Benvenuti a Maurilia anzi a Bologna, se Calvino non si arrabbia/Prima parte

L’ultimo editoriale di Giampiero Moscato ci invita tutti alla mobilitazione per Lepore, agitando lo spauracchio del ’99. Ma Bologna – e l’Italia – non sono più quelle di allora, e gli interrogativi sul tavolo sono ancora molti

di Gabriele Via, poeta


Caro direttore, c’è un libro che, grazie al cielo, mi perseguita da molto tempo. Si tratta de “Le città invisibili” del genio inarrivabile di Italo Calvino. Un testo che ha giusto cinquant’anni. Una delle città che più mi ha colpito è Maurilia. Alla fine delle molte letture che ne ho fatto in pubblico, muto il nome Maurilia con la città in cui mi trovo. L’effetto è sempre molto interessante. Così inizia Maurilia, o forse proprio Bologna:

“A Maurilia, il viaggiatore è invitato a visitare la città e nello stesso tempo a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima (…)” 

Così, nel bell’articolo che ricorda la caduta del muro del ’99, tra una perfetta cartolina e l’altra, ci richiami a una precisa responsabilità: consegnare da subito la poltrona da Sindaco a Matteo Lepore con una investitura plebiscitaria inequivocabile, e, permettendomi una parafrasi che mi contesterai subito, “senza tante storie”. Eh già, come ormai è consuetudine: prima si va all’incasso, ché la casa brucia. E poi… Magari poi scopriremo che tutto sommato poteva anche bruciare, perché qui e perché là. Certo noi tutti, specie chi scrive, diremo col poeta: “…Come potevamo noi sapere?”. Certo.

Così l’onesta e abile memoria pesca lontano nel calendario, ma il timore vero guarda le pagine dei giorni a venire, con autentico terrore.

Richiami così la memoria del primo mandato Bonaccini; ricordi la sciagurata gita al mare del ‘99 scongiurandone una replica; spieghi quindi l’attuale strategia nazionale del centrodestra verso la partita Bolognese. Del resto per il centrodestra a Bologna si tratterà solo di economia e buon senso: il 3 e il 4 ottobre si voterà in venti Comuni italiani di enorme importanza, tutti capoluoghi di provincia. Tra questi Bologna, Torino, Trieste, Milano, Roma, Napoli che sono anche capoluoghi di Regione. Non sarà certo Bologna il fronte decisivo per Salvini, Meloni, Berlusconi. Ma quello che non ci ricordi, e che secondo me è essenziale per capire Maurilia – mi correggo, Bologna – lo scrisse proprio Calvino, io ora cambio solo il nome di Maurilia in Bologna per restituire l’emozione:

“(…) Alle volte anche i nomi degli abitanti restano uguali, e l’accento delle voci, e perfino i lineamenti delle facce; ma gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei. È vano chiedersi se essi sono migliori o peggiori degli antichi, dato che non esiste tra loro alcun rapporto, così come le vecchie cartoline non rappresentano Bologna com’era, ma un’altra città che per caso si chiamava Bologna come questa”

Per il centrosinistra sarà invece l’esame di tutti gli esami, non c’è dubbio. Ma Bologna, ce lo ha appena ricordato Calvino, non è più quella dell’Ulivo. Ci sono poi diversi casi umani e singolarità di peso che saranno giudicati il prossimo ottobre in un cortocircuito fra Città e Nazione e non possiamo dimenticarli. Anzi. 

Personale “veramente alla lettera” sarà l’elezione per Letta, ma appare già come un proforma poiché Letta – tutti sanno – vincente ci è nato. Personale sarà poi la partita per Beppe Grillo, il quale vedrà forse per l’ultima volta il suo nome su simboli, schede e bandiere (tutta personale del resto, e tragica e penosa, è stata la sua recente caduta davanti alle telecamere). Personale per il miracolato anonimo Conte Giuseppe, che prega ogni mattina e ogni sera San Michele Arcangelo che gli sia evitato il destino di Monti alle elezioni dopo avere guidato il governo. E ogni sera e ogni mattina tutti noi possiamo sentire ben chiaramente le sacrosante bestemmie del povero San Michele Arcangelo che citando Totò gli replica: “Ma chi ti credi di essere, un Dio?”  

Finiti i casi umani si aprono poi le pagine storiche e politiche locali, così uniche e difficilmente spiegabili solo facendo i nomi dei cosiddetti partiti e dei particolari schieramenti. Se il lettore non fosse un provinciale come me apprezzerebbe come sufficiente ed esemplare il caso di Città di Castello, estrema propaggine nord della provincia di Perugia, per capire come ancora l’Italia sia per certi versi la stessa ritratta nel Decameron; così che dire centrodestra e centrosinistra, come si diceva allora guelfi e ghibellini non esaurisce per niente il chiarimento della situazione politica locale, anzi, molto spesso lo complica.

E ancora dovremo osservare i grandi casi: Roma, Milano, Napoli, Trieste, Torino. Solo facendo questi nomi, se non abbiamo dormito negli ultimi anni, capiremo subito che in gioco c’è davvero tutto il complesso patrimonio identitario italiano, tumultuoso e irrequieto come sempre, e davanti al quale la dialettica città-nazione ha sempre mostrato fragilità che — oggi che la stagione degli Stati nazionali è definitivamente tramontata — potrebbero rivelare sorprese davvero inedite. Dodici sono le città che superano i centomila abitanti che si daranno un nuovo sindaco nell’anniversario francescano.

Photo credits: Luca Sartoni (CC BY-SA 2.0)


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