista Borgonzoni, architetto
È giusta una premessa. Sia Matteo Lepore sia Isabella Conti hanno dato ottime prove nei ruoli di assessore del Comune di Bologna e di sindaca di San Lazzaro. Quindi riproporre per la Conti il tema di un’eventuale discriminazione di genere sarebbe pretestuoso: ha chiari titoli e carattere per la contesa. Semmai la querelle è giusta in tanti altri casi; basta pensare alle donne Pd relegate in compiti secondari.
Conti e Lepore, simili per età e studi, sono personalità diverse operanti nell’alveo della sinistra italiana, che va dai marxisti movimentisti ai riformisti espressione dei ceti medi e delle libere professioni. Così avviene in vari paesi europei; in Inghilterra col Labour Party e in Germania con l’Spd; quando lo capiranno i nostri capi corrente dediti a scagliare anatemi agli avversari interni?
In Italia solo con la presenza nel Pd (o in una solida coalizione) di entrambe le anime sarà possibile battere una destra “mutagena”, caratterizzata da tratti illiberali sui diritti civili. Questa formazione entrata con la sinistra nel Governo Draghi partecipa degli esiti straordinari del precedente Governo Conte; nel 2020 gli esponenti Pd in ruoli chiave in Europa e con la capacità di Gualtieri hanno ottenuto 220 miliardi di Recovery Fund, fra prestiti e fondi perduti. Se nella Lega, Forza Italia e cespugli vari si consoliderà la volontà di dialogo con Pd e 5 Stelle sarà un bene per l’Italia, che potrà meglio affrontare problemi irrisolti da decenni e aggravati dalla pandemia. Lo verificheremo a medio termine con le riforme strutturali che ci chiede l’Europa per modernizzare a livello green il paese, renderlo equo nella distribuzione delle risorse, nella tutela del territorio, nel diritto alla salute e nelle opportunità per le nuove generazioni.
Il segretario Pd Enrico Letta per caratura intellettuale è l’uomo giusto, come lo sono i temi identitari lanciati, dallo Ius Culturae al prelievo a favore dei giovani, alla una tantum sulle eredità dei super ricchi.
È necessaria una chiara identità di sinistra che riallacci il dialogo con le periferie abbandonate, con le mille forme di precariato e sappia affrontare la rivoluzione tecnologica che purtroppo, con l’automazione, espellerà dal lavoro più addetti di quanti potrà assorbirne. Dagli anni ‘80 a oggi il mondo è dominato da politiche turbo liberiste del massimo profitto, perseguite da Thatcher, Reagan, Trump; ciò ha causato un aumento esponenziale delle diseguaglianze e un danno crescente per l’ambiente. Il mondo progressista ha saputo opporre proposte placebo per temperare le distorsioni del capitalismo, formulate da Blair alla fine anni ‘90 e similari; tanti anche dell’impoverita classe media hanno trovato rifugio in Europa nel sovranismo e negli Stati Uniti nel miliardario onirico, che nel 2021 ha istigato l’assalto sanguinoso a Capitol Hill. Nemmeno Dario Fo avrebbe potuto rappresentare meglio il distacco di parte dei ceti popolari dall’idea progressista, ma qualcosa si muove; il nuovo vento che spira dagli Usa all’Europa conforta.
Alla luce di ciò torniamo alla cara Bologna ben governata dal secondo dopoguerra nella sua complessiva vettorialità, con fasi di altissima qualità dagli anni ‘50 ai ‘70, come riconobbe la stampa internazionale. Mi riferisco alla politica urbanistica, ai Quartieri, al dialogo con il Cardinale Lercaro per le nuove chiese in periferia, all’edilizia scolastica, a molte iniziative culturali anche internazionali in collaborazione con le menti dell’Ateneo come Luciano Bergonzini, Giorgio Ardigò, Renato Zangheri, poi sindaco. Ricordo ancora che nel 1968 il Comune di Bologna, con il direttore Gam Francesco Arcangeli, organizzò la mostra antologica di mio padre Aldo ai Musei Nazionali di Praga e Bratislava, negli stessi mesi della Primavera del Socialismo di Alexander Dubček.
Se oggi dovessi scegliere il candidato Pd sulla base dei programmi sarei imbarazzato; in Lepore e Conti c’è la stoffa del riformismo bolognese che ha radici nelle amministrazioni progressiste del dopoguerra, ma anche nel socialismo antico di Andrea Costa, che nel 1914 portò alla elezione di Francesco Zanardi, il “sindaco del pane”.
Per non sottrarmi nel giudizio, per capacità e conoscenza della macchina organizzativa del Comune, per le Primarie scelgo il candidato Lepore, con l’opzione che qualora prevalga Conti Matteo si metta al servizio di Isabella, e viceversa, con lealtà. Ciò per conservare ai progressisti, nelle elezioni del prossimo ottobre, l’amministrazione della nostra cara e rossa Bologna.
Sottoscrivo in pieno. Fatte le primarie fine dei personalismi: si fa politica per i cittadini