Una grande eredità politica è venuta anche da un’area culturale che non ha mai governato Bologna ma che le ha fornito nel dopoguerra le massime ricadute: eccelsi architetti, attenzione ai poveri, istituti scientifici e culturali, musei, riviste di riferimento nazionale. E nuova politica: la spina dorsale della stagione dell’Ulivo. Quando il centro politico bolognese e la sinistra si sono congiunti attorno alle ragioni comuni hanno raccolto plauso e consenso anche al di là dei propri confini
di Davide Giusti, ricercatore e tecnologo all’Enea
Bologna avrebbe bisogno di fontane. Nelle piazze, nelle piazzette: in centro e nelle periferie, nei giardini sarebbe bello che ci fossero di nuovo le fontane. Quelle di un tempo, che consentivano ai passanti refrigerio… e qualche panchina, per potersi godere il fresco, riposarsi.
Le panchine potrebbero avere portaoggetti, per posare un libro, una bottiglia d’acqua; esser disposte dove possibile a coppie, ad angolo, per consentire la conversazione, la lettura o lo studio. Progettate con gusto e semplicità e, in caso di manifestazioni culturali, tali da poter essere rimosse.
Anni fa, insieme all’entomologo Giorgio Celli – che amava la lettura – chiedemmo all’allora assessore all’Ambiente che ne pensava, ed egli ne pensava bene, e ottenemmo anche la disponibilità del più importante designer bolognese a progettarle come dono alla Città. Ma poco dopo la Città fu commissariata.
A Vienna, a Venezia, gli arredi urbani di architetti importanti sono essi stessi meta di interesse, e contribuiscono al carattere identitario delle città. Se poi volesse di più, Bologna potrebbe immaginare un grande piano-progetto, come quelli di Oriol Bohigas per Barcellona e per Salerno: in cui, oltre a specificare volumi e metrature, si definissero funzioni procedendo fino a scegliere per nome gli architetti a cui affidare le opere. Perché la committenza in architettura è fondamentale: tutte le grandi opere hanno avuto committenti intelligenti che le hanno affidate a chi aveva mostrato le capacità.
Bologna potrebbe cercare una sintesi che vada oltre la ville radieuse o la città-giardino, immaginate dai giganti del ‘900: per compendiarle ed essere anche energeticamente efficiente, con molti alberi, e pensata per la vita della fauna presente in città, e di quella che vi si possa integrare. L’architettura, l’ambiente urbano sono il modo in cui una città si consegna alla storia.
Bologna è anche la sua cultura. Nella seconda metà del ‘900 ha generato e accolto – per sempre o temporaneamente – personaggi di spicco mondiale. Umberto Eco; Chet Baker; Claudio Abbado; Wolfango. E altri che sarebbe lunghissimo enumerare. Immigranti (sebbene non tutti). Dove è finito, in che condizioni è il nastro trasportatore che li ha condotti qui? Una riflessione si impone.
«Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica». Occorre che la prossima amministrazione effettui una ricognizione delle condizioni per una creatività permanente e che disponga un Progetto. Perché rispetto a questi grandissimi personaggi, qualcosa – è innegabile – si è perso.
La musica, per esempio: perché non pensare di lanciare da Bologna un grande piano di alfabetizzazione musicale, rivolto ai ragazzi di ogni età. Oppure mettere a sistema i teatri minori e quelli di provincia (idea di Abbado). Una nuova stagione della musica, incominciando dai gruppi per arrivare alle grandi orchestre.
La scienza a Bologna ha vissuto stagioni importanti: l’Università, tutti i grandi centri di ricerca nazionali si sono innestati in città. Occorre però rinverdire questi fasti, con progetti di lungo respiro, guardando a ciò che veramente al mondo si muove, in primo luogo le nuove frontiere dell’editing genico, e senza rimanere vincolati a effimere mode intellettuali. Sul Processo di Bologna, che è più volgarmente noto come 3+2, molti colleghi in privato segnalano che ha portato alla distruzione delle propedeuticità, fondamentali nell’istruzione superiore.
Una riflessione: a Bologna, città di sinistra quanto nessun’altra, una grande eredità politica è venuta anche da un’area culturale che non l’ha mai governata, ma che secondo un’opinione espressa in privato dal compianto Guido Fanti ha fornito nel dopoguerra le massime ricadute alla città.
Quest’area, variegata anche al suo interno, ha portato a Bologna eccelsi architetti (e quindi architettura nuova) attenzione ai poveri (e quindi socialità nuova), importanti istituti scientifici e culturali; musei, riviste di riferimento a livello nazionale. E anche nuova politica, che ha costituito la spina dorsale della stagione dell’Ulivo. Il centro politico bolognese (quello che ha guardato a sinistra, ma anche quello che è rimasto centro) ha illuminato la città col riflesso della sua luce: che non va dimenticata, che non va spenta.
Non si tratta di entrare nella diatriba fra chi ha a cuore le ragioni storiche della sinistra e quelle del centro, ma di ricordare che quando i due si sono congiunti, riconoscendo che quelle comuni erano poi le motivazioni di tutti, hanno raccolto plauso e consenso anche al di là dei propri confini.
Tutte queste cose, insieme ad altre ancora, hanno costituito la cultura e l’identità di Bologna negli ultimi decenni. Una identità che tutti vogliamo sviluppare e che certamente la nuova amministrazione sarà chiamata a promuovere.
Photo credits: Franco Consoli
Mi piace molto, questo articolo, come, anche, la foto che lo presenta.
È suggestivo e propositivo, senza limitazioni ideologiche e senza supponenza.
Apre spiragli e invita a guardare il vivere comune in un’atmosfera di amichevoli colloqui, di nutrimenti poetici, di proiezioni in spazi armoniosi. Moduli ideali,vitruviani in cui il cittadino reale si muove, si relaziona con gli altri, produce scambi artistici ed economici, si riflette nei moti astrali e progetta macchine leonardesche.
L’articolo parla di uomini che hanno impresso alla nostra città una fisionomia -architetti e urbanisti – un carattere sociale – imprenditori, commercianti e artigiani- un livello culturale – ricercatori, scrittori, uomini di teatro, cultori di cinema- un ‘atmosfera musicale che avvolge le relazioni umane. Un’ impronta unica in cui ci riconosciamo e che dobbiamo custodire e perpetuare, pur con tutti gli adeguamenti che la storia richiede.
Nel presente siamo uomini politici che raccolgono un patrimonio di esperienze da valorizzare e da inserire nel momento storico adeguandolo senza stravolgerlo.
I campi e le risorse sono sempre le stesse, il fine è un uomo che si muova libero nello spazio condiviso.
Oggi il centro e’ Battistini